Relazione territoriale della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati sulla Regione Siciliana
Signor Presidente,
tratterò in un unico intervento ambedue le relazioni della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti: la relazione territoriale sulla Regione Veneto e la relazione territoriale sulla Regione Siciliana.
Per quanto riguarda il Veneto, viene fuori una fotografia interessante, perché sicuramente si tratta di una Regione che da decenni ha saputo curare con grande attenzione il settore, disegnando quindi una sorta di eccellenza dal punto di vista territoriale, con un sistema di raccolta secco-umido che interessa il 99 per cento dei Comuni. Ma quello che viene fuori - ed è molto interessante - è che la potenzialità complessiva degli impianti esistenti in Veneto è quasi doppia rispetto al fabbisogno regionale del trattamento dell'organico. Pertanto in questa Regione è venuta su una sorta di filiera industriale al servizio anche di altri territori del Paese. Questo è un dato molto interessante, perché di fatto in alcuni casi, che sono peraltro ben identificati e registrati, questa situazione determina o crea delle criticità.
In effetti delle criticità ci sono, iniziando dalla Città metropolitana e dalla Provincia di Venezia, dove vengono identificati ben 240 siti contaminati e dove ci sono ben 439 siti da bonificare. Questa criticità viene fuori in Provincia di Verona, dove la situazione peggiore è in una zona, peraltro bellissima, della Valpolicella, nel Comune di Pescantina e nel sito cosiddetto di Ca' Filissine, dove si è venuta a creare una situazione drammatica dovuta alla continua perdita di una vecchia discarica, con inquinamento delle falde ed inquinamento dei suoli, in una situazione di grave abbandono da parte della società che gestiva tale impianto e che ha riversato la criticità sulle comunità. Questa criticità è registrata anche in provincia di Vicenza, in provincia di Treviso e in provincia di Rovigo, dove la centrale termoelettrica di Porto Tolle, che - come noi sappiamo - è una centrale di proprietà dell'ENEL ed è peraltro una delle più grandi d'Europa, ha continuato per anni a funzionare mediante l'utilizzo di olio combustibile denso.
Un'altra problematica che riguarda il Veneto è quella relativa alla questione dei fanghi di depurazione, che sono provenienti anche dal trattamento delle acque reflue urbane e che pare siano prodotti largamente in eccesso rispetto all'effettiva esigenza del mercato e pertanto vengono spesso distribuiti in maniera illecita.
Ora, in questa panoramica che ho voluto sintetizzare, seppur in una Regione che ha e vanta dei numeri e dei dati sicuramente significativi, sono venute fuori delle gravi irregolarità. Comunque, quello che bisogna sottolineare è che si tratta di irregolarità e talvolta di illeciti che comunque non vedono mai la presenza della criminalità organizzata.
Situazione assolutamente diversa, invece, nell'altra relazione territoriale, quella sulla Regione Siciliana. In quel caso dobbiamo registrare un ottimo lavoro compiuto dalla Commissione, una notevole quantità di dati acquisiti e una serie di approfondimenti assolutamente interessanti, da cui emerge che in Sicilia, nell'arco dei decenni, si è determinato un quadro normativo confuso e contraddittorio, che ha creato una serie di stratificazioni molto spesso confliggenti tra loro e che, di fatto, non hanno mai chiuso alcuni capitoli, ma hanno fatto sopravvivere complesse situazioni legislative e gestionali. Vi è la sovrapposizione di ATO, di ARO, di SRR, che crea una grande confusione, disastrosa per la gestione dei servizi, disastrosa dal punto di vista dell'equilibrio finanziario dei Comuni e, alla fine, disastrosa per i cittadini. Assunzioni, clientele, nuovo precariato, mancanza di strategie, situazioni addirittura paradossali, in cui gli amministratori delle società di ambito, le cosiddette ATO, caratterizzate dal massimo delle clientele e della cattiva politica, sono stati, poi, nominati liquidatori delle stesse società, in conflitto giuridico con il ruolo precedente e, addirittura, le medesime persone sono state identificate come presidenti delle SRR.
Il tutto disegna, a mio avviso, una situazione di gravi scorrettezze, talvolta di illegalità, caratterizzata da insolvenza economica e da gravi diseconomie. Si aggiunga a ciò una burocrazia lenta, una guida politica della Regione Siciliana poco autorevole, soprattutto in questi ultimi quattro anni, ritardi nell'esame delle richieste dei nuovi impianti o degli ampliamenti degli impianti già esistenti, ritardi che, peraltro, si registrano a discapito sia delle società pubbliche che di quelle private.
In parole povere, la Regione Siciliana, di fatto, nell'arco degli anni ha cambiato più volte indirizzo: si è passati da un indirizzo politico del 2002 nel quale si tendeva principalmente alla valorizzazione energetica dei rifiuti. Successivamente, cambiando il governo, il Presidente della Regione e la maggioranza, si è passati a un altro indirizzo, ossia alla valorizzazione delle frazioni umide, individuando la frazione secca, da indirizzare verso il riciclo, e quella umida, che doveva essere lavorata, trasformata e utilizzata. A tal fine si è prodotto un piano regionale dei rifiuti, che trovava attuazione in una posta di bilancio considerevole, circa 100 milioni di euro, che dovevano essere impiegati per la costruzione di tali impianti. Negli ultimi anni vi è stato un nuovo cambio di maggioranza, di Presidente della Regione e di indirizzo di gestione; si è arrivati a definanziare gli impianti che erano già stati individuati e che servivano per il trattamento. Il governo regionale ha chiesto nuove fasi di emergenza, utilizzando le quali si è andati in deroga alla legge sugli appalti; si è proceduto all'ampliamento delle discariche esistenti, sia pure pubbliche, e alla gestione di gare in assoluta deroga, tra l'altro identificando commissioni di gara su nomina fiduciaria di natura esclusivamente politica, con componenti che oggi appaiono assolutamente imbarazzanti.
Questo è il quadro in sintesi. Tutto questo ha creato e crea un'enorme confusione e, dove c'è enorme confusione, dove la burocrazia non funziona, dove c'è una classe politica incapace a gestire, si annida spesso il malaffare, documentato in numerosissime inchieste e anche dai dati della Commissione d'inchiesta. Dietro il malaffare spesso si annidano non solo la cattiva politica e la cattiva burocrazia, ma in alcuni casi anche la criminalità organizzata.
Questo è lo spaccato di quanto è avvenuto in Sicilia e di quanto continua ad avvenire, in un fallimento totale che è stato suggellato negli ultimi quattro anni di governo dell'attuale presidente Crocetta, e soprattutto degli assessori, cui era deputata tale attività di controllo e gestione.
Per arrivare alle conclusioni del mio intervento, mi rivolgo con un appello al Governo che vedo qui agitarsi in Aula: a mio avviso è arrivato il momento di una grande assunzione di responsabilità. A dire la verità, l'abbiamo già registrata negli ultimi mesi con un cambio di passo e con un'attenzione elevata alla problematica e alla criticità siciliana, il che si deve alla guida politica del ministro Galletti e all'azione mirabile degli uffici (in particolare del direttore generale Grillo), ma è ora necessario operare l'ulteriore passaggio verso un'assunzione di responsabilità diretta da parte dello Stato e a un commissariamento definitivo nei confronti della Regione Siciliana, con l'assunzione da parte dello Stato di tutti i poteri sostitutivi che la legge prevede e consente. Infatti, un governo regionale, con una classe politica e una classe dirigente che hanno dimostrato la totale assoluta incapacità e inadeguatezza, non può continuare a gestire il disastro.
L'invito che allora rivolgo al Governo è di avere coraggio, perché questo chiedono oggi i siciliani nella stragrande maggioranza. Bisogna quindi procedere a un commissariamento esterno, che si avvalga degli uffici del governo territorialmente competenti, in particolare delle prefetture, che individui quelle strategie che consentano di gestire questa fase di grande difficoltà e consentano alla Sicilia di uscire progressivamente da questa fase emergenziale, cercando di mantenere dritta la rotta verso un obiettivo che deve essere identificato e che allo stato non intravediamo, proprio per le politiche contraddittorie che hanno caratterizzato la gestione dell'intero settore dal 2002 a oggi.
Questo è in sintesi il giudizio politico che diamo. Siamo grati, ancora una volta, alla Commissione per avere acquisito una quantità enorme di dati che oggi ci consentono di arrivare a queste conclusioni. Certamente, nell'ambito dei lavori in Commissione si poteva scendere più nel particolare, si potevano fare alcuni approfondimenti e qualche focus in più: ad esempio sulle gestioni criminali o sulle gestioni dissennate delle ATO (le autorità d'ambito), come sulla questione dei subappalti, o sulla questione incresciosa di società pubbliche o in house che, a loro volta, si servono di fornitori non iscritti nelle white list. Sono tutte realtà che si sarebbe potuto approfondire, ma il dato che a noi oggi interessa è registrare la relazione nel suo valore complessivo e partire da questi dati per trarre le debite conseguenze.
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