giovedì 30 marzo 2017

DIMINUISCONO GLI ABORTI MA E' RECORD DI VENDITE DELLA PILLOLA DEL GIORNO DOPO

Atto n. 4-07284

Pubblicato il 29 marzo 2017, nella seduta n. 795

MARINELLO- Al Ministro della salute. -







Premesso che i dati raccolti recentemente da Federfarma sull'utilizzo della pillola dei 5 giorni dopo destano scalpore per le dimensioni assunte dal fenomeno. Le vendite nel 2016 sono cresciute del 96 per cento in 10 mesi. Rispetto al 2014 sono aumentate di 15 volte. Dopo che l'Italia ha tolto l'obbligo di ricetta, si acquista una compressa ogni 2 minuti;considerato che:
il record di vendite è stato raggiunto dopo la tormentata liberalizzazione del farmaco. Dal 9 maggio 2015 chi vuole avere la pillola non deve più presentare nessuna prescrizione, tantomeno un test medico che accerti uno stato di non gravidanza, come avveniva fino ad allora. L'obbligo resta solo per le minorenni;
la liberalizzazione è avvenuta a seguito della decisione dell'Agenzia del farmaco (Aifa) assunta per allineare l'Italia al resto d'Europa. Già nel gennaio 2015, infatti, la Commissione europea aveva dato indicazione di distribuire in farmacia, senza prescrizione medica, il farmaco perché ritenuto sicuro e più efficace, se usata durante le 24 ore successive al rapporto sessuale a rischio. L'Aifa, di conseguenza, ha liberalizzato il farmaco in rottura con il Consiglio superiore di sanità;
l'impennata di vendite è il segnale di un'Italia in cui la prevenzione della gravidanza indesiderata incespica, soprattutto tra le ventenni, e nella quale non c'è una cultura consapevole della procreazione. Ci si affida a metodi risolutivi d'emergenza e non a una vera programmazione o meno delle gravidanze. La battaglia di un'informazione corretta è lontana dall'essere vinta;
i dati emersi si prestano a numerose riflessioni. Una relazione del dicembre 2016 dello stesso Ministero della salute mette in relazione la riduzione del numero degli aborti con l'aumento delle vendite di questo farmaco (meno 9,3 per cento rispetto al 2014).
 E nella divulgazione del farmaco si dice spesso che non è una pillola abortiva, ma un contraccettivo d'emergenza, da prendere entro 120 ore dal rapporto a rischio;
c'è il pericolo, però, di giocare non solo con le parole, ma anche con la salute delle ragazze e di dire una bugia scientifica. Il meccanismo chimico della pillola dei 5 giorni dopo è quello di rendere inospitale l'endometrio per l'annidamento dell'embrione di circa una settimana, 10 giorni. Il meccanismo è semplice: il piccolo embrione cerca un annidamento endometriale per l'impianto per 9 mesi, ma viene bloccato perché questo farmaco è un anti-progestinico, blocca i recettori del progesterone, l'ormone che serve all'embrione per annidarsi. Lo attesta il meccanismo e anche la formula chimica, che è praticamente identica a quella della pillola abortiva Ru486. In poche parole, si tratta di un farmaco abortivo;
questi dati sono tutt'altro che trionfalistici, attestano al contrario il completo fallimento della cultura della contraccezione; chiamare il farmaco come contraccettivo "d'emergenza" sul bugiardino, usarlo come tale e venderlo come un normale farmaco da banco è indice di una schizofrenia culturale: la tachipirina 1000, paradossalmente, necessita di prescrizione medica, un medicinale come la "elleOne", il nome commerciale della pillola, no;
peccato che gli effetti collaterali ci siano e siano gli stessi riscontrati, dopo l'assunzione pillola del giorno dopo, dalle coliche addominali alla nausea. Ma ciò di cui non si parla per nulla sono gli effetti a lunga distanza sulla fertilità delle donne. Nessuno sta conducendo a questo proposito studi seri, chiunque faccia il medico e segue la storia di una paziente può notare oggi gli effetti collaterali da abuso di questi farmaci sull'apparato gastroenterico, ma nel tempo emergeranno anche quelli sul ciclo ovarico e ormonale delle donne che li assumono. Molte donne assumono questi preparati anche quando non ce ne è bisogno per "sicurezza", questo non fa che rovinare l'apparato riproduttivo. Anche per questo motivo, a parere dell'interrogante, non risulta corretto mettere in relazione la riduzione del numero degli aborti con l'aumento delle vendite di questo farmaco: gli aborti calano, sì, ma per perché la popolazione sta diventando meno fertile. E le donne che arrivano all'interruzione volontaria di gravidanza arrivano sempre più spesso da una storia contraccettiva che non ha funzionato;
inoltre, nessuno può verificare gli abusi, non esiste nemmeno una tracciabilità delle prescrizioni mediche. Qualunque medico ginecologo, guardia medica, dermatologo può prescrivere il farmaco, qualunque maggiorenne può procurarlo a una ragazza che abbia meno di 18 anni;
considerato che, a parere dell'interrogante, la velata ipocrisia che compare nell'analisi dei dati che circolano in questi giorni sui quotidiani serve unicamente a mascherare un fenomeno estremamente preoccupante. Bisogna dare alle cose il loro nome: l'uso senza prescrizione e senza freni della pillola dei 5 giorni dopo comporta una strisciante e mai annunciata autorizzazione all'aborto continuo e ripetitivo, senza tenere per nulla in considerazione la salute della donna, che dovrebbe essere centrale in qualsiasi approccio medico. La parola d'ordine è prevenzione e comunicazione: bisogna parlare del tema e diffondere la cultura del dialogo e non della vergogna. È necessario informare le donne del fatto che non assumono con questo medicinale un integratore vitaminico, ma un medicinale a tutti gli effetti, che potrebbe causare serie disfunzioni per l'organismo e comportare effetti negativi nel medio e lungo periodo. Soprattutto nei confronti delle nuove generazioni c'è bisogno di instaurare un dialogo aperto col quale si rendano i giovani consapevoli dell'eccezionalità dell'uso di questa tipologia di farmaco, che non può e deve sostituire l'utilizzo dei normali contraccettivi,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno attivare un'istruttoria conoscitiva sul fenomeno ed adottare tutti i provvedimenti necessari per limitare l'abuso del farmaco;
se non sia il caso di subordinare l'adozione del farmaco, dopo un certo numero di utilizzi all'anno, al possesso della prescrizione medica;
se non sia opportuno avviare campagne d'informazione sul tema, per far comprendere come il meccanismo generato dal farmaco e la sua formula chimica siano praticamente identici a quella della pillola abortiva Ru486, ossia caratteristiche di un farmaco abortivo, piuttosto che di un contraccettivo d'emergenza, con pesanti effetti collaterali e ricadute negative sulla salute delle donne. 

mercoledì 29 marzo 2017

OSPEDALE SPOKE: UN GRANDE RISULTATO

E’ un grande risultato per la collettività che arriva grazie all’impegno ed al lavoro sia a livello locale che nazionale.
Sono anni che il centrodestra e in particolare il nostro Partito si batte a favore dell’Ospedale di Sciacca e a sostegno di una sanità migliore per tutti i cittadini. Il risultato di oggi, con l’ospedale di Sciacca che rientra nella categoria DEA è il frutto di un lavoro serio fatto di azioni concrete e continuative non di semplici belle intenzioni e comunicati stampa. Un lavoro che va avanti da almeno quattro anni. E’ quanto scrive il senatore di AP Giuseppe Marinello.
Voglio ricordare alcuni passaggi:
Già quattro anni fa avevo denunciato un vero e proprio “catalogo” di criticità all’attenzione del ministro della salute Beatrice Lorenzin, elencando i problemi del nostro ospedale. Dalla questione dell’emodinamica, a quella dell’area di emergenza. Un’unità operativa definita da me “in perenne situazione di oggettiva difficoltà per la carenza di personale medico ed infermieristico.
Nel 2014 avevo chiesto ancora al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin l’invio di ispettori all’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca e evidenziando la tragica situazione in cui versava l’ospedale avevo scritto all’allora assessore alla Salute Lucia Borsellino che, su questo tema non esitai a definire “latitante”.
Voglio ricordare anche la battaglia per bloccare la prima proposta sul riordino della rete ospedaliera che penalizzava il nostro ospedale e quello di Ribera (settembre 2016) “Come spesso accade sulla questione riguardante il riordino della Rete
ospedaliera in Sicilia con le conseguenti refluenze anche nella provincia
di Agrigento, il Presidente della Regione, Rosario Crocetta mistifica la
realtà
Voglio ricordare i tanti incontri con i sindaci del territorio alla Direzione generale del Ministero della salute e quelli a Sciacca con l’attuale assessore regionale Baldo Gucciardi e sempre a Sciacca, su mia iniziativa con il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin alla quale abbiamo esposto la situazione con dovizia di particolari.
Questi i fatti che hanno permesso di raggiungere  il risultato tanto atteso e auspicato.
L’obbiettivo di salvare il “Giovanni Paolo II” è stato raggiunto. Ora lavoreremo tutti insieme per superare le criticità quotidiane espresse dal nostro nosocomio e lamentate per anni da degenti e personale medico e paramedico

giovedì 23 marzo 2017

ONG: LA NUOVA TENDENZA DEI TRAFFICANTI DI UOMINI

Ai Ministri dell'interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale. -
Premesso che:
il numero dei migranti disposto a rischiare la vita per attraversare il Mediterraneo cresce di anno in anno, ma cala il numero di chiamate di soccorso arrivate alle forze dell'ordine italiane dai telefoni satellitari a bordo delle carrette del mare;
eppure, sin dalle operazioni di "Mare nostrum", i trafficanti avevano capito che il mezzo più semplice per recapitare a destinazione il proprio carico di uomini era metterli in mare su una barca scadente e poi chiedere aiuto alle autorità navali italiane.
 Il rapporto 2017 dell'agenzia europea Frontex fornisce una spiegazione della nuova tendenza: sempre più spesso i trafficanti fanno soccorrere i gommoni dalle navi delle organizzazioni umanitarie che si sono aggiunte a quelle militari nella missione di salvare i migranti. Le operazioni in mare in cui sono coinvolte le navi umanitarie sono cresciute dal 5 al 40 per cento. E nei mesi tra luglio e novembre 2016 gli interventi delle organizzazioni sono stati più numerosi delle chiamate di soccorso dei telefoni satellitari al centro di coordinamento del soccorso marittimo. La chiosa di Frontex su questi dati è durissima: «Così, anche non intenzionalmente, si aiutano i criminali a raggiungere i loro obiettivi a costi minimi, rafforzando il loro modello di business»;
secondo indiscrezioni rivelate dal "Financial Times" nel mese di dicembre, il personale delle navi delle organizzazioni non governative istruisce i migranti a non cooperare con la polizia. Se a questo si aggiunge che le missioni navali, dopo le pesanti critiche a Mare nostrum, hanno adottato una linea più ferma nei confronti dei trafficanti, con centinaia di arresti e imbarcazioni confiscate, si capisce come mai i trafficanti preferiscano rivolgersi ai volontari;
considerato che:
l'azione dei volontari organizzati è sempre più vasta e incisiva: la flotta delle varie organizzazioni, tra cui anche "giganti" della solidarietà come Medici senza frontiere, conta 14 navi e un aereo. E, spiega il rapporto di Frontex, si muove anche all'interno delle acque territoriali libiche e interviene anche senza chiamate di soccorso;
le operazioni umanitarie di salvataggio sono aumentate enormemente nel corso degli anni: appena 1.450 persone salvate nel 2014 a fronte delle 46.796 anime recuperate nel 2016
I trafficanti insomma preferiscono le missioni alle navi militari. La mancanza di coordinamento con le autorità UE e il "vizio" delle organizzazioni non governative di spingersi anche oltre i limiti delle acque territoriali sarebbero un invito ai trafficanti a mettere in mare sempre più barconi, sempre più carichi e con meno benzina. Tanto, sarebbe il ragionamento, poco dopo la partenza i migranti vengono presi in carico dai soccorritori che li portano in Italia. Con l'unico effetto di aumentare i morti in mare;
secondo Frontex, le modalità di azione delle organizzazioni non governative e la fame di denaro dei trafficanti spinge a partire anche in condizioni di mare pericolose e con barche sempre più affollate (la media è salita da 90 a 160 passeggeri per gommone). E i morti in mare sono aumentati a 4.500 nel 2016 dai 3.175 del 2015. 
Al momento non ci sono prove di collusioni vere e proprie tra i trafficanti e le organizzazioni non governative, collusioni difficili da immaginare per le organizzazioni più grandi;
a livello europeo del resto, si è ormai deciso di adottare una linea più restrittiva per tentare di chiudere la rotta libica. Pesano anche i rischi per la sicurezza, visto che alcuni stranieri arrivati come profughi si sono resi responsabili di attentati terroristici in Europa. Anche il Parlamento europeo ha varato nuove norme contro il terrorismo che prevedono di classificare come reati una serie di "atti preparatori" di attentati, tra cui viaggi all'estero per aderire a un gruppo terroristico o ritorno nella UE, reclutamento, favoreggiamento o finanziamento di gruppi terroristici, complicità o tentativo di attacco, incitamento pubblico o l'inneggiamento al terrorismo. Reati già previsti dalle norme italiane, ma non da quelle di altri Paesi europei;
considerato, inoltre, che:
in questo contesto va analizzato il memorandum d'intesa stipulato dall'Italia con Tripoli, con l'appoggio dell'Unione europea. L'accordo prevede che la guardia costiera libica intercetti le imbarcazioni dei migranti, le blocchi e le rimandi indietro, incarcerando i migranti nelle prigioni e nei centri di detenzione libici;
l'accordo prevede finanziamenti da parte dell'Italia che non sono stati quantificati, in cambio di un impegno da parte della Libia che è altrettanto vago;
il memorandum necessiterebbe di un passaggio parlamentare, altrimenti non rispetterebbe l'articolo 80 della Costituzione italiana, che prescrive la ratifica da parte del Parlamento dei trattati internazionali che sono di natura politica e che implicano oneri finanziari da parte dello Stato,
si chiede di sapere:
se non ritengano opportuno valutare l'opportunità di adottare tutte le intese e gli accordi internazionali necessari con i Paesi del Mediterraneo, al fine di evitare eventuali comportamenti non appropriati da parte delle organizzazioni non governative;
se non ritengano necessario adottare tutti gli accordi e gli strumenti normativi necessari per evitare una sovrapposizione dei compiti delle organizzazioni non governative con le missioni internazionali in cui partecipa l'Italia, quali EunavforMed o Frontex;
se non sia opportuno sottoporre le azioni delle organizzazioni non governative al coordinamento del centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo, subordinando all'approvazione del comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto tutti gli interventi e i movimenti delle imbarcazioni delle organizzazioni non governative, qualora il porto di approdo sia in territorio italiano;
se non sia il caso di evitare di sussidiare con finanziamenti pubblici le attività di soccorso delle organizzazioni non governative non autorizzate dal Corpo delle Capitanerie di porto, qualora il porto di approdo sia in territorio italiano,
se non ritengano opportuno avviare un dialogo con le organizzazioni non governative affinché le stesse possano condurre i migranti salvati nei pressi delle coste africane nel porto più vicino e sicuro, evitando in tal modo l'attraversamento del Mediterraneo;
se non ritengano opportuno, per il rispetto del dettato costituzionale, sottoporre alla valutazione del Parlamento il memorandum d'intesa stipulato dall'Italia con la Libia nel presupposto che esso implichi oneri finanziari a carico dello Stato.
Atto n. 4-07188

Pubblicato il 16 marzo 2017, nella seduta n. 787

domenica 19 marzo 2017

22 MARZO: GIORNATA MONDIALE DELL'ACQUA

A quasi mezzo secolo dalla prima conferenza nazionale sulle acque del 1971, la presidenza del Consiglio organizza per il prossimo 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua, la Conferenza nazionale ‘Acque d’Italia’. 
La Conferenza si svolgerà a Roma nell’Aula dei gruppi della Camera dei Deputati in via Campo Marzio 74 dalle 9.30 alle 17. “Il team di esperti dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) – spiega Erasmo D’Angelis coordinatore di Italiasicura a Palazzo Chigi che organizza l’evento – presenterà il più aggiornato e completo rapporto sul nuovo bilancio idrologico e idrico nazionale. Sapremo quanta risorsa abbiamo e in quali aree del Paese, quanta ne utilizziamo nei vari settori (industria, agricoltura, civile, energia), lo stato ecologico delle acque in relazione alla depurazione. 
La Conferenza ha l’obiettivo di fornire un quadro conoscitivo chiaro con il fabbisogno di infrastrutture e le azioni di tutela per far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici che colpiscono con i due estremi: siccità e alluvioni”. 
All’evento, coordinato dal geologo e divulgatore Mario Tozzi, interverranno il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, i Ministri dell’Ambiente Gian Luca Galletti, delle infrastrutture Graziano Delrio, dell’Agricoltura Maurizio Martina, per la coesione territoriale e per il mezzogiorno Claudio De Vincenti, i Presidenti delle Commissioni parlamentari Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera e del Senato, Ermete Realacci e Giuseppe Marinello, l’Autorità nazionale energia elettrica, gas e servizi idrici Guido Bortone, il presidente della Conferenza Stato Regioni Stefano Bonaccini e il presidente dell’Anci Antonio Decaro, il Presidente di Istat Giorgio Alleva e il commissario di Ispra Bernardo De Bernardinis, il climatologo Antonio Navarra presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, Armando Zambrano, Presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, reti professioni, rappresentanti di enti e soggetti (da Utilitalia ai consorzi di bonifica, autorità di bacino, enti di ambito), del mondo scientifico ed accademico. La conferenza è stata preceduta da un lungo lavoro tecnico preparatorio a Palazzo Chigi.

venerdì 10 marzo 2017

INTERROGAZIONE SU PROBLEMATICA ALLEVATORI

Premesso che l'Associazione regionale allevatori della Sicilia (Aras) è stata costituita nel 1950 su iniziativa di alcuni consorzi provinciali di allevatori e fino ad oggi ha operato per tutti gli allevatori interessati ai programmi di miglioramento zootecnico della propria azienda;
considerato che, a quanto risulta agli interroganti:
il giudice fallimentare del Tribunale civile di Palermo, su istanza di alcuni lavoratori, ha proceduto a porre in fallimento l'associazione. È l'epilogo di una vertenza aggravata dal ricorso di 6 lavoratori, che reclamavano il pagamento degli stipendi arretrati;
la decisione ha delle conseguenze gravissime, devastanti soprattutto per gli allevatori, in quanto l'Aras fornisce un servizio pubblico, su deleghe dell'Aia (Associazione italiana allevatori), l'organismo nazionale di rappresentanza degli allevatori, che non può assolutamente essere interrotto;
oltre alle pesanti conseguenze occupazionali, la chiusura dell'Aras comporterà la sospensione dei controlli sugli allevamenti, che l'associazione svolgeva per conto dell'Aia. A quest'ultimo ente sono affidati per legge i controlli funzionali per la tenuta dei registri genealogici;
era noto da tempo che l'Aras navigasse in cattive acque, sia a causa del fatto che la Regione ha progressivamente diminuito negli anni il suo contributo economico, sia per colpa di una quasi decennale gestione commissariale, che non ha fatto altro che aggravare e accelerare il collasso organizzativo, finanziario ed amministrativo dell'ente;
una delle soluzioni fattibili per dare stabilità organizzativa all'associazione degli allevatori e serenità ai lavoratori era quella dell'accorpamento "in convenzione" delle funzioni, del personale, delle sedi e delle attrezzature dell'ente con l'Istituto sperimentale zootecnico della Sicilia; soluzione sempre ventilata, ma mai attuata concretamente;
considerato, inoltre, che:
a rischio adesso è l'intero comparto zootecnico dell'isola, in quanto l'Aras svolgeva un servizio essenziale per la certificazione della carne proveniente dagli allevatori, che, in mancanza di tale certificazione, non potrà più essere venduta;
a farne maggiormente le spese sono gli allevatori della provincia di Ragusa, dove si concentra un'ampia fetta della zootecnia siciliana. Già moltissimi di loro sono stati truffati dal fallimento della Ragusa Latte, una cooperativa di 160 aziende zootecniche, che improvvisamente ha registrato in poco tempo pesantissime passività a fronte di una situazione florida sino a qualche anno fa. Adesso devono anche subire il fallimento di un ente la cui direzione non ha fatto altro che dilapidare l'intero patrimonio attraverso assunzioni e spese di gestione alquanto superficiali, tra rimborsi spese, autovetture in leasing, promozioni e aumenti di stipendi ad alcuni dipendenti al fuori dal concerto sindacale e dal contratto nazionale di lavoro;
occorre trovare subito una soluzione per non disperdere la professionalità di questi dipendenti, per i quali va negoziato un ricollocamento in altri enti e istituti regionali, come l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sicilia;
inoltre, l'Aia dovrebbe immediatamente riprendere su di sé la titolarità dei controlli, così come prevede la legge, e, nel frattempo, verificare se l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sicilia siano nelle condizioni di assorbire il personale e di esercitare questi controlli, su delega dell'Aia stessa,
si chiede di sapere:
se non sia il caso di sollecitare con tutti i mezzi necessari l'Aia, l'associazione nazionale di riferimento, al fine di presentare un atto di reclamo finalizzato alla sospensione della sentenza del Tribunale fallimentare e di avviare un'interlocuzione con il curatore fallimentare per la ripresa delle attività dei lavoratori;
se non sia il caso, in attesa dei ricorsi giudiziari, di sollecitare l'Aia a riprendere immediatamente su di sé la titolarità dei controlli, così come prevede la legge, per non bloccare completamente le attività del settore;
se non sia il caso di avviare dei tavoli di concertazione, con la Regione Siciliana e gli enti locali maggiormente coinvolti, per verificare se l'Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale per la Sicilia siano nelle condizioni di assorbire il personale dell'Aras e di esercitare i relativi controlli su delega dell'Aia stessa.

mercoledì 8 marzo 2017

INTERVENTO IN DISCUSSIONE GENERALE: MOZIONE SULLA CARTOGRAFIA GEOLOGICA

Signora Presidente, 
la mozione in discussione tratta un tema di strettissima attualità, fondamentale per la messa in sicurezza del nostro Paese.
Lo scorso settembre proprio quest'Assemblea ha approvato la mozione sul progetto Casa Italia, dove si sottolineavano alcuni punti fondamentali che vorrei brevemente rimarcare in questa sede, anche alla luce delle evoluzioni susseguitesi.
L'Assemblea ha impegnato il Governo a definire in tempi rapidi i contenuti e le misure da inserire nel progetto Casa Italia, tenendo in debito conto le proposte e le idee raccolte nel confronto aperto con i principali portatori di interesse del Paese, a partire da un Piano nazionale di prevenzione antisismica fondato su tre fasi: monitoraggio e diagnostica, adozione del fascicolo di fabbricato e della certificazione sismica obbligatoria, nonché pianificazione del fabbisogno pluriennale di risorse pubbliche e private, per dare seguito e continuità nel tempo alle proposte inserite nel progetto.
Mi soffermerei sul Piano nazionale di prevenzione antisismica, argomento che merita lo stesso grado di attenzione riservato a tutte le questioni legate alle catastrofi naturali. Conosciamo il tema della fragilità del nostro territorio. Conseguentemente, il nostro Paese necessita con estrema urgenza di un piano finalmente coerente e strutturato per la prevenzione e la mitigazione del rischio geologico e idrogeologico.
È proprio a tal proposito che si inserisce il tema centrale della mozione a prima firma della senatrice Anitori. Come possiamo fare prevenzione se non conosciamo i fattori di rischio che danno origine ai fenomeni che vogliamo prevenire? Come riusciamo a contrastare a monte i danni degli eventi sismici, evitando che si producano effetti devastanti su popolazioni e città, se ignoriamo le caratteristiche di quel sottosuolo attraverso il quale si propagano le onde sismiche fino alla superficie? In altre parole, le politiche di prevenzione non possono prescindere da un'adeguata conoscenza del nostro territorio, resa ancora più urgente dalle tragedie degli ultimi tempi.
La mozione evidenzia come servano risorse per perseguire due finalità, la prima delle quali è produrre una cartografia geologica moderna con una scala adeguata. Ricordo che l'unica attualmente disponibile è a scala 1:100.000, mentre oggi si lavora quasi universalmente con le piante a scala 1:50.000. Inoltre, in aggiunta alla scala adeguata, occorre che la mappatura copra l'intero territorio nazionale. Eppure, come viene riconosciuto dalla mozione a prima firma della senatrice Antinori, che ripercorre le tappe fondamentali dell'evoluzione della vicenda, nel nostro Paese le intenzioni sono sempre state in linea con l'interesse sopra esposto, ma spesso non si è stati consequenziali.
Oggi - ad esempio - dei 652 fogli geologici a scala 1:50.000 previsti dal progetto coordinato dal Servizio geologico d'Italia e dall'ISPRA, in qualità di organo cartografico dello Stato, ne sono stati realizzati solo 255. Quindi, il 60 per cento del territorio italiano (tra cui parte della dorsale appenninica, l'intera dorsale calabra e tutte le acque territoriali) non è ancora coperto da una cartografia con scala adeguata. Ricordo che si tratta delle aree nelle quali sono situate le sorgenti sismiche di alcuni tra i terremoti più distruttivi della storia d'Italia.
Da questi brevi riferimenti possiamo comprendere come una carta geologica moderna e dettagliata consentirebbe quella conoscenza fisica del territorio fondamentale per inquadrare correttamente quantità e qualità dei dati geofisici raccolti nelle fasi post sisma (quali, ad esempio, la localizzazione dei terremoti e l'entità della deformazione del territorio), per realizzare una banca dati unificata a elevato contenuto informativo e approntare una programmazione territoriale e ambientale nazionale calibrata sulle effettive caratteristiche geofisiche del nostro Paese. Si tratta, in pratica, di una sorta di microzonazione sismica che consentirebbe di caratterizzare il territorio in prospettiva sismica, individuando e delimitando aree a comportamento omogeneo e distinguendo tra zone stabili, zone stabili suscettibili di amplificazione locale e zone soggette a instabilità, quali frane, fratturazioni superficiali e liquefazioni del territorio.
Il tema affrontato oggi è di fondamentale importanza. Credo che il Senato si dovrà esprimere nella maniera più ampia possibile su questi temi e l'impegno del Governo dovrà essere forte e risolutivo non soltanto nel dare un parere favorevole, ma anche nell'individuare le risorse necessarie per consentire al nostro Paese di dotarsi di uno strumento così importante. 

mercoledì 1 marzo 2017

PRESENTATA MOZIONE: SOSPENDERE I BANDI DELL'UNAR.



Atto n. 1-00735

Pubblicato il 28 febbraio 2017, nella seduta n. 772
in applicazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio dell'Unione europea, il decreto legislativo n. 215 del 2003 ha dato attuazione nel nostro ordinamento al "principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica"; a tal fine, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 dicembre 2003, è stato costituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, l'UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che deve garantire "parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica”. L'ufficio, secondo il decreto, deve operare "in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità"; ai sensi dell'articolo 16 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° ottobre 2012, l'UNAR è incardinato presso il Dipartimento per le pari opportunità;
a seguito del programma promosso dal Consiglio d'Europa "Combattere le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere", per l'attuazione e l'implementazione della raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa CM/REC(2010)5, il 30 aprile 2013 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti con delega alle pari opportunità, Elsa Fornero, ha presentato la "Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)";
il documento europeo contempla, in particolare, uno specifico punto strategico (4.1. "Asse educazione e istruzione") per proporre nelle scuole iniziative volte a consentire agli alunni l'elaborazione del processo di accettazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere;
la strategia nazionale è stata predisposta e coordinata dall'UNAR, avvalendosi di un gruppo nazionale di lavoro nominato con decreto direttoriale del 20 novembre 2012 e costituito principalmente da 29 associazioni omosessuali. In diversi atti di sindacato ispettivo, sono state a suo tempo osservate sia l'indebita estensione delle attività dell'UNAR, sia l'applicazione esorbitante ed unilaterale del principio di “autonomia”, sia la violazione del principio di “imparzialità” da parte dell'UNAR stesso. Come è evidente dalla lettura del decreto, nessuna associazione familiare o associazione professionale dei docenti è stata coinvolta;
a giudizio dei proponenti, queste “alterazioni genetiche” delle finalità originarie dell'UNAR si sono dimostrate prodromiche di quanto accaduto nel corso degli anni tra il 2013 e il 2017. In ciascuno dei casi che seguono, l'UNAR ha talmente debordato dai propri ambiti operativi da assurgere all'evidenza mediatica, generando peraltro inutili polemiche politiche;
il 13 dicembre 2013 l'UNAR ha pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri il decalogo "Comunicare senza pregiudizi. Linee guida per i giornalisti italiani in materia di omofobia e transfobia", un documento senza precedenti, salvo che non si risalga al tempo delle "veline" del Ministero della cultura popolare in epoca fascista (Minculpop), nel quale si proponevano 10 obblighi posti in carico della stampa quando si tratta di argomenti LGBT
ad esempio, quando nelle trasmissioni radiotelevisive si parla di queste tematiche, il contradditorio non è necessario; 
è vietato parlare di "utero in affitto", espressione "dispregiativa" da sostituire con "gestazione di sostegno"; 
è vietato parlare di "matrimonio gay" da sostituire con "matrimonio tra persone dello stesso sesso"; 
è vietato fotografare l'esibizionismo durante le manifestazioni "gay pride"
è necessario usare "particolare attenzione nella titolazione"; per fare un esempio, se un vescovo si dichiara contrario al "matrimonio" omosessuale, il titolo dovrebbe essere "Fedeli scandalizzati dal discorso omofobo del vescovo" e non "Il vescovo ricorda: la Chiesa non accetta il matrimonio omosessuale"; 
se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere "la trans" e non "il trans"; 
questi sono solo alcuni dei "consigli " volti a non urtare le diverse sensibilità presenti nella fasce perbeniste della popolazione italiana;
nei primi mesi del 2014 è esplosa la polemica sulla pubblicazione di tre opuscoli dal titolo "Educare alla diversità a scuola", redatti a cura dell'UNAR, con il consueto gruppo di associazioni omosessuali e la collaborazione dell'istituto "Beck", nel cui sito, nella parte che riguarda l'omofobia, sono contenuti pesanti giudizi sulla religione cattolica e sul ruolo educativo della chiesa nella società. Il 16 febbraio il vice ministro pro tempore del lavoro e delle politiche sociali Maria Cecilia Guerra, con delega alle pari opportunità, ha dichiarato che "quel materiale didattico è stato realizzato senza che io ne fossi informata e senza nessun accordo con il MIUR" ed ha aggiunto che è stato l'UNAR ad autorizzare la diffusione dello stesso materiale (con il logo del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri) "senza che il direttore De Giorgi me ne desse alcuna informazione, né che io fossi a conoscenza degli esiti della ricerca, di cui del resto ignoravo addirittura l'esistenza". Anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca escludeva di essere stato messo a conoscenza dell'iniziativa UNAR. Dopo le polemiche, gli opuscoli sono stati ritirati. La spesa per la stampa di questi opuscoli, divenuti inutili, è stata di circa 30.000 euro;
a partire dal gennaio 2014, l'UNAR ha avviato una seria di comunicazioni alla stampa, dichiarando che, "nell'ambito delle attività di monitoraggio, prevenzione e contrasto delle discriminazioni di tipo etnico-razziale o religioso, oppure basate su condizioni personali quali la disabilità, l'orientamento sessuale e identità di genere, l'età o le convinzioni personali, ovvero di genere", si stava effettuando uno screening di quanto viene pubblicato dalla stampa (articoli, lettere, opinioni, editoriali, eccetera). Tale attività si risolveva nell'invio di schede, anche queste, ad avviso dei proponenti, modellate sulle "veline" del Minculpop, in cui sinteticamente sono elencati gli articoli in cui si ravvisano rilievi di tipo discriminatorio o comunque non corretti in base alla normativa comunitaria ed italiana vigenti ovvero alle regole deontologiche della professione giornalistica;
il culmine di tale attività si è raggiunto a fine agosto 2015, quando il direttore dell'UNAR Marco De Giorgi, travalicando i suoi poteri, ha inviato all'on. Meloni una lettera di censura, nella quale l'ha invitata a "voler considerare per il futuro l'opportunità di trasmettere alla collettività messaggi di diverso tenore", per aver espresso la propria preoccupazione riguardo al collegamento tra il massiccio afflusso di profughi e clandestini e i pericoli derivanti dalla diffusione del fondamentalismo islamico. Il Governo Renzi ha proceduto finalmente alla rimozione del direttore;
da ultimo, il 19 febbraio 2017, il programma televisivo "Le Iene" ha mostrato con immagini inequivocabili che cosa avviene realmente nei locali dell'Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale (ANDDOS), alla quale con bando UNAR del 4 novembre 2016 sono stati assegnati 55.000 euro su un totale di complessivi 999.274 euro, destinati a una serie di soggetti tra cui diverse associazioni Lgbt, quali Arcigay, Arcigay Roma, Arcilesbica Roma, Lista Lesbica italiana, MIT, Gay Center e altre. 
Secondo la trasmissione, presso l'ANDDOS avvengono vere e proprie orge e sono proposte prestazioni sessuali singole, multiple e a pagamento. Sempre secondo il citato servizio, Francesco Spano, direttore dell'UNAR, sarebbe socio della stessa associazione, con tessera del 18 marzo 2016, nonché legato alla stessa al punto da presenziare all'inaugurazione della nuova sede il 10 giugno 2016;
il 20 febbraio il direttore dell'UNAR si è dimesso, dichiarando “che si trattava di fondi non ancora erogati”: una giustificazione priva di fondamento e che non sta in piedi, poiché già altri fondi sono stati stanziati in precedenza con bandi simili. In quello che si definisce "arcipelago gay" si è gridato al complotto: secondo alcuni si tratta della “soffiata” di altre associazioni omosessuali, escluse dalla ripartizione dei fondi. È appena il caso di osservare che tali goffi tentativi di autodifesa finiscono con aggravare sia la vicenda, sia l'opinione che i cittadini si fanno del mondo omosessuale;
dalla lettura del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri istitutivo, risulta chiaro che l'UNAR ha funzioni di supporto per le altre amministrazioni, tramite raccolta di dati, inchieste, segnalazioni ed emissione di pareri, o di promozione dei principi di parità tramite apposite campagne rivolte al pubblico, previa autorizzazione dell'organo politico controllante; non ha invece poteri di intervento diretto attuabili di propria iniziativa: dal 2013 la sfera d'azione e i poteri decisori si sono ampliati al di là del dovuto e si sono instaurate prassi e modalità operative del tutto anomale;
costituisce prova di questa arbitraria autonomia decisionale la vicenda del circolo di cultura omosessuale "Mario Mieli", che fa parte del “gruppo di lavoro” utilizzato dall’UNAR in più occasioni, e composto da 29 associazioni del mondo omosessuale e che è, con tutta probabilità, finanziato tramite i bandi UNAR. 
Tale circolo si ispira e prende il nome dal “filosofo” omosessuale Mario Mieli, morto suicida a 30 anni. Costui scriveva nel 1977 nella sua opera principale "Elementi di critica omosessuale": «Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, edu-castra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica… La pederastia, invece "è una freccia di libidine scagliata verso il feto"» (capitolo I, 8). La pedofilia e la pederastia sono intrecciate e dunque parte essenziale del pensiero di Mario Mieli, all'interno di un quadro dove, così come l'omosessualità e gli altri comportamenti, non costituiscono condotte da tollerare o da comprendere, ma un aspetto indispensabile all'emancipazione dell'individuo e della società; se si tolgono questi assunti dall'opera del "filosofo" scomparso a giudizio dei proponenti non resta quasi nulla;
la pericolosità di questa impostazione culturale di base del circolo Mario Mieli è stata fatta presente in più atti di sindacato ispettivo al Governo. Nel rispondere sulla questione (Aula Senato 3 dicembre 2015) all'interpellanza il sottosegretario di Stato per l'interno Bocci ha dichiarato che: "a prescindere da quanto sostenuto da Mario Mieli in alcuni passaggi delle proprie opere, il circolo culturale si è sempre caratterizzato per attività volta all'affermazione della tutela dei diritti civili, non è mai stato coinvolto in casi di pedofilia, né risulta aver sostenuto la liceità di pratiche di tal genere";
correttamente è stato osservato che, trattandosi non di aforismi sparsi, ma di una costruzione culturale e ideologica complessa e coordinata, gli scritti di Mario Mieli vanno respinti in blocco o altrimenti devono ritenersi accettati in blocco da coloro che vi si ispirano. Esiste un “principio di precauzione” che viene regolarmente utilizzato dai Governi su questioni di tale delicatezza, proprio per evitare che successivamente si debba constatare che l'irreparabile è già accaduto;
peraltro, il circolo Mario Mieli è intervenuto anche in questi giorni dichiarando che: “l'attacco delle Iene (…) è un attacco a ciascuno di noi”, e chiedendo contestualmente di non bloccare i fondi UNAR alle associazioni;
nel rispondere ad atti di sindacato ispettivo sull'origine e sull'entità degli oneri per il funzionamento e per l'attività dell'UNAR, il Governo ha risposto che: "le risorse relative al funzionamento dell'UNAR, comprese iniziative di sensibilizzazione, pubblicazioni, indagini e bandi pubblici, sono quantificate in via ordinaria nel limite massimo di spesa annuo di 2.035.357 euro [per il 2014], derivanti dal Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, in ragione dell'esecuzione della direttiva 2000/43/CE" (sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Scalfarotto presso l'Aula della Camera il 12 settembre 2014 all'interpellanza 2-00661) e che "La programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (...) pone in particolare risalto il principio del contrasto delle discriminazioni e della promozione delle pari opportunità (…) prevede l'attuazione del principio di contrasto e prevenzione di qualsiasi forma di discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, sia attraverso un approccio di mainstreaming trasversale, sia attraverso la previsione di azioni positive di supporto ai cosiddetti target vulnerabili" (sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Delrio, il 24 dicembre 2014, in risposta all'interrogazione 4-02539 del sen. Lo Giudice);
a giudizio dei proponenti, tale “modello di copertura economica”, del tutto labile e assolutamente distante da quella che dovrebbe essere una reale autorizzazione di spesa e un'effettiva imputazione contabile, deve ritenersi parte essenziale nelle degenerazioni esposte. Tramite “l'approccio di mainstreaming trasversale” e“azioni positive” non meglio definite, l'UNAR ha obiettivamente sperperato risorse che potevano essere meglio utilizzate, confidando nella sua “autonomia di giudizio”;
d'altro canto, arginare la degenerazione della spesa a livello centrale, non esclude che tali rischi non continuino a persistere in sede locale. Ne è prova, anche in questo caso, una vicenda assurta all'evidenza mediatica e alla cronaca politica: sul profilo "Facebook" del “Cassero LGBT center” nel marzo 2015 è stata pubblicata, con l'intestazione "Venerdì credici - le foto -notte blasfema e scaramantica”, una serie di foto che ritraevano persone in atteggiamenti osceni e pesantemente offensivi della religione cattolica, ben oltre il limite della blasfemia tollerabile e del cattivo gusto. Il centro Cassero era finanziato con soldi pubblici dal Comune di Bologna, di conseguenza i cittadini bolognesi hanno finanziato oscenità e blasfemia. Solo un'inchiesta giudiziaria ed un'azione politica insistente hanno ottenuto che i finanziamenti comunali, per ora, siano cessati. Ma non è detto che non riprendano, se non si introducono norme adeguate per il controllo dei trasferimenti pubblici ad associazioni di siffatta natura;
si osserva che i soggetti autori, a livello sia nazionale che locale, delle imprese evidenziate sono gli stessi che poi chiedono di sopprimere convenzioni o di tagliare i finanziamenti a istituzioni religiose cattoliche, per aver denunciato o ostacolato l'accesso della “teoria del gender” nelle nostre scuole, travestita da “lotta al bullismo” o “contrasto al femminicidio” e dichiarata pericolosa dallo stesso papa Francesco o anche solo per aver organizzato degli incontri sulla famiglia tradizionale;
in conclusione, si osserva come un ufficio nazionale antidiscriminazioni debba attentamente e obiettivamente valutare questi comportamenti a 360 gradi e a tutela di tutti; in sostanza, un ufficio antidiscriminazioni non può trasformarsi in un ufficio a tutela degli omosessuali; questa è palesemente una discriminazione inversa. Un ufficio con tali compiti dovrebbe agire ogniqualvolta si ravvisa una discriminazione, a tutela degli interessati, siano essi atei, ebrei, cristiani, musulmani, eterosessuali, omosessuali, bambini, uomini, donne, o delle più disparate etnie presenti al mondo. Analizzando le azioni messe in atto dall'UNAR ci si trova, ad avviso dei proponenti, dinanzi ad una distorsione consapevole delle finalità pubbliche per le quali era stato originariamente costituito,
impegna il Governo:
1) a sospendere i bandi dell'UNAR, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, per la concessione di finanziamenti a soggetti esterni, nonché qualsiasi altro finanziamento a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, nonché a presentare uno specifico disegno di legge di riforma dell'organismo che dovrà dare attuazione agli obblighi previsti dalla direttiva 2000/43/CE del Consiglio dell'Unione europea sulla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica;
2) ad introdurre disposizioni che vincolino le erogazioni dell'UNAR a rigide procedure di verifica della qualificazione degli organismi finanziati, nonché dei programmi da svolgere e della loro rendicontazione;
3) ad intraprendere un'indagine sulle modalità di spesa dei fondi già erogati dall'UNAR, avviando, ove occorre, le attività di recupero delle somme che non risultino spese per gli obiettivi programmati e le conseguenti azioni per danno erariale;
4) a prevedere che tali procedure e verifiche siano estese alle analoghe attività esercitate dagli enti pubblici ed in particolare dagli enti territoriali.
Atto n. 1-00735

Pubblicato il 28 febbraio 2017, nella seduta n. 772

MARINELLO , CONTE , DI GIACOMO , FORMIGONI , TORRISI , COLUCCI , MANCUSO , AIELLO , BILARDI , ROSSI Luciano

MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...