giovedì 29 giugno 2017

TESTAMENTO BIOLOGICO: INTERVENTO IN COMMISSIONE

Presidente! Onorevoli colleghi!

Dopo l'esame della Camera dei deputati, anche in questa Commissione si è svolto un proficuo ciclo di audizioni, segno del giusto interesse del Senato per il tema, oggetto dei numerosi provvedimenti in esame, e fonte di interessanti spunti di riflessione. Su questa base, ritengo utile per lo sviluppo del dibattito fare chiarezza su quali sono aspetti più critici rispetto ai quali il testo del disegno di legge, secondo il gruppo che rappresento, dovrà fornire risposte parzialmente diverse dalle soluzioni adottate dalla Camera. In primo luogo, si pone la questione di quale può essere il contenuto proprio delle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT), se relativo alla sola fase di fine vita o con una portata più ampia. Inoltre, una analisi attenta ed equilibrata non può prescindere dalle valutazioni sul peso da assegnare in termini di vincolatività. In questa ottica appare, inoltre, essenziale considerare la possibilità di modulare la loro validità sul piano temporale, anche alla luce di un cambio di prospettiva da parte del soggetto sulla base del proprio vissuto. Vorrei rimarcare in questa sede anche l'utilità di una riflessione sulla natura delle DAT, nel contesto della relazione tra paziente e medico e tenendo conto della libertà di coscienza di quest'ultimo. Come hanno fatto già altri colleghi in altre occasioni, ricordo che il tema dei trattamenti salvavita non è nuovo di questa legislatura: infatti nella passata legislatura il Parlamento ha già discusso di queste tematiche e, nonostante in alcune occasioni il traguardo di una disciplina equilibrata sembrasse quasi raggiunto, è stato proprio il nodo delle pratiche di nutrizione e idratazione a rappresentare il punto di contrasto tra le varie anime politiche e a rivelarsi non componibile.

Il testo in discussione sembra normare senza il necessario grado di approfondimento alcuni aspetti estremamente delicati della materia: mi riferisco al tema delle pratiche salva vita, inclusa la nutrizione e l'idratazione artificiali, considerate trattamenti sanitari e non attività destinate esclusivamente ad assicurare la sopravvivenza. Inoltre, sembra particolarmente pericolosa la scelta di non porre alcun limite alla rinuncia ai trattamenti salva vita, con il conseguente grave rischio, anche al di là delle intenzioni di qualcuno, che in tal modo si rendano possibili pratiche eutanasiche. Un approccio scevro da condizionamenti ideologici ci deve condurre alla riflessione secondo la quale il paziente che afferma di non farcela più può manifestare non un desiderio di morte ma una richiesta di aiuto. Il testo in esame non affronta la complessità di tale richiesta, così come trascura potenziali situazioni di depressione alla base di certe scelte.
Non dobbiamo correre il rischio di banalizzare il tema delle espressioni utilizzate nel testo, a cominciare dalla scelta di prevedere «disposizioni» anticipate di trattamento, e dobbiamo invece prestare molta attenzione a quanto accade in realtà come il Belgio e i Paesi Bassi. In questi Stati europei, si è ormai giunti a consentire di praticare l'eutanasia anche in relazione a persone minorenni e si sviluppano strumenti di dubbia utilità come il congelamento di malati terminali. Un'altra riserva che sento di dover condividere con la Commissione riguarda la scarsa attenzione prestata dal testo in discussione al ruolo del medico e al diritto all'obiezione di coscienza. Non vengono riconosciute le competenze e le responsabilità derivanti dall'applicazione del codice deontologico, lasciando ai medici una funzione quasi notarile. Un altro aspetto su questo tema che necessariamente richiede interventi emendativi riguarda proprio la figura del medico, che esercita normalmente la sua professione non per aiutare il paziente a morire ma nel senso diametralmente opposto. Il testo non approfondisce tale problematica. Non viene inoltre concessa la necessaria attenzione al tema della collegialità delle pratiche mediche, con i conseguenti problemi rispetto all'attribuzione di responsabilità. Altro punto critico in questa parte del provvedimento è rappresentato dalla scarsa chiarezza del rapporto tra il medico e l'istituzione sanitaria in cui si trova ad operare, considerando che, nei casi oggetto del testo, alcune responsabilità investono profili di tipo penale.
Un altro aspetto sul quale, a mio avviso, il testo non fa sufficiente chiarezza riguarda le modalità di ricostruzione delle disposizioni di volontà (DAT), che sono modificabili in qualsiasi momento, fino all'ultimo. Il problema è che non si capisce come potrà conciliarsi la manifestazione di volontà fatta da ultimo con mezzi non registrabili con quella, magari contraria, resa per iscritto e debitamente registrata. A mio parere, su tale punto, il testo in esame non tiene nel dovuto conto l'evoluzione della consapevolezza esistenziale di ciascuno, a seconda delle situazioni vissute.

Un'altra criticità riguarda il fatto che il testo in esame non tiene in conto il ricco dibattito svolto sulla materia nelle scorse legislature e, in particolare, in quella precedente, quando il Parlamento fu chiamato a intervenire per dirimere il caso di Eluana Englaro, la cui complessità aveva causato un'aperta diversità di vedute tra le istituzioni.
Alcune disposizioni, quali quelle riguardanti la revoca o il cambiamento della manifestazione di volontà sembrano di problematica applicazione; altre, quali la possibilità di richiedere la sospensione della idratazione e della nutrizione o la mancata previsione della possibilità per il medico di esercitare l'obiezione di coscienza creano un sistema zoppo e sbilanciato. In particolare, vorrei osservare che, così come la legge sull'aborto, anche il provvedimento in esame, avendo indiscutibilmente un carattere eutanasico, debba prevedere espressamente la possibilità dell'obiezione di coscienza per il medico, che, al contrario, appare vincolato oltre la deontologia professionale e oltre quanto richiesto a qualsiasi altra figura professionale. Per di più, spingendo alle estreme conseguenze il dettato del testo, potrebbe risultare possibile addirittura immaginare l'obbligo per il medico di applicare qualsiasi terapia richiesta dal paziente, anche contraria alle evidenze scientifiche.
In linea generale, il testo, ben potendo essere interpretato come di natura eutanasica, non tiene conto neanche del dibattito affrontato in sede di Comitato nazionale per la bioetica, che ha ritenuto possibile, diversamente da quanto affermato in ambito cattolico, la possibilità di conciliare con un provvedimento legislativo la libertà del paziente, la deontologia del medico e il favor vitae.

Colleghi, siamo preoccupati dal fatto che sottesa a questo provvedimento vi sia una visione ingannevole della società e del concetto di libertà individuale. La concezione prevalentemente libertaria è sfociata in una sorta di «cultura del desiderio», nella quale il valore sacro della vita risulta sminuito. Non dobbiamo trasmettere, attraverso questo provvedimento, un concetto di svilimento del valore della vita fino a considerare come liberamente opzionabile il modello di eutanasia. Ricordo ancora una volta che il dibattito sul «fine vita» è in corso in maniera costruttiva ormai da tre legislature, ma l'accelerazione improvvisa data al provvedimento in esame fa emergere una palese discrasia tra il Parlamento ed il Paese reale, nel quale si registrano posizioni decisamente differenti su tali materie. Parliamo infatti, nelle nostre discussioni, dell'idea di vita che, come tale, non può essere trattata come un qualsiasi argomento politico, al quale applicare le logiche di maggioranza. Non possiamo correre il rischio di estremizzare le tesi di puro individualismo in cui non sarebbe possibile decidere sulla vita degli altri e in cui i cittadini devono essere lasciati liberi di decidere su determinati aspetti: rischieremmo di sfociare in situazioni oltre il limite della comune morale verificatesi in alcuni paesi del nord Europa. In altre parole, non possiamo offrire il fianco ad una escalation dei valori eutanasici che, nelle citate esperienze, ha portato addirittura alla realizzazione di veri e propri kit attraverso i quali i malati possono darsi la morte. Chi attribuisce un così scarso valore alla vita – tanto da ricorrere a tali pratiche – è colui che si trova in una condizione di estrema solitudine, e ricordo al riguardo l'esperienza degli anziani, i quali conservano più a lungo il loro equilibrio mentale allorquando vivono in contesti sociali di gruppo, come le famiglie o le comunità.
Una tale concezione della vita non è assolutamente un segno di civiltà, non è frutto di una estrema pietà, ma è soltanto il risultato di una malintesa pretesa libertaria, tesa a riafferma l'egoismo di poter fare tutto ciò che si vuole: invece, ritengo che si debba riaffermare in maniera netta che vi sono degli aspetti indisponibili relativi alla vita degli individui. Alcune distorsioni, che possono potenzialmente sorgere dal disegno di legge in esame, lasciano spazio al diffondersi di teorie di destrutturazione di concetti fondamentali, oltre a quello della vita, come quelli della tutela della salute, della libertà di autodeterminazione e di finalità assistenziale della comunità.
Nel testo del provvedimento siamo necessariamente chiamati a chiarire la differenza tra dichiarazioni e disposizioni anticipate di trattamento, a specificare meglio il ruolo del medico e la relazione con il paziente, ad approfondire i temi della qualità della vita correlata alle cure palliative e della possibilità di sospendere idratazione e nutrizione artificiali.
 La salute di ognuno di noi è un bene individuale ma anche sociale, collettivo che merita di essere perseguito favorendo l’accoglienza, l’accompagnamento e la cura delle situazioni di dolore fino alla fine naturale della vita. Questo provvedimento, invece, restituisce l'immagine di un uomo come un individuo isolato, non dipendente da niente e da nessuno se non dalla propria volontà. Ma è poi davvero così? È davvero sempre libera e certa una decisione presa a priori, magari in stato di salute o magari invece incalzata qualche volta da chi ci sta intorno?
L’uomo, nel bene e nel male, è sempre in relazione: nasciamo non per nostra scelta in un luogo non scelto che determinerà la nostra vita, “dipendiamo” dalla famiglia, dalla scuola, dal datore di lavoro, da chi sposeremo, dai figli che avremo, dal medico che ci curerà. Tutto questo costituisce quella trama di rapporti in cui l’uomo cresce, matura, pensa, produce, ama ed esercita la sua libertà di uomo. È sicuramente un percorso a volte difficile e faticoso, ma naturale. Le persone che abbiamo intorno non sono per forza nemiche: nel corso della malattia, a maggior ragione, il medico che ci cura è ancora più prezioso dei familiari, rappresenta una figura a cui tutti fanno riferimento. Sappiamo da subito che farà il nostro bene, anche quando non sarà più possibile raggiungere il nostro benessere. E questo proprio in virtù del giuramento che ha pronunciato. Viene, invece, qui introdotto con forza, un “nuovo” principio, il principio dell’”autodeterminazione” del paziente e mentre si afferma che “è promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico...” di fatto si stravolge il rapporto tra i due. Non si garantisce più un’alleanza serena basata sulla fiducia, ma si configura il rischio di una contrapposizione contrattualistica, come si è visto nei Paesi dove già questo principio è stato assunto: in altre parole, si riduce il medico a prestatore d’opera, introducendo il rischio per tutto il personale sanitario di conflitti fra posizioni divergenti, di fatto indebolendo gravemente l’autorevolezza e la possibilità di azione dei sanitari stessi. Sparisce quell’alleanza umana proprio nel momento in cui dovrebbe essere più intensa, più decisiva.
Siamo di fronte ad una società con prevalenza di grandi anziani con patologie croniche e quindi potenzialmente con grandi costi per la collettività; allo stesso modo è rilevante la fascia di persone malate e sofferenti di tutte le età, ed è da qui che si è messo in moto il meccanismo per dar loro la possibilità di rinunciare o di interrompere le cure per propria volontà. Se è vero che ci sono persone che chiedono di morire, ce ne sono moltissime altre che continuano a vivere sentendosi amate ogni giorno, oppure, che anche nella solitudine godono delle piccole cose quotidiane e che portano la loro sofferenza come esempio di quanto grande possa essere l’amore dell’uomo per la sua vita. A livello personale, è veramente difficile per ognuno di noi ipotizzare come vivremmo la drammaticità di quei momenti.

Infine, vorrei sottolineare come disposizioni relative a stesura, gestione, revoca dei DAT, cioè la parte “burocratica” del provvedimento, nascondono molti rischi di interpretazione e rivelano la debolezza di tutto l’impianto normativo. In un contesto così a rischio di possibili incomprensioni, e quindi di altrettante possibili contestazioni fra le parti, e in presenza di circostanze così difficili e delicate come il fine vita non può non essere garantita, accanto alla libertà di scelta del paziente anche la libertà di scelta del medico. Questa omissione, che appare singolare, ha un precedente significativo nella recente legislazione sulle Unioni civili nei confronti dei Sindaci e degli ufficiali di stato civile. Se il diritto all’obiezione di coscienza non è espressamente e chiaramente esplicitato potrà diventare oggetto di contestazioni e controversie, se non addirittura negato nei fatti come già avviene appunto nel caso delle Unioni civili.

martedì 27 giugno 2017

DUE VOLTE LA CIRCONFERENZA DELLA TERRA I PNEUMATICI RECUPERATI DA ECOPNEUS

1.400.000 tonnellate di Pneumatici Fuori Uso recuperati dal 2011 ad oggi: messi in fila sono pari a più di due volte la circonferenza terrestre; materiali che vengono recuperati e non dispersi nell’ambiente: 80.000 tonnellate – pari a 8 torri Eiffel – di granuli e polverini di gomma riciclata venduti sul mercato ogni anno trasformati in nuovi prodotti che sono esempio perfetto di economia circolare. Questi alcuni dei risultati che Ecopneus presenta in un convegno il 27 giugno alla Residenza di Ripetta a Roma, dalle 10 alle 13, con la partecipazione dei parlamentari Simona BonafèSilvia VeloErmete RealacciGiuseppe MarinelloAlessandro Bratti, di Stefano Ciafani di Legambiente, di Andrea Barbabella ed Edo Ronchi della Fondazione Sviluppo Sostenibile, di Raffaele Tiscar, capo di gabinetto del Ministero dell’Ambiente e del prefetto Michele Campanaro e del vicesindaco di Napoli Raffaele Del Giudice. Il direttore Giovanni Corbetta sarà la voce di Ecopneus; Duilio Giammaria della trasmissione “Petrolio”, Rai1, condurrà i lavori.
I benefici della circular economy nella filiera PFU sono tangibili: meno CO2 prodotta, meno acqua e risorse naturali consumatemeno importazioni di materiali vergini, 700 persone impiegate da 100 imprese qualificate che stanno investendo e crescendo, redistribuzione di ricchezza attraverso l’indotto. Con la gomma riciclata si fanno asfalti modificati per strade più durevoli e sicure, pannelli per insonorizzare gli edifici, campi di calcio con ottime performance e minore consumo di acqua, pavimentazioni sportive per varie discipline, inclusa l’equitazione, con gioia di cavalli e cavalieri. Varie esperienze saranno presentate durante il convegno, insieme ai dati dei benefici ambientali, sociali ed economici, sia della situazione attuale – che vede un 56% del volume totale recuperato come materia e un restante 44% come energia nei cementifici – che di quella futura, in una prospettiva, simulata dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, che mette a confronto due scenari estremi e alternativi (100% recupero di materia contro 100% recupero nei cementifici) e che dimostra come, con il totale recupero di materia si possano evitare emissioni di CO2 equivalenti a quasi 300.000 auto circolanti, risparmiare risorse pari al peso di 100 Tour Eiffel e acqua pari a circa 450 piscine olimpioniche, oltre a produrre valore aggiunto per il Paese e nuovi posti di lavoro.
Un annuncio speciale riguarderà la Terra dei Fuochi, un’iniziativa straordinaria che riguarda il quartiere di Scampia, a chiusura del cerchio del recupero dei pneumatici abbandonati nelle province di Napoli e Caserta: segno della volontà di combattere il degrado dell’abbandono e dei roghi illegali, dando un nuovo futuro a materiali che erano rifiuti, e nuove opportunità ai giovani che di quella Terra sono il futuro.

giovedì 15 giugno 2017

TRIVELLAZIONI: NOI FACCIAMO I FATTI E LI DOCUMENTIAMO!

Un necessario riassunto per chi in questi giorni di campagna elettorale tenta di ascriversi, per guadagnare gratuito consenso, la battaglia fatta in favore della tutela dei nostri mari, delle nostre coste, di chi le vive e di chi ci lavora.
Sul tema delle trivellazioni petrolifere nel canale di Sicilia è bene sottolineare l'impegno profuso dal sottoscritto dapprima come "siciliano" e istituzionalmente come Presidente della Commissione Ambiente del Senato.
Un'azione organica incisiva, messa in atto da subito, che ha visto il mio personale intervento su diversi provvedimenti al fine di dotare il Paese di norme a tutela della Sicilia e di tutto il Mar Mediterraneo.
Per arginare le imponenti richieste da parte delle aziende petrolifere di vedere autorizzati ulteriori progetti per impianti di estrazione di idrocarburi in mare, soprattutto in Sicilia, la Commissione Ambiente del Senato, che mi onoro di presiedere, per approfondire tale tematica, avviò con urgenza, a partire dal 2 luglio 2013, un'indagine conoscitiva in materia di "ricerca ed estrazione di idrocarburi in mare", data in cui iniziarono le audizioni, 32 in totale per la precisione, a cui presero parte Istituti di ricerca, Enti Statali, Associazioni di categoria e soggetti Istituzionali  e conclusasi con l'approvazione di una risoluzione particolarmente restrittiva dal punto di vista della tutela ambientale, che fu presentata all'Aula del Senato, in data 2 aprile 2014, sotto forma di ordine del giorno, a mia firma, approvato con la condivisione di una grandissima maggioranza dei colleghi. Tra le novità di rilievo nel testo figuravano la sospensione entro le 12 miglia dalla costa per le estrazioni di idrocarburi liquidi e il ruolo determinante nel processo di autorizzazione degli istituti di ricerca pubblici ISPRA, CNR e INGV.
Ciò nonostante, la Regione Siciliana, in data 4 giugno 2014, siglò un protocollo d'intesa con il comparto petrolifero per l'ulteriore sfruttamento e utilizzo delle risorse siciliane di gas e petrolio presenti anche davanti le coste dell'Isola. Prontamente convocai il 17 luglio per un'audizione il Pres. della Regione Siciliana Crocetta per essere ascoltato in merito ai contenuti di tale accordo che suscitarono particolare perplessità in quanto non collimanti con l'impegno assunto dal Governo Nazionale contenuto nell'ordine del giorno approvato dal Senato della repubblica in data 2 aprile 2014.
Relativamente al provvedimento cosiddetto "sblocca Italia", il mio impegno si concretizzò con la presentazione di un ordine del giorno, approvato dall'Aula, che impegnava il Governo a sospendere il rilascio di nuove autorizzazione di ricerca e coltivazione di idrocarburi nei fondali marini del canale di Sicilia, oltre che l'operatività di quelle già rilasciate, per almeno un biennio e comunque fino alla conclusione di un'approfondita indagine tecnico scientifica da affidare all'ISPRA e all'INGV su incarico dello sviluppo economico.
Altro intervento fu da me effettuato, con successo, nell'ambito del cosiddetto decreto Collegato ambientale", diventato legge il 28/12/2015, con l'approvazione di due emendamenti finalizzati a valorizzare e a tutelare la peculiare specificità naturalistica di straordinari ecosistemi marini sommersi come quelli dei banchi di Graham, Terribile, Pantelleria e Avventura nel canale di Sicilia, studio finanziato con 800 mila euro per l'anno 2015 e 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2016.
Altra battaglia sostenuta in favore della tutela del mar Mediterraneo e del comparto della pesca fu quella contro la tecnica dell'AIR GUN, delicata e controversa tecnica utilizzata nelle attività di ricerca di risorse minerarie, con un mio intervento in Aula, il 3 marzo 2015, nell'ambito del provvedimento sul tema "delitti in materia ambientale", nel quale rappresentai la mia netta contrarietà, votando a favore del suo inserimento tra i reati ambientali andando in netto contrasto con il parere del Governo.
In ultimo, il 30 luglio 2015 le Commissioni ambiente e industria del Senato, in una valutazione congiunta, approvarono un parere con condizioni vincolanti sull'atto di governo riguardante il recepimento di una direttiva comunitaria del 2013 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modificava la direttiva del 2004. Anche nell'ambito del parere espresso sono state ribadite e richieste le massime cautele per garantire la sicurezza e la tutela dell'ambiente marino nelle installazioni industriali per l'estrazione di idrocarburi in mare onde prevenire incidenti gravi e limitarne gli effetti, all'interno del quale veniva richiesta l'istituzione di un Comitato per la sicurezza  delle  operazioni  a mare, che svolgesse le funzioni  di  autorita' competente responsabile.

Le condizioni sono state recepite nel decreto legislativo n. 145 del 18 agosto 2015 con l'entrata in vigore del provvedimento dal 17/9/2015

MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...