Nel corso della notte agenti della Polizia di Stato, Carabinieri e uomini della Guardia di finanza hanno portato a termine tre distinte operazioni antimafia contro Cosa Nostra, con la esecuzione di provvedimenti restrittivi che hanno portato in carcere 36 esponenti delle famiglie mafiose incardinate nei mandamenti mafiosi di Brancaccio, S. Lorenzo, Resuttana e Boccadifalco - Passo di Rigano. Gli arrestati sono ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti ed altro. In particolare, l’operazione di Polizia nei confronti di 16 appartenenti alle famiglie del Mandamento di Brancaccio (operazione “Araba Fenice”), portata a termine dagli agenti della Sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo, è l’epilogo di elaborate indagini sviluppate attraverso la combinazione di una serrata attività tecnica di intercettazione di comunicazioni telefoniche ed ambientali, servizi tecnico–dinamici sul territorio ed analisi delle dichiarazioni rese da alcuni pentiti di mafia.
Dalla vasta operazione antimafia condotta in questi mesi, è emersa “la riferibilità degli attuali vertici operativi del mandamento mafioso ai fratelli Graviano”: una loro sorella è tra gli arrestati e secondo gli inquirenti rivestirebbe un ruolo di spicco all’interno del sodalizio. Sono stati inoltre individuati, in seno alla stessa consorteria criminale, coloro che materialmente si occupavano del racket del pizzo nei confronti di numerosi imprenditori e commercianti. Si è evidenziata una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di vertice del mandamento di Brancaccio - taluni dei quali risultati in contatto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese -, e quelli di altre famiglie mafiose della città, che si incontravano per definire problematiche criminali di comune interesse. In queste occasioni, come pure in altre circostanze nel corso delle investigazioni, sono stati registrati momenti di grave frizione tra le diverse anime di “Cosa Nostra” palermitana, risultata ancora priva di una sicura figura carismatica di riferimento, con il rischio della risoluzione dei dissidi con le armi.
L’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo e dei militari del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza (“Operazione Idra”) ha portato a un provvedimento di “fermo di indiziato di delitto” nei confronti di 16 persone accusate di “associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni”. I destinatari sono vertici e affiliati a “Cosa Nostra” dei mandamenti mafiosi palermitani di “Tommaso Natale” e “Resuttana”. L’urgenza del provvedimento scaturisce dalla necessità di interrompere incisivamente una serie di attività estorsive nei confronti di negozianti e imprenditori e prevenire attentati incendiari e/o ritorsioni fisiche alle vittime. Il Nucleo speciale di Polizia valutaria, a seguito dell’operazione “Architetto” del 22 marzo 2010 (che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Giuseppe Liga, erede designato dai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo), ha proseguito gli approfondimenti investigativi volti alla ricostruzione dei nuovi assetti criminali e all’aggressione dei patrimoni dell’organizzazione.
In particolare, si è accertato che nel vuoto di potere venutosi a creare dopo l’arresto di Liga, si è affermato Calogero Di Stefano quale reggente del mandamento mafioso di “Tommaso Natale” e nuovo punto di riferimento per il reperimento di risorse finanziarie tramite la raccolta del “pizzo” e la gestione del gioco clandestino. Di Stefano avrebbe proseguito nell’opera di riassetto della struttura organizzativa di “Cosa Nostra” già avviata dall’architetto Giuseppe Liga. In tale contesto si è affermata, a seguito della scarcerazione avvenuta nel mese di aprile 2010, l’indiscussa leadership di Giulio Caporrimo già fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo. Questa operazione di riassetto è avvenuta mediante numerose riunioni di vertice, nelle quali Caporrimo si proponeva come elemento di sintesi tra i reggenti degli altri mandamenti mafiosi cittadini.
Dalla vasta operazione antimafia condotta in questi mesi, è emersa “la riferibilità degli attuali vertici operativi del mandamento mafioso ai fratelli Graviano”: una loro sorella è tra gli arrestati e secondo gli inquirenti rivestirebbe un ruolo di spicco all’interno del sodalizio. Sono stati inoltre individuati, in seno alla stessa consorteria criminale, coloro che materialmente si occupavano del racket del pizzo nei confronti di numerosi imprenditori e commercianti. Si è evidenziata una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di vertice del mandamento di Brancaccio - taluni dei quali risultati in contatto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese -, e quelli di altre famiglie mafiose della città, che si incontravano per definire problematiche criminali di comune interesse. In queste occasioni, come pure in altre circostanze nel corso delle investigazioni, sono stati registrati momenti di grave frizione tra le diverse anime di “Cosa Nostra” palermitana, risultata ancora priva di una sicura figura carismatica di riferimento, con il rischio della risoluzione dei dissidi con le armi.
L’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo e dei militari del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza (“Operazione Idra”) ha portato a un provvedimento di “fermo di indiziato di delitto” nei confronti di 16 persone accusate di “associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni”. I destinatari sono vertici e affiliati a “Cosa Nostra” dei mandamenti mafiosi palermitani di “Tommaso Natale” e “Resuttana”. L’urgenza del provvedimento scaturisce dalla necessità di interrompere incisivamente una serie di attività estorsive nei confronti di negozianti e imprenditori e prevenire attentati incendiari e/o ritorsioni fisiche alle vittime. Il Nucleo speciale di Polizia valutaria, a seguito dell’operazione “Architetto” del 22 marzo 2010 (che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Giuseppe Liga, erede designato dai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo), ha proseguito gli approfondimenti investigativi volti alla ricostruzione dei nuovi assetti criminali e all’aggressione dei patrimoni dell’organizzazione.
In particolare, si è accertato che nel vuoto di potere venutosi a creare dopo l’arresto di Liga, si è affermato Calogero Di Stefano quale reggente del mandamento mafioso di “Tommaso Natale” e nuovo punto di riferimento per il reperimento di risorse finanziarie tramite la raccolta del “pizzo” e la gestione del gioco clandestino. Di Stefano avrebbe proseguito nell’opera di riassetto della struttura organizzativa di “Cosa Nostra” già avviata dall’architetto Giuseppe Liga. In tale contesto si è affermata, a seguito della scarcerazione avvenuta nel mese di aprile 2010, l’indiscussa leadership di Giulio Caporrimo già fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo. Questa operazione di riassetto è avvenuta mediante numerose riunioni di vertice, nelle quali Caporrimo si proponeva come elemento di sintesi tra i reggenti degli altri mandamenti mafiosi cittadini.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.