mercoledì 24 febbraio 2016

IL 74% DELLA POPOLAZIONE VIVE IN PAESI DOVE NON C'E' LIBERTA' DI RELIGIONE

 l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce il diritto alla libertà religiosa, nonché quello di cambiare religione o di rinunciare alla religione; tuttavia in numerosi Stati tra quelli che hanno sottoscritto tale dichiarazione un credo diverso da quello imposto o maggioritario e l'apostasia sono puniti con la morte, la persecuzione, l'isolamento e la degradazione sociale;
oggi circa il 74 per cento della popolazione mondiale (quasi 5,3 miliardi di persone) vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Recenti studi dimostrano che circa i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
in questa fase storica i cristiani sono perseguitati, e i numeri delle persecuzioni sono incredibili. Siamo ad un livello ben superiore rispetto a quello che è accaduto durante l'impero romano; secondo il Center for the study of global christianity di South Hamilton, nel Massachusetts (centro che è alle origini delle statistiche sul numero di aderenti alle varie religioni usate da un gran numero di università nonché da chiese e comunità religiose) su scala internazionale, il numero dei cristiani uccisi, in quanto tali, tra il 2000 e il 2010 è stato di circa un milione, 100.000 all'anno;
il divieto di cambiare religione è tuttora in vigore in 39 Paesi, la quasi totalità dei quali seduti nel consesso dell'Onu; per la legge islamica radicale, la sharia, l'apostasia è punita con la morte; la sharia si sta imponendo in un numero crescente di Stati, senza che alcun organismo dell'Onu rilevi la contraddizione (per non dire l'impossibilità) di sedere in tale consesso in presenza di norme statuali che violano i diritti fondamentali dell'uomo;
in alcuni Paesi, quali ad esempio l'India o il Pakistan (ma il fenomeno sta dilagando anche in altre parti dell'Asia e in Africa), sono oggetto di aggressione ormai quotidiana e di
conversione forzata tutte le minoranze che non siano di religione islamica o induista; il fenomeno si sta concentrando soprattutto sulle giovani donne, che sono strappate alle loro famiglie, convertite sotto minaccia di morte e fatte sposare a islamici o induisti contro la loro volontà; questo denota una volontà genocida del tutto assimilabile a quella nazista nei confronti delle minoranze religiose; a dispetto, a parere dell'interpellante, dei vaniloqui delle femministe italiane, l'unica denuncia, l'unico sostegno materiale, l'unica tutela legale per queste sventurate proviene dalle chiese cristiane; in casi clamorosi, che non possono essere ignorati, come quello delle 200 studentesse cristiane rapite in Nigeria, l'Occidente mostra tutta la sua incapacità ad agire, limitandosi a vaniloqui pseudo femministi;
in alcune aree di diversi Paesi del mondo arabo (tra cui Egitto, Iraq e Siria) gli estremisti pretendono dai cristiani il pagamento della jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l'impero ottomano e i non musulmani sono considerati cittadini di seconda classe; nei libri scolastici dell'Arabia saudita i cristiani sono demonizzati, mentre in
quelli del Pakistan è lecito ucciderli;
la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento; nelle aree dell'Iraq e della Siria dove l'ISIS ha proclamato il Califfato, si è giunti a crocifiggere i cristiani, secondo il precetto contenuto nel versetto 33 della Sura coranica "La tavola imbandita";
né tale persecuzione si limita ai Paesi del terzo Mondo: è esplosa anche nei Paesi nominalmente cristiani, anche se non sotto forma di assassinio: il 74 per cento degli interpellati nel Regno Unito afferma che c'è una discriminazione dei cristiani, l'84 per cento del vandalismo religioso in Francia ormai è diretto verso luoghi di culto e in Scozia il 95 per cento delle violenze a sfondo religioso ha come obiettivo i cristiani;
nel nostro stesso Paese la chiesa cattolica è percepita, anche in forza di una martellante subcultura che impera nella politica nei mass media, come retrograda, antifemminista e omofoba ed è oggetto di derisione, se non di aggressione, da gruppi di presunti progressisti che sistematicamente prendono le parti dell'ateismo se non addirittura di quello che dovrebbe essere a parere dell'interpellante il loro peggior nemico: l'Islam radicale; tutto questo nonostante l'evidenza del fatto che in aree del mondo ben più vaste della nostra piccola Europa, i cristiani rappresentino l'unica difesa fisica e l'unica tutela legale e materiale per le donne e gli omosessuali;
nel corso degli anni gli atti parlamentari di indirizzo si sono rivelati del tutto insufficienti; le poche azioni poste in essere, deboli e inefficaci; gli impegni sino ad oggi adottati inconsistenti e improduttivi. L'espressione usata sovente negli atti "a mettere in atto ogni utile iniziativa diplomatica al fine di contrastare con efficacia i soprusi perpetrati" si è rivelata insignificante;
nel corso dello stanco e distratto dibattito sulle mozioni per il contrasto alle persecuzioni religiose anticristiane, tenutosi l'1 e 2 luglio del 2014 presso la Camera dei deputati (sedute n. 254 e n. 255), il Governo ha chiesto di sopprimere, ovunque ricorresse nei testi da approvare, la parola "cristianofobia", nonostante essa sia citata più volte nei testi ufficiali da Papa Benedetto XVI e sia stata adottata dall'Onu dal 2003 e dal Parlamento europeo dal 2007;
in sede di dichiarazione di voto in un intervento si è giudicato "odioso" il principio di reciprocità, che è principio riconosciuto e basilare del diritto internazionale e nonostante il fatto che una delle mozioni di maggioranza chiedesse quanto di più ovvio e cioè "affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose";
a seguito della strage davanti a una chiesa copta del 1° gennaio 2011 in Egitto, numerosi esponenti del partito democratico alla Camera sottoscrissero un atto di indirizzo in cui si chiedeva tra l'altro al Governo di promuovere in sede ONU una Conferenza internazionale sulla libertà religiosa e nello stesso ambito sollecitare la creazione di organismi in grado di monitorare le persecuzioni religiose, adottando le necessarie misure di diritto internazionale per contrastarle,
si chiede di sapere:
se il Governo non ritenga opportuno promuovere un'azione politica coordinata e concertata con la Santa Sede per il contrasto alla persecuzione dei cristiani nel mondo ed alla cristianofobia nei Paesi occidentali;
se non ritenga di attivarsi per l'adozione, con criteri di sistematicità degli strumenti diplomatici della nota di proteste e del richiamo dell'ambasciatore in relazione ad ogni episodio di persecuzione dei cristiani che si verifichi nei Paesi che siedono nelle Nazioni unite, nonché tutti gli strumenti di pressione bilaterale e multilaterale;
se non ritenga opportuno richiedere, nelle sedi internazionali competenti, che si usi ogni mezzo possibile al fine di tutelare i cristiani nelle aree del Medio Oriente e dell'Africa e la creazione di aree cuscinetto;
se non reputi necessario denunziare in sede Onu, anche con la presentazione di dettagliati dossier, tutti gli Stati che non rispettino l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani sul diritto alla libertà religiosa, chiedendo nei loro confronti opportune sanzioni qualora non rimuovano dai loro ordinamenti le norme che la ostacolano.

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