domenica 22 gennaio 2012

LA BUFALA DELLE LIBERALIZZAZIONI DEL GOVERNO MONTI

   La società italiana è frutto di una secolare stratificazione figlia peraltro della cultura latino-mediterranea che è ben diversa da quella dei paesi del nord Europa che trova radici importanti nella riforma protestante. In ogni caso, il risultato di cui abbiamo goduto è stato anche una società-modello che ha consentito al nostro paese di progredire e nel quale si sono creati degli equilibri consolidati che hanno  comunque garantito sistemi di riferimento.
  Oggi ho l’impressione che si voglia destrutturare il modello senza averne immaginato uno sostitutivo. Fermo restando che si è pronti a discutere punto su punto nel merito di ogni singola questione accettando dialetticamente confronto su qualsiasi tema, sono convinto che vada fermamente respinta l’idea che una destrutturazione disordinata, e forse interessata a favorire inconfessabili lobby possa fare il bene del Paese; specie in momento di grave crisi, non si può abbattere l’esistente che comunque ha garantito e garantisce funzionalità, con l’aspettativa di ottenere chissà quali risultati. Il rifugiarsi dietro l’idea della sacralità del mercato non convince per nulla, e per questo riteniamo che oggi il termine più abusato sia “liberalizzazione”.
   Sostenere che in Italia il sistema di accesso alle professioni sia bloccato è falso se non addirittura ridicolo. Il prof. Monti sa bene che gli avvocati iscritti al solo Foro di Roma o di Napoli sono più numerosi di quelli esercenti in tutta la Francia, che gli architetti italiani non sono raggiunti per numero nemmeno dalla somma degli architetti spagnoli, portoghesi, francesi e di qualche altro Paese ancora, semmai il problema delle professioni, proprio nell’interesse dell’utente e delle istituzioni è ben altro: garantire un livello adeguato di preparazione professionale cui possa corrispondere una adeguata qualità della prestazione d’opera intellettuale. Evidentemente di questo non si parla perché è un tema scomodo e aprirebbe una riflessione sulla dequalificazione, dagli anni 70 ad oggi della scuola e dell’università italiana.
  Gabellare poi che il problema dell’Italia siano i tassisti i quali danneggerebbero gli interessi degli utenti, è più una battuta carnascialesca che un argomento dimostrabile: sappiamo tutti nel merito che le tariffe dei tassisti sono controllate e imposte dai comuni e che quindi un maggior numero dei tassisti non porterebbe una riduzione delle stesse.
I veri problemi del Paese sono ben altri: costi dell’energia, il costo del lavoro, il peso della burocrazia.
   A proposito di quest’ultima, la vera e propria liberalizzazione dovrebbe essere la riduzione dei gravami che opprimono i cittadini: decine e centinaia di formalità, formalismi, adempimenti, autorizzazioni che rendono impossibile la vita di privati ed imprese e che molto spesso si traducono in pretesti per vassallaggi che scadono nell’abuso e nel reato. Mi viene da pensare che la nostra non sia una repubblica e nemmeno una monarchia (nelle monarchie comunque, il sovrano stabiliva regole e controlli) ma un sistema in cui tutti i detentori di un ruolo vero o presunto trasformano lo stesso in un potere che li fa caricaturalmente sentire, dei piccoli signori feudali assoluti, con potere di vita e di morte nei confronti del cittadino-servo almeno nell’ambito delle loro competenze.
   Dopo la criminalità organizzata è questa la vera e propria emergenza del Paese. Monti lo sa bene, agisca!

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