Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge: (2483)
Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il
completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo
ILVA
MARINELLO (AP (NCD-UDC)).
Signora Presidente, siamo
all'esame dell'ennesimo decreto-legge riguardante la questione dell'ILVA e
questo fatto è, già di per sé, assolutamente anomalo.
I contenuti del decreto-legge sono stati ampiamente illustrati in
discussione generale. Il decreto sinteticamente riguarda la questione delle
procedure di cessione a terzi, affronta i diritti essenziali della tutela della
salute, della tutela dell'ambiente e della tutela del lavoro. Cura, tra
l'altro, con particolare attenzione la questione della restituzione degli
importi erogati e, quindi, in un certo qual modo, avvia e rafforza quelle
procedure che sono tendenti all'affidamento a terzi dello strategico impianto
sotto forma di vendita, di affitto o di cessione di altra natura. L'obiettivo
fondamentale nell'interesse del Paese credo sia quello di avviare una seria
riconversione e rimodernizzazione degli impianti, curando evidentemente in
maniera particolare i principi della tutela della salute e dell'ambiente e,
ovviamente, la salvaguardia e le garanzie occupazionali che devono riguardare
non soltanto gli occupati dell'ILVA, ma anche di tutte le aziende che lavorano
nell'indotto.
Questo è in spiccioli il contenuto sostanziale del decreto-legge.
Non posso che anticipare il voto favorevole del mio Gruppo, perché ci rendiamo
conto che oggi la questione dell'ILVA è arrivata ad un punto di non ritorno e,
quindi, evidentemente, bisogna continuare ad affrontarla e gestirla proprio
perché un complesso così grande, il più grande complesso siderurgico d'Italia,
il complesso siderurgico più importante d'Europa non può assolutamente essere
mandato al macero.
Detto questo, vanno pur fatte alcune riflessioni. Innanzitutto una
prima riflessione che bisogna fare è che la politica e il Parlamento non si
sono mai interrogati e non si sono mai dati una risposta compiuta sulla
questione ambientale di Taranto; una questione ambientale che non è ascrivibile
esclusivamente o principalmente agli impianti dell'ILVA e, devo anche dirlo,
pur in contro tendenza con la maggior parte dei presenti, alla famiglia Riva.
Intanto ricordo a me stesso che quando questo gruppo industriale
venne consegnato dall'Italsider alla famiglia Riva, esso non era dal punto di
vista tecnologico e ambientale il migliore impianto d'Europa. Quindi,
evidentemente, si partiva già da una situazione ambientale e gestionale
gravemente compromessa. Abbiamo però anche il dovere di dire e di riconoscere
che oggi la questione ambientale di Taranto riguarda altre aziende importanti
come l'ENI, ma riguarda anche lo Stato italiano perché, prima o poi, ci
dobbiamo interrogare sulla gestione del bacino militare, gestito dalla Marina
militare; ci dobbiamo interrogare prima o poi anche sulla gestione di quella
cantieristica militare e, quindi, di quella attività di ricovero e demolizione
dei natanti militari che viene gestita dal Ministero della difesa. Pertanto,
affrontare la questione ambientale di Taranto, ascrivendola esclusivamente all'ILVA,
è sicuramente un errore.
Non possiamo poi sottacere anche una nostra nota critica perché
evidentemente, pur nella positività di questo decreto-legge che andremo a
votare, dobbiamo riconoscere che è arrivato il momento di affrontare in maniera
definitiva e ultimativa le questioni dell'ILVA e di Taranto. Infatti, tutto
sommato, abbiamo composto una serie di atti consequenziali l'uno con l'altro,
ma sicuramente parziali, mentre, a mio avviso, si sarebbe dovuta affrontare la
questione in maniera complessiva.
Le lacune di questo provvedimento non sono evidenziate soltanto da
noi, ma anche a livello europeo. Sappiamo, infatti, che c'è una seria e forte
indagine della Commissione europea che riguarda principalmente due aspetti.
Riguarda il tema degli aiuti di Stato perché c'è il fondato sospetto che queste
successive erogazioni e, in particolare, l'ultima erogazione da 300 milioni
potrebbe anche non essere restituita e quindi potrebbe anche gravare
definitivamente sulle casse dell'erario, senza sciogliere i nodi dell'aiuto di
Stato. C'è anche un'approfondita indagine dell'Unione europea sulle tematiche
ambientali, in quanto quelle oggi presenti a Taranto e nello stabilimento
dell'ILVA sono di tale portata da meritare un'attenzione di tal genere.
Soprattutto l'Unione europea ci chiama a risolvere la questione fondamentale
che risponde al noto principio del chi inquina paga. Chi allora deve pagare
l'inquinamento e il disastro ambientale prodotti nell'arco di questi decenni in
quel sito industriale? Chi dovrà affrontare tale questione se, come dicevo
prima, il disastro ambientale è datato, trae le sue origini dalla gestione
Italsider, è continuato sotto la gestione privata del Riva e non è stato
risolto dalle gestioni commissariali che, tra l'altro, hanno ottemperato a
norme di legge e hanno lavorato grazie ad un mandato del Governo e del
Parlamento? È una questione molto complessa e articolata che si complica
ulteriormente perché c'è la reale perplessità che un'insolvenza dell'azienda
possa mettere a repentaglio la restituzione dei 300 milioni.
L'altra questione fondamentale che induce a particolare prudenza è
relativa alle immunità. Se, da un lato, ci convince l'idea che, di fronte ad
una situazione straordinaria, possa essere assunta una decisione straordinaria,
ovvero quella di conferire un livello di immunità penale a chi dovrà gestire
per i primi tempi l'impianto, andando in deroga alle procedure non solo di
natura ambientale, ma anche alle rifluenze di natura penale, ci sorprende che,
dall'altro, non si sia posto un limite o non si sia definito meglio il confine
di questa immunità. Oggi non siamo in grado di stabilire per quale periodo, per
quante persone e per chi vada esteso questo criterio dell'immunità. Riguarderà
soltanto l'acquirente, solo l'amministratore delegato o gli eventuali esecutori
di disposizioni altrui? Riguarderà 20 o 30 persone? Di fatto, stiamo
introducendo un istituto giuridico assolutamente innovativo che io non critico
nel principio, ma che, a mio avviso, si sarebbe dovuto scrivere in maniera
diversa. La storia di questo decreto-legge è conosciuta. È un decreto-legge
tenuto a lungo in un ramo del Parlamento. Questioni come queste non sono state
affrontate e altre ne sono state introdotte. Mi riferisco a un emendamento,
inserito in sede di conversione alla Camera dei deputati, che pone un'attività
di monitoraggio e di mappatura dei rifiuti pericolosi e radioattivi in capo
alla gestione commissariale senza affrontare la questione della relativa
copertura finanziaria. Da questo punto di vista abbiamo anche delle perplessità
sulla legittimità di questo decreto-legge che almeno per questo profilo
specifico, potrebbe essere privo della debita copertura finanziaria.
Oggi abbiamo il dovere di rappresentare queste perplessità al
Parlamento e al Paese. In ogni caso, annunzio il voto favorevole perché, nel
calcolo del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, ci rendiamo conto che è
necessario continuare sulla strada che il Parlamento e i Governi che si sono
susseguiti hanno intrapreso da tempo. Facendo parte di una maggioranza, ci
rendiamo conto che, talvolta, il dovere e le responsabilità ci fanno fare delle
cose anche se non ci piacciono. (Applausi dal Gruppo AP (NCD-UDC)).
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