domenica 12 ottobre 2014

MARSALA: CONVEGNO ROTARY, MEDITERRANEO UNITO

Mi preme da subito sottolineare un aspetto strettamente legato alla tutela delle risorse ambientali, turistiche e culturali del Mar Mediterraneo, quello delle attività di esplorazione finalizzate alla scoperta di giacimenti petroliferi e di idrocarburi che comporta per sua natura operazioni invasive dei fondali e degli ambienti marini. Su questo tema sono particolarmente impegnato dapprima come "siciliano" e istituzionalmente come Presidente della Commissione Ambiente del Senato. Mi permetto per questo di segnalare, in questa sede, la fervente attività parlamentare svolta fino ad oggi a tutela della Sicilia e di tutto il Mar Mediterraneo.

Già nella scorsa legislatura mi sono occupato della tutela dell'ambiente marino avanzando una proposta di legge specifica sull'argomento. Impegno che sto proseguendo come dicevo anche in veste di Presidente della Commissione Ambiente. In apertura di questa legislatura infatti ho già presentato un disegno di legge avente per oggetto "il ripristino del divieto di prospezioni petrolifere entro il limite di 12 miglia marine dalla costa" e avviato anche una approfondita indagine conoscitiva sugli impatti prodotti sull'ambiente marino dalle attività di prospezione.

         Inoltre il Senato,  il 2 aprile u.s., ha approvato a grandissima maggioranza un ordine del giorno assai articolato che ho presentato in Aula come Presidente della Commissione Ambiente, in materia di perforazione dei fondali marini per la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi, che tende fondamentalmente a limitarne l'azione nelle zone di pregio. Desidero sottolineare innanzitutto la forte e positiva convergenza di gran parte dei Gruppi parlamentari, anche dell’opposizione. E peraltro, sul testo approvato il Governo ha espresso parere favorevole, condividendone lo spirito e il contenuto.

Per rendere ancora più completa ed efficace l'attività di indagine che sto svolgendo in qualità di Presidente della Commissione Ambiente, lo scorso 6 ottobre ho effettuato un sopralluogo, con l'ausilio della Guardia Costiera, presso la Piattaforma "Prezioso" per accertarmi personalmente della regolarità nello svolgimento delle attività da parte dell'ENI, attività indirizzate non soltanto all'estrazione di idrocarburi ma anche e soprattutto a rispetto degli standard di sicurezza e tutela del patrimonio di biodiversità dell'ambiente marino.
 E' mia intenzione futura proseguire, insieme agli altri Senatori componenti della Commissione Ambiente, ad effettuare "sopralluoghi" presso le altre piattaforme presenti davanti le coste siciliane.

         Lo straordinario valore del Mediterraneo, dal punto di vista naturalistico, storico-archeologico e culturale, le ineguagliabili qualità dei nostri ecosistemi marini, sono alla base, solo se adeguatamente salvaguardati e attentamente valorizzati, delle fondamentali economie mediterranee, che nella considerazione, da un lato, della loro ultrasecolare attività e, dall'altro, dello svilupparsi di nuove forme di economia legate ad un razionale, corretto e moderno uso della "risorsa mare" costituiscono una fondamentale ed avvertita "speranza" per il futuro delle giovani generazioni.

         Il Canale di Sicilia è uno dei mari a più alta biodiversità del Mediterraneo grazie a una serie di complessi processi oceanografici che influiscono sulla produttività delle sue acque. In questa zona sono connessi tra loro il bacino occidentale del Mediterraneo con quello orientale. L’intensa circolazione insieme alla complessa topografia del fondale caratterizzata da isole e montagne sottomarine che mantengono elevati i livelli di produttività contribuiscono a creare modelli unici di biodiversità. Dalle grandi foreste di gorgonie e coralli di profondità, che vivono su fondali rocciosi e ospitano una ricchissima fauna, a fondali più fangosi, importanti per la riproduzione di specie ittiche d’interesse commerciale, il Canale di Sicilia rappresenta un’area unica in tutto il Mediterraneo. È inoltre numeroso il transito di esemplari di specie vulnerabili o a rischio di estinzione.

A distanza di tempo è ancora vivo il ricordo di ciò che accadde nel Golfo del Messico qualche tempo fa e le spaventose conseguenze che generò a causa del guasto alla piattaforma Deepwater Horizon e l’idea che lo stesso episodio possa accadere nei nostri mari, causando danni ambientali sicuramente ancor più devastanti, ci induce alla massima prudenza nell’autorizzare nuove attività di prospezione e perforazione in zone particolarmente delicate come, nel caso specifico, quella del canale di Sicilia e di tutto il Mar Mediterraneo. La forte preoccupazione nasce anche dal fatto che il Mediterraneo è un mare piccolo e semichiuso, con proprie ed originalissime caratteristiche e paradossalmente in questo straordinario patrimonio dell'intera umanità, che ha una dimensione inferiore all'1 per cento dei mari del mondo, già grava il transito del 25 per cento del traffico mondiale di idrocarburi, di cui solamente un terzo destinato ad approdi e quindi a consumi mediterranei: 400 milioni di tonnellate annue di idrocarburi con una presenza giornaliera di 300 petroliere, in condizioni di funzionamento e operatività spesso intollerabili. A seguito di sinistri e incidenti marittimi, operazioni ordinarie per il trasporto di idrocarburi (scarico e carico, allibo, bunkeraggio, eccetera), operazioni illegali (lavaggio cisterne e scarico delle acque di sentina), attività di ricerca e sfruttamento dei giacimenti sottomarini, finiscono in mare centinaia di migliaia di tonnellate di idrocarburi e dato ancor più allarmante è quello che il Mar Mediterraneo attualmente è nel mondo il mare più inquinato da idrocarburi, con una densità media di catrame pelagico di 38 milligrammi per metro quadro, quattro volte superiore a quella del mar dei Sargassi al secondo posto (10 milligrammi per metro quadro) e oltre dieci volte rispetto alla media degli altri mari del mondo ! Non si può di certo trascurare l’alto profilo di grande sensibilità per l'equilibrio ambientale del Mediterraneo, a cominciare da quello della corretta disciplina dei traffici, da quelli degli scarichi dei grandi centri urbani e degli agglomerati industriali, dell'impatto di ogni altra attività antropica. Per questo motivo lo straordinario ed unico concentrato di tesori che vi è contenuto, esige un impegno più forte e più coerente rispetto all'ineludibile necessità di apprestare un sistema di regole, limitazioni e divieti effettivamente in grado di proteggere il nostro mare da un rischio il cui concretizzarsi ne minerebbe la sopravvivenza stessa. Nel caso specifico la consapevolezza dei gravissimi pericoli connessi alle attività di estrazione offshore nel Mediterraneo, e non solo, induce a guardare con grande attenzione all’impatto delle proposta del Primo Ministro Renzi di raddoppiare le trivellazioni in Italia, come del resto fece il Governo Monti con l'emanazione del decreto del 27 dicembre 2012. Quel testo aveva esteso l’area per la ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi al largo delle coste della Sicilia rischiando di compromettere il delicato equilibrio geologico di questa area che grazie all’ampliamento della zona “C” previsto nel testo apriva, con viva preoccupazione, alla ricerca e alla coltivazione degli idrocarburi in mare, ricomprendendo il mare tutto attorno alla nostra Isola in particolare nella parte meridionale ed il Banco Graham e l’adiacente porzione del Vulcano Empedocle. In particolare l’area del Canale di Sicilia interessata da questo vulcanismo è un’area sismogenetica che arriva a lambire la costa siciliana tra Sciacca e Selinunte e prosegue nella Valle del Belice. Sono noti diversi terremoti storici anche di grande intensità che hanno prodotto tsunami nel 1727 e nel 1817. Infatti, l’attività sismica nell’area risulta piuttosto vivace anche se i terremoti recenti sono di bassa magnitudo. Come riportato nei cataloghi sismici strumentali, l’ultimo evento di maggior magnitudo (4.3 Scala Richter) è avvenuto il 10 aprile 2007 di fronte a Sciacca. In tempi più recenti, tra febbraio e aprile 2011, è stata inoltre registrata una sequenza sismica localizzata tra la costa siciliana e Malta, la cui magnitudo massima ha raggiunto il valore di 4.1. Il Banco Graham, che ha formato l’effimera isola Ferdinandea a circa 25 miglia a sud ovest di Sciacca durante l’eruzione del 1831, rappresenta l’unico vulcano italiano attivo in tempi storici ancora quasi completamente sconosciuto, che manca di un sistema minimo di monitoraggio, e del quale non si conosce al momento quale sia il suo stato di attività. Il Canale di Sicilia, attualmente, è monitorato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia mediante 3 stazioni localizzate nelle isole di Pantelleria, Lampedusa e Malta, e da quelle lungo la costa siciliana. Complessivamente, le stazioni permanenti operanti in tutto il settore meridionale della Sicilia, sono ad oggi 11. Da questa puntuale descrizione tecnica si desume l’assoluta inopportunità a proseguire e autorizzare nuove trivellazioni nella zona.

Al di là del mio impegno personale a salvaguardia del nostro territorio credo comunque siano necessarie delle considerazioni politiche da farsi sul futuro di questo nostro Paese, che forse può trarre più chances dalla cura delle nostre straordinarie ricchezze naturali, paesaggistiche e culturali tralasciando così un modello industrialistico che fa acqua da tutte le parti: noi abbondiamo di ricchezze naturalistiche irripetibili, dall’inestimabile valore di mercato mentre la nostra industria è avviata verso un declino ormai ineludibile. Lo sviluppo sostenibile, chiave di volta del progresso tecnologico del nuovo secolo, impone un rapido cambiamento e una riconversione dei metodi tecnologici delegando alle scienze chimiche il compito di giocare un ruolo primario nella riconversione di vecchie, obsolete e talvolta pericolose pratiche, come ad esempio quella delle trivellazioni petrolifere, in nuovi processi puliti e nella progettazione di nuovi prodotti e nuovi processi eco-compatibili. La consapevolezza del fatto che l'inquinamento non conosce confini nazionali, particolarmente quello dell'aria e dell'acqua, richiede sempre più l'adozione di politiche di controllo internazionalmente accettate. Ricordiamo che le scorte di combustibili fossili non sono eterne e queste nuove tecnologie potrebbero ridurre i consumi e gli sprechi energetici nell'eseguire i processi industriali, utilizzando fonti energetiche rinnovabili per il funzionamento degli impianti industriali. Altra considerazione da farsi sulla proposta di istituzione di  "aree protette di alto mare" è che hanno, dati oggettivi alla mano, costi proibitivi, di gestione e sorveglianza, e comunque necessitano di un’adeguata ponderazione circa i regimi giuridici da applicare fuori dalle acque territoriali.

         La Sicilia è focal point di una convenzione tra le nostre regioni dello Ionio e del Sud Italia con il Ministero dell’ambiente, per l’attuazione della Marine Strategy (che scaturisce dalla Direttiva comunitaria 56/2008/CE); in quella veste la Regione deve farsi promotrice del più ampio coinvolgimento degli attori della società civile e dell’economia meridionale, anche allacciando sinergie e rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, per tracciare modelli di sviluppo ecocompatibili a tutela del più grande tesoro che ci accomuna in pace con tutte le popolazioni di questo nostro straordinario bacino, il mare.  

Conseguentemente è evidente l'urgenza per il nostro Paese, di avviare, anche nelle sedi internazionali e comunitarie, idonee iniziative politiche, normative ed amministrative per definire più severe regolazioni, strumentazioni e capacità di intervento a fronte dei pesantissimi rischi connessi alle diverse attività di ricerca, coltivazione e trasporto via mare di idrocarburi, non sull'onda dell'emozione per i tristi accadimenti passati, ma per l'amara consapevolezza che, nel nostro piccolo e già inquinato mare, un analogo accadimento ne decreterebbe la morte definitiva con la conseguente crisi irreversibile delle principali economie mediterranee.

Queste considerazioni e queste proposte sicuramente non collimano con le finalità di settori portatori di specifici settoriali e non irrilevanti interessi economici. Non si tratta dunque di aprire una "guerra" contro qualcuno ma soltanto di invitare i decisori alla ragionevolezza, per non dimenticare mai che il patrimonio del Mar Mediterraneo, nella sua integrità ambientale, costituisce un interesse primario non solamente delle popolazioni che su quel mare si affacciano e vivono, ma anche delle imprese che vi operano a vario titolo. Le misure di cautela e di prevenzione che auspico, e che dovrebbero essere definite e calibrate sulla base del doppio criterio della ragionevolezza e dell'effettiva efficacia rispetto allo scopo, possono comportare forse oneri e disagi, ma comunque certamente inferiori a quelli che la comunità nazionale ed internazionale non potrebbe fare a meno di sostenere ed imporre in caso di eventi traumatici che dovessero verificarsi a causa della irresponsabile scelta di adagiarsi oggi in una posizione di inerte attendismo ovvero di limitarsi ad adottare misure inadeguate ed insufficienti.


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