Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
- Per sapere - premesso che:
I lavoratori socialmente utili o Lsu sono nati come una politica attiva del lavoro nel nostro Paese, basati sulla partecipazione ad iniziative di pubblica utilità limitate nel tempo per soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro. I lavori socialmente utili nacquero nei primi anni Novanta per utilizzare i lavoratori espulsi dalle medie e grandi imprese ai quali veniva erogata la CIGS (Cassa integrazione guadagni straordinaria) dalle casse statali (all'epoca circa 850.000 lire mensili). Si decise quindi di adibire tali lavoratori ad attività rivolte alla collettività presso i comuni di residenza, utilizzandone le professionalità e capacità lavorative. In seguito i lavori socialmente utili sono stati estesi anche ai lavoratori in mobilità ed ai disoccupati di lunga durata;
con il decreto legislativo del 1dicembre 1997, n. 468 si introdussero i concetti di «stabilizzazione» al fine di «svuotare» il bacino dei lavoratori socialmente utili che, nel frattempo, si era notevolmente accresciuto; la normativa, nell'ottica di un stabilizzazione, prevedeva due alternative: l'assunzione diretta attraverso una percentuale di riserva obbligatoria in caso di avviamenti a selezione presso gli enti utilizzatori; l'assunzione in società private (cooperative e convenzionate in deroga alle leggi di evidenza per le gare di appalto che ottenevano la gestione dei servizi sui quali operavano i lavoratori socialmente utili che venivano così esternalizzati e privatizzati). Su questa opzione si sono distinte le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni sindacali confederali, preferendo in generale la strada dell'esternalizzazione dei servizi in appalto protetto; si sono create così situazioni per cui gli lavoratori socialmente utili venivano utilizzati non come lavoratori di supporto, bensì per sopperire a vere e proprie carenze di organico, percependo un esiguo assegno erogato dallo Stato; ciò ha favorito l'avvento degli appalti di pulizia nelle scuole: si è infatti preferito concedere sgravi fiscali e contributivi e contributi economici tramite affidamento, in spregio a qualsiasi normativa europea e nazionale, a quattro consorzi di ditte e coop, in nome della stabilizzazione, mai avvenuta, dei lavoratori socialmente utili; occorre inoltre ricordare che una parte di lavoratori socialmente utili si è vista costretta ad accettare contratti precari (co.co.co) a termine, che hanno reso ancora più difficile la loro situazione;
tra il marzo e il maggio del 2000, a seguito e per effetto del trasferimento di competenze, i lavoratori lavoratori socialmente utili che operavano nelle scuole sono stati «spostati» dagli enti locali (sino ad allora enti utilizzatori) ai provveditorati agli studi (oggi uffici scolastici provinciali) che hanno gestito fino al luglio 2001 il servizio di pulizie ed attività ausiliare inquadrando il personale lavoratori socialmente utili con le qualifiche di «collaboratore scolastico»; il trasferimento di competenze avrebbe potuto aprire una strada privilegiata per l'assunzione diretta negli organici statali consentendo di sanare una situazione divenuta inaccettabile e di stabilizzare realmente gli organici uniformando il regime delle assunzioni;
la stabilizzazione non si è realizzata nonostante l'articolo 45, comma 8, della legge n. 144 del 1999, infatti, prevedesse che ai lavoratori socialmente utili assoggettati alla disciplina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, è riservata una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti a selezione di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni; il persistere dell'esternalizzazione comporta in realtà sprechi di denaro pubblico.
se il Ministro non ritenga opportuno prevedere l'effettiva stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili attraverso il riconoscimento del servizio e l'inserimento nelle graduatorie e negli organici ATA;
se non ritenga opportuno predisporre un tavolo tecnico, con la partecipazione delle parti interessate, al fine di addivenire alla internalizzazione del servizio, con il riconoscimento delle professionalità acquisite e le mansioni effettivamente svolte in tanti anni dagli ex lavoratori socialmente utili in qualità di collaboratori scolastici.
con il decreto legislativo del 1dicembre 1997, n. 468 si introdussero i concetti di «stabilizzazione» al fine di «svuotare» il bacino dei lavoratori socialmente utili che, nel frattempo, si era notevolmente accresciuto; la normativa, nell'ottica di un stabilizzazione, prevedeva due alternative: l'assunzione diretta attraverso una percentuale di riserva obbligatoria in caso di avviamenti a selezione presso gli enti utilizzatori; l'assunzione in società private (cooperative e convenzionate in deroga alle leggi di evidenza per le gare di appalto che ottenevano la gestione dei servizi sui quali operavano i lavoratori socialmente utili che venivano così esternalizzati e privatizzati). Su questa opzione si sono distinte le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni sindacali confederali, preferendo in generale la strada dell'esternalizzazione dei servizi in appalto protetto; si sono create così situazioni per cui gli lavoratori socialmente utili venivano utilizzati non come lavoratori di supporto, bensì per sopperire a vere e proprie carenze di organico, percependo un esiguo assegno erogato dallo Stato; ciò ha favorito l'avvento degli appalti di pulizia nelle scuole: si è infatti preferito concedere sgravi fiscali e contributivi e contributi economici tramite affidamento, in spregio a qualsiasi normativa europea e nazionale, a quattro consorzi di ditte e coop, in nome della stabilizzazione, mai avvenuta, dei lavoratori socialmente utili; occorre inoltre ricordare che una parte di lavoratori socialmente utili si è vista costretta ad accettare contratti precari (co.co.co) a termine, che hanno reso ancora più difficile la loro situazione;
tra il marzo e il maggio del 2000, a seguito e per effetto del trasferimento di competenze, i lavoratori lavoratori socialmente utili che operavano nelle scuole sono stati «spostati» dagli enti locali (sino ad allora enti utilizzatori) ai provveditorati agli studi (oggi uffici scolastici provinciali) che hanno gestito fino al luglio 2001 il servizio di pulizie ed attività ausiliare inquadrando il personale lavoratori socialmente utili con le qualifiche di «collaboratore scolastico»; il trasferimento di competenze avrebbe potuto aprire una strada privilegiata per l'assunzione diretta negli organici statali consentendo di sanare una situazione divenuta inaccettabile e di stabilizzare realmente gli organici uniformando il regime delle assunzioni;
la stabilizzazione non si è realizzata nonostante l'articolo 45, comma 8, della legge n. 144 del 1999, infatti, prevedesse che ai lavoratori socialmente utili assoggettati alla disciplina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 1 dicembre 1997, n. 468, è riservata una quota del 30 per cento dei posti da ricoprire mediante avviamenti a selezione di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni; il persistere dell'esternalizzazione comporta in realtà sprechi di denaro pubblico.
se il Ministro non ritenga opportuno prevedere l'effettiva stabilizzazione degli ex lavoratori socialmente utili attraverso il riconoscimento del servizio e l'inserimento nelle graduatorie e negli organici ATA;
se non ritenga opportuno predisporre un tavolo tecnico, con la partecipazione delle parti interessate, al fine di addivenire alla internalizzazione del servizio, con il riconoscimento delle professionalità acquisite e le mansioni effettivamente svolte in tanti anni dagli ex lavoratori socialmente utili in qualità di collaboratori scolastici.
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