I sottoscritti «Marinello, Gioacchino Alfano, Pagano, Brunetta, Germanà, Baldelli, Garagnani, Romele, Mantovano, Marsilio»
chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
sta arrivando in questi giorni a numerosi contribuenti, una lettera datata 28 maggio 2012, sottoscritta dal direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, ma redatta dall'ufficio persone fisiche della direzione centrale accertamento, con la quale si richiede a ciascun contribuente interpellato di giustificare talune spese, giudicate dall'ufficio non congrue con i redditi dichiarati;
si richiede al contribuente di dimostrare che la quota di spese eccedenti per almeno un quinto il reddito complessivo dichiarato nel 2011 (e quindi relativo all'anno 2010) sia stata finanziata con redditi diversi da quelli dichiarati sul modello Unico e cioè con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile;
in sostanza i dati delle dichiarazioni del contribuente, confrontati con gli altri dati che lo riguardano, derivanti dall'esame dei conti correnti, dei contratti registrati, delle utenze, dei contributi previdenziali; o di somme ad altro titolo pagate, non risultano congrui; di conseguenza l'ufficio, in presenza di spese superiori del 20 per cento al reddito dichiarato, procede all'accertamento sintetico del reddito complessivo e alla conseguente maggiorazione delle imposte (più sanzioni, interessi ed aggio), salvo ravvedimento operoso;
è praticamente inutile osservare, in questa fase economica, che la pervasività dell'attuale sistema dei controlli automatici in ambito fiscale non ha eguali in ambito penale; tuttavia, è una stortura a cui occorrerà porre rimedio se non si vuole che le tensioni sociali, contro un sistema fiscale che la gran parte dei cittadini considera opprimente, sfocino in aperta ribellione;
ciò premesso, è assolutamente corretto che il fisco chieda conto al contribuente di spese non congruenti con il reddito dichiarato; tuttavia la lettera in titolo, per come è redatta e per la logica che la sottende, manifesta secondo gli interpellanti una volontà intimidatoria e prevaricatoria, una logica più da gabelliere medioevale che da moderno sistema impositivo, una logica in aperta violazione dello statuto del contribuente;
a riprova di questo, si osserva quanto segue:
a) la lettera inizia con un tono cortese e colloquiale, affermando addirittura che la «comunicazione ha finalità esclusivamente informative e pertanto non è necessaria da parte sua alcuna risposta», salvo poi affermare verso la fine che «nel caso in cui (il contribuente ndr.) non fosse in grado di dimostrare la compatibilità delle spese... l'Ufficio potrà procedere all'accertamento sintetico del reddito»; delle due, l'una: o è un'informativa o è una richiesta di documentazioni; mescolare i due aspetti assume connotati secondo gli interpellanti intimidatori e in violazione del principio della leale collaborazione fissato dallo statuto. Salvo che non si voglia dedurre un comportamento ben peggiore, e cioè che l'ufficio preferisce che il contribuente non risponda, in modo da procedere senz'altro all'accertamento sintetico;
b) la lettera dichiara che «per tutelare la sua riservatezza nel prospetto non è precisato l'ammontare delle spese rilevate». Da tempo si osserva che il concetto di privacy è utilizzato come alibi per comportamenti di scarsa trasparenza verso l'utente e soperchierie. Nel caso in questione si parla del tutto impropriamente di privacy con riferimento a una comunicazione privata di un ufficio che è titolato a sapere sul contribuente più del contribuente stesso ed è il titolare delle informazioni coperte da riservatezza. Non essendoci alcun rischio di diffusione a soggetti terzi dei dati, questi non solo possono, ma devono essere comunicati. Da un lato si osserva che desta perplessità il fatto che si richiami alla privacy un ufficio al quale della privacy del contribuente è, secondo gli interpellanti, sempre importato poco, tanto da pubblicare on line le dichiarazioni dei redditi o farsi promotore della «gogna fiscale». Dall'altro, fatto ancora, più grave in quanto altera totalmente i princìpi delle norme sulla gestione dei dati personali, si utilizza il concettosi privacy per non comunicare al titolare dei dati, i dati che lo riguardano, aggravando e confermando quelle che agli interpellanti appaiono la natura intimidatoria della missiva e la riserva mentale di chi l'ha scritta;
c) prosegue la lettera: «Nel caso in cui rilevi errori o incongruenze nel prospetto allegato, può comunque segnalarli inviando una mail e altro...» Il prospetto allegato è una scarna ed incongrua sommatoria di spese voluttuarie (acquisto di barche), obbligatorie (mutui, assicurazioni e contributi) e spese di famiglia (spese per studi), con delle «X» nelle caselle dove l'ufficio fiscale ritiene vi siano delle incongruenze; non si comprende come dovrebbe rispondere il contribuente, se non con un moto di panico; giova ricordare che lo Statuto del contribuente richiede la contestazione puntuale degli addebiti che si rivolgono al contribuente; qui non si conoscono nemmeno le somme complessive e non si sa se si è pagato di più o di meno (ad esempio, in merito ai contributi previdenziali). Anche in questo caso l'oscurità del documento ha ad avviso degli interpellanti carattere vessatorio ed intimidatorio;
esiste un modo per effettuare le stesse richieste in modo corretto, senza né fronzoli, né intimidazioni, ed è quello di effettuare contestazioni puntuali e documentate sulle quali si applicano i princìpi di garanzia, parità, leale collaborazione e confronto tra le parti enunciati dallo statuto del contribuente;
viceversa il metodo adottato dall'Agenzia delle entrate altro non fa che alimentare risentimento, recriminazione e desiderio di rivalsa in una popolazione già assediata dalla crisi economica, oltre che favorire una volontà di resistenza, che non fa riemergere l'economia sommersa, ma sommerge ancora di più quella sommersa e ne crea di nuova;
l'Agenzia delle entrate non è nuova a lettere di tenore analogo per comunicare con i contribuenti. Da qui secondo gli interpellanti si desume che l'Agenzia esprime una cultura opposta ai principi dello statuto del contribuente, una cultura di disparità di rapporti, intimidatoria, vessatoria e prevaricatoria, che si sostanzia nell'approssimazione degli atti, nella superficialità delle comunicazioni e nell'utilizzo improprio di presunzioni che appaiono arbitrarie; questi fatti sono ampiamente avvertiti da gran parte della popolazione italiana -:
se non ritenga opportuno ritirare, ai fini delle indagini fiscali, il documento descritto in premessa, sostituendolo con altro documento rigorosamente redatto secondo i principi e le norme dello statuto del contribuente;
se non ritenga opportuno impartire adeguate istruzioni al direttore dell'Agenzia delle entrate, Attilio Befera, chiarendo che lo statuto del contribuente è norma fondamentale di attuazione della Costituzione e che contiene inderogabili linee guida sui rapporti tra uffici fiscali e contribuenti, anche al fine di evitare la riproposizione di documenti come quelli illustrati in premessa, nonché di tutta una serie di comportamenti ad avviso degli interroganti vessatori ed erroneamente presuntivi nei confronti dei cittadini, dei quali esiste ormai amplissima bibliografia.