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Il piano di dismissione «a prezzo concordato» degli immobili degli enti previdenziali (pubblici e privatizzati) aleggia sui lavori a Montecitorio della legge di stabilità (5534-bis): nessuna misura è stata presentata, tuttavia parlamentari e vertici di istituti pensionistici ne confermano insistentemente l'esistenza. E sono pronti a dare battaglia, qualora il governo decidesse di inserire la misura con un blitz nel provvedimento finanziario.
A pochi giorni dalla proposta del ministro Andrea Riccardi di consentire l'acquisto delle case, versando una somma pari a 150 volte l'affitto mensile, in commissione bilancio alza la voce Giuseppe Marinello (Pdl): «Il dossier c'è e sta circolando, perciò ho posto formalmente la questione durante i lavori in Parlamento, chiedendo all'esecutivo di fare chiarezza sui contenuti. Non ho ottenuto risposta, i rappresentanti di Palazzo Chigi a cui mi sono rivolto sono rimasti silenti. Pertanto, ho motivo di credere che il testo sia pronto, ma nessuno abbia trovato, finora, il coraggio di depositarlo», riferisce in un colloquio con ItaliaOggi.
E, mentre altre fonti raccontano che il progetto è stato già respinto dai tecnici di ben tre ministeri (economia, welfare e infrastrutture) perché di difficile realizzazione, non si placa lo stato di agitazione indetto dalle casse dei professionisti. Secondo Andrea Camporese, presidente dell'Adepp, l'associazione che raggruppa 20 enti, e dell'Inpgi (giornalisti) «è impensabile. Basterebbe ricordare che si tratta di patrimoni che fanno capo ad amministrazioni diverse, affidati a società di gestione del risparmio, vigilati da leggi specifiche. Se la questione si risolve in una boutade bene, in caso si decida di andare avanti, il governo sappia che non arretreremo di un millimetro dalla nostra ferma opposizione», aggiunge, sottolineando che «siamo pronti ad agire in tutte le sedi, arrivando a rivolgerci perfino alla Corte costituzionale per scongiurare un simile intendimento».
Le conseguenze finanziarie sui conti sarebbero rilevanti, giacché una vendita «forzata» dei beni immobiliari «rischia di dimezzare le riserve accantonate in decenni. In città come Roma e Milano, dove è appostata una grande parte dei patrimoni», ragiona Camporese, «pensare di fissare forzatamente un prezzo di vendita pari a 150 volte l'affitto pagato significa ridurre almeno del 50% il valore medio di mercato».
Più duro Emilio Croce, numero uno dell'Enpaf (farmacisti), che giudica «inaccettabile» dopo i «sacrifici chiesti per garantire nel lungo periodo l'equilibrio dei conti previdenziali» (la sostenibilità dei bilanci innalzata a 50 anni dalla legge 214/2011, ndr), che l'esecutivo tecnico «possa cedere oggi a lusinghe e pressioni demagogiche».
Per Alberto Oliveti, alla guida dell'Enpam (medici), che invita a tenere le casse al di fuori della campagna elettorale, «svendere il patrimonio secondo i criteri ipotizzati ci costringerebbe a tagliare le pensioni future degli oltre 350 mila medici e dentisti attivi in Italia. E», conclude, «a patirne sarebbero soprattutto i giovani».
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