domenica 5 gennaio 2014

E CHI LA PORTA LA NOTIZIA A GILETTI?

Un bell'articolo su Il foglio
E chi la porta, adesso, la notizia a Massimo Giletti? Chi glielo dice al mattatore de “L’Arena”, principe di “Domenica In”, che le province di Sicilia, abrogate in diretta da Rosario Crocetta, cancellate a favore di telecamera (e a beneficio di Klaus Davi, già lookologo del presidente della regione siciliana nonché autore del talk suddetto) tornano su questi schermi, e tornano di pizzo, di cozzo e di malandrineria?
Evidentemente saranno state segnate con un inchiostro simpatico le province di Sicilia perché una volta cancellate, come da proclama Crocetta, stanno spuntando nuovamente. E se non si provvede entro 45 giorni – con un voto in Parlamento, presso l’assemblea regionale – si procederà alla convocazione dei comizi elettorali.
A dare per fatte cose che sono ancora tutte da fare, tutti possono essere bravi ma la realtà è sempre complicata e Crocetta – il nostro eroe – malgrado la sua cosiddetta maggioranza, il sostegno di “Domenica In” e il soccorso dei volenterosi grillini, non è riuscito a far passare la proroga del commissariamento. Malgrado gli annunci fatti nel maggio scorso, infatti, il pittoresco Crocetta non è riuscito ancora a disporne l’effettivo passaggio ai liberi consorzi.  Tutto ciò che aveva annunciato – nientemeno che la soppressione dell’Ente provincia all’interno dell’Isola da lui governata – non gli è riuscito: non è stato in grado di varare una vera legge di riforma entro la “data di scadenza” del 31 dicembre, giusto l’altroieri. E non è riuscito a far approvare la richiesta di proroga.
Le cose tutte da fare non sono mai fatte. La richiesta del governo di un commissariamento lungo, di sei mesi, è stata respinta. Un emendamento soppressivo, presentato da Nello Musumeci, il leader dell’opposizione, ha sfasciato l’ingranaggio del dare per fatte le cose che sono ancora tutte da fare e così la proroga, magari prossima a essere annunciata all’“Arena”, sottolineata dal gel di Klaus Davi, è stata bocciata.
Il rinnovo degli organi delle province – a meno che Crocetta non riesca a far della sua già raccogliticcia maggioranza, un più acconcio raccogliticcio destino e sfangarla tra 45 giorni facendo approvare la nuova legge – sono un passaggio obbligato.
La realtà è proprio complicata. Quell’aver tentato di spazzare le province – enti governati dalla politica – per farne pascoli governati direttamente da lui, per tramite di commissari di fiducia, s’è rivelato essere un espediente incastrato in un altro trucco: far passare la proroga del commissariamento e raggrumare così, nella logica del fantasista, la clientela. I benefici individuali – indimenticato resta il capolavoro di far della propria segretaria un assessore, cacciando Franco Battiato – stanno per avere uno scatto ulteriore, quello dell’assistenzialismo territoriale.
Di Crocetta, si sa: anziché risolvere un problema, lui lo criminalizza. Il suo clientelismo, anziché spicciolo – non è certo quello del vasavasa – ha l’ambizione del geometra. A furia di far finta di cancellare le province, commissariandole, con nomine di sua stretta fiducia, ne fa nascere di nuove promuovendole ad “aree metropolitane”. Stava pure accorpando Enna e Caltanissetta, infatti, per aggiungere però un altro libero consorzio, “l’area metropolitana” della terribile e mirabile Gela, la sua città natale, e ripristinare così i privilegi feudali. Giusto lui che però fa vanto dell’essere l’unico puro e duro di Sicilia.
E chi glielo racconta, allora, a tutti quelli che abboccano al falso mito dell’immacolatezza di Crocetta? E ci dispiace per Giletti, per Klaus Davi che lo imbelletta e lo invita a “L’Arena” (ah, il conflitto d’interesse!) e ne abbiamo rammarico per Lilli Gruber che lo invita a “Otto e Mezzo” facendo inorridire tutta la Sicilia, per Gian Antonio Stella del Corriere della Sera che ancora ci crede all’eroe dai mille annunci e così anche per Marco Lillo, del Fatto quotidiano. Ci dispiace assai che quest’ultimo abbia creduto alla favola di Confindustria di Sicilia che è solo una sorta di consorteria di tartufi che manco Molière, in bicicletta o meno, avrebbe saputo immaginare senza un pezzo di Sicilia in scena, terribile e mirabile come sempre: in pizzo, cozzo e malandrineria.

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