mercoledì 27 marzo 2013

UNA ATTENTA ANALISI DI FRANCESCO ALBERONI


Grillo è un rottame del cattivo Novecento

Pubblico questo articolo di Francesco Alberoni perché credo analizzi bene il movimento totalitario di Grillo.
In un precedente articolo ho scritto che il Movimento Cinque Stelle ha una ideologia che ricorda da vicino alcuni movimenti del primo Novecento come l'anarchismo e il leninismo. Considera l'attuale società e il sistema politico parlamentare occidentale fondato sui partiti irreparabilmente malati e corrotti e gli individui che ne fanno parte asserviti, ottenebrati, incapaci di capire il messaggio.
Il Movimento Cinque Stelle perciò non deve prendere accordi con nessuno dei partiti esistenti perché ai suoi occhi sono delle formazioni patologiche e corruttrici che un giorno verranno spazzate via. I suoi militanti non devono tenere rapporti, discutere, rispondere alle domande della stampa e della televisione, che sono sempre menzognere e ostili. E devono evitare anche il contatto personale con coloro che non fanno parte del Movimento, non fare amicizia, non dare loro confidenza per non contaminarsi e indebolirsi. I militanti devono discutere e parlare solo fra loro e in modo riservato o via web. Tutti coloro che sono fuori dal Movimento devono essere considerati dei potenziali nemici. Nei movimenti totalitari vale la regola che chi non è con me, è contro di me.
Noi consideravamo definitivamente morti e sepolti i movimenti totalitari del primo Novecento. Ritenevamo accettata da tutti la democrazia parlamentare. Invece la crisi li ha evocati: gli Indignados in Spagna, i Pirati in Germania e certamente il Movimento di Grillo, il più ideologico e il più organizzato. Il suo obiettivo è raggiungere il 100% dei parlamentari, cambiare la Costituzione sopprimendo i partiti, sostituire le elezioni tradizionali con la democrazia diretta e fare leggi che rendono virtuosa la società. Finora non viene preso sul serio, molti lo considerano una stranezza, ma sull'Europa incombe una gravissima crisi: i disoccupati aumentano, aumenta la gente disperata. Dopo la grande guerra e la crisi del 1929, la gente disperata ha dato il potere a partiti totalitari perché non si fidava più dei partiti tradizionali. Potrebbe succedere ancora e con conseguenze catastrofiche come allora.

lunedì 25 marzo 2013

CIO' CHE IL CENTRO NON HA CAPITO


Un bell'articolo di Ernesto Galli della Loggia

... Lo si è visto al momento di organizzarsi in vista delle elezioni. Il Centro ha mostrato di aver capito poco o nulla dell'ansia di grande cambiamento che agitava l'Italia. A un Paese percorso dalle performance di Grillo, ha pensato di potersi presentare da un lato con figure della più esausta nomenclatura partitica (Udc, Fli), dall'altro con il pallido volto di un notabilato catto-confindustriale insaporito da qualche prezzemolino sportivo-accademico. In complesso la raffigurazione di una compiaciuta oligarchia italiana all'insegna del «lei non sa chi sono io e quanto sono importante». Nessuno invece che fosse capace di un parlare vivo e autentico, di una proposta suggestiva, che desse voce a una qualche novità culturale, che incarnasse una figura sociale inedita...

http://www.corriere.it/editoriali/13_marzo_24/galli-della-loggia-il-centro-non-ha-capito_9a6bcae2-9451-11e2-bd1c-50cadb6c1382.shtml

sabato 23 marzo 2013

IL DISCORSO DI SILVIO BERLUSCONI


Il discorso di Silvio Berlusconi in Piazza del Popolo

Care amiche, Cari amici,  
siamo davvero tanti e da quel che vedo siamo già tutti pronti per una nuova campagna elettorale, e questa volta per vincere alla grande, per vincere davvero. Questa, come sapete, si chiama Piazza del Popolo.
    Ma da oggi possiamo chiamarla Piazza del Popolo della Libertà.  
    Grazie di cuore di essere qui con me, con noi, tutti insieme a rappresentare l’Italia degli italiani di buona volontà, l’Italia degli italiani di buon senso, l’Italia degli italiani di buona fede. L’Italia che lavora e che produce, l’Italia delle donne e degli uomini liberi che vogliono restare liberi. 
    Siamo il Popolo della Libertà. Siamo noi il Popolo della Libertà, e abbiamo come religione la libertà, abbiamo come prima e assoluta missione la difesa della libertà.
    E anche per questo siamo qui oggi, tutti insieme, ad esercitare un nostro assoluto diritto, garantito da tutte le democrazie, quello di manifestare in piazza per protestare contro ciò che non ci piace, che non ci pare giusto, che non accettiamo, o a favore di ciò che vogliamo e che ci appare sacrosanto. 

   
Ci avevano dati per agonizzanti, invece ecco qui sotto un sole caldo di primavera e in una delle piazze più belle del mondo:
-    un popolo che combatte contro la crisi economica e sociale;
-    un popolo che sa amare, sa ammirare, sa creare, e rinnega nella vita di ogni giorno la logica dell’invidia e della rabbia.  
    Noi siamo l’Italia della passione, che si batte per le proprie idee nelle piazze come nelle istituzioni, nel lavoro quotidiano, nell’impresa. Siamo anche quelli che sanno ridere e sorridere, che sanno combattere la malinconia di una crisi mondiale grave e duratura con la logica dell’intelligenza, e con la volontà dell’ottimismo e della speranza.
    Davvero, siamo tantissimi…Lo sapete che non avevo mai visto tanti “impresentabili” tutti insieme?
    Ci dicono che siamo impresentabili, ineleggibili, collusi, in realtà noi siamo l’Italia migliore e siamo anche la maggioranza dell’Italia , siamo tantissimi.
    Prima di ogni cosa, credo che dobbiamo mandare un saluto e un abbraccio, ai nostri due Marò, a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che il Governo Monti ha pensato bene, dopo tante parole, di rispedire in India. E’ una cosa grave e incredibile: un grande Paese non deve questo, non può abbandonare i suoi uomini. E noi non possiamo consentire che l’Italia sia umiliata e ridicolizzata. E non possiamo consentire che ciò avvenga da parte di chi - come Monti - raccontava di avere ridato credibilità al nostro Paese. Domandiamo ai signori del Governo Monti: questa è la vostra credibilità?


    Quella della loro credibilità era una grande balla. La balla del secolo. Non sono mai stati più credibili di noi, semmai erano e sono stati sempre supini alla Germania e agli altri Paesi e ora anche all’India.
    Allora, come voi sapete bene in questi giorni c’è stato un giro di consultazioni con le forze politiche, e verrò tra poco alle mie osservazioni sull’incarico precario che è stato dato ieri al signor Bersani. Ma prima, volevo fare anch’io le mie consultazioni, chiedendo subito un parere a voi, perché il vostro è il parere che mi importa. 
    Vi domando:
1. Siete contenti della campagna elettorale che abbiamo fatto?
2. Siete orgogliosi di come io mi sono battuto nelle piazze e nelle sfide televisive?  Da Santo? Da Floris? Dalla Annunziata? Dalla Gruber? Sapete, c’è qualcuno che mi dice che non devo più chiamarli comunisti, ma non è colpa mia…Non sono io che vedo comunisti da tutte le parti: sono loro che sono comunisti e stanno da tutte le parti…E infatti, andando negli studi televisivi, ho visto così tanti comunisti che mi sono venuti gli occhi rossi e pure la congiuntivite…
3. Ancora Siete soddisfatti della nostra fantastica della nostra rimonta in campagna elettorale?
4.    Pensate che un grande Paese come l’Italia possa essere governato senza numeri da vecchi militanti di quel Pci, che è diventato Pds, che è diventato Ds, che è diventato Pd, ma che non è cambiato mai?
5. Siete convinti che, se tornasse al voto, vinceremmo noi, sia alla Camera che al Senato?
6. Allora siete pronti a tornare in campagna elettorale per dare all’Italia un Governo solido, capace e liberale?
    E Ma allora Se siete tutti pronti, allora Vi comunico chesono pronto anch’io…Sì, sono pronto anch’io a combattere insieme a voi una grande battaglia per la libertà e per una nuova Italia.  
    Parliamo un pò degli altri Ma l’avete visto in questi giorni Bersani? Prima del voto, era convinto di avere già vinto senza gareggiare. Aveva in mano da due mesi la lista dei ministri, con Rosy Bindi in testa. Diceva che era in vantaggio di 12 punti, diceva  che la nostra rimonta era falsa e che gli serviva il binocolo per vederci. Adesso è trascorso un mese dal voto, e nessuno ha avuto ancora il coraggio di dirgli che le elezioni non le ha vinte.
    Oddio, qualche sospetto ce lo deve avere anche lui.
    Ha la faccia di uno che ha cercato di smacchiare un giaguaro e il giaguaro lo ha ridotto male molto male…
    Ma ci sono anche altri che stanno combinati anche peggio.


    Lo vogliamo mandare tutti insieme un saluto a Gianfranco Fini, devo dire che la vosdtrea e una reazione rozza ed efficace quindi mandiamo a lui e a tutto il suo che dopo “soli” 30 anni lascia il Parlamento? Un saluto a lui e a tutto il suo club di gentiluomini…Ma poi guardate che in fondo, credo che a Montecarlo non se la passi così male…
    Un saluto anche a Casini, che tutte le sere ci spiegava in tv che eravamo noi a sbagliare, che non capivamo il Paese, che la soluzione era Monti.     Vi diciamo Caro Pierferdinando, bisogna saper ascoltare la gente. E se tu  avessi ascoltato la tua gente, avresti capito che non dovevi dividere lo schieramento dei moderati alternativi alla sinistra, e fare così l’interesse della sinistra…
    E un nostro vero rammarico è proprio questo: come hai potuto fare un errore così grave contro i tuoi elettori e anche contro te stesso? Come hai potuto non vedere cosa sarebbe successo?
    E poi un saluto a Di Pietro…Avevamo sostenuto per anni che le sue erano braccia rubate all’agricoltura…Ora possiamo finalmente restituirlo all’agricoltura, sperando che non faccia troppi danni anche lì.
    E poi ve lo ricordate Ingroia, l’eroe del Guatemala? A proposito…Ci sono in piazza amici della Valle d’Aosta? Dove siete? Eccoli là…Allora, vi do una notizia…Visto che Ingroia ha perso le elezioni e vuole tornare in magistratura, ma siccome si era candidato in tutta Italia tranne la vostra Regione, hanno pensato bene di mandarlo da voi in Valle d’Aosta…Ho un’indiscrezione sulla prima inchiesta che farà: sarà sugli stambecchi del Parco del Gran Paradiso…Ha già un sacco di intercettazioni, e ha anche uno stambecco pentito che ha rilasciato le prime confessioni…Presto sarà intervistato da Santoro e Travaglio…Sia lui, sia lo stambecco…


    E poi un saluto a Grillo, che ieri è andato da Napolitano travestito da dittatore dello Stato libero di Bananas…Lo sapete che cosa combina oggi? Una bella visita ai cantieri dell’alta velocità accompagnato da un po’ di distinti signori amici suoi (anarchici, no-Tav, centri sociali …). Intanto, è un primo atto da onorevoli, perché vanno lì come parlamentari, e sfruttando un privilegio da parlamentari…Vorrei chiedere a Bersani: ma che fai? I nuovi ministri delle infrastrutture e magari anche degli interni li scegli tra quei gruppettari là? E’ così che pensi di guidare e governare uno dei Paesi più importanti del mondo?
    Fatti questi doverosi “saluti”, vengo alle cose importanti su cui dobbiamo ragionare insieme.
1. Siamo qui e cominciamo con una denuncia e una proposta.
    La denuncia politica riguarda la sinistra, che, forte della sua antica professionalità nelle sezioni e negli scrutinii elettorali, si è guadagnata uno 0.3% in più di voti, e, con questo 0.3, ha osato mettere le mani sulle Presidenze di Camera e Senato come se le istituzioni fossero tutte quante “cosa loro”. E ora puntano a fare lo stesso con la Presidenza della Repubblica. Dico qui, forte e chiaro, che sarebbe una specie di  golpe, che sarebbe un atto ostile contro metà e oltre del Paese. 
    Bersani aveva detto prima del voto: se anche prendessi il 51%, mi comporterei come se avessi preso il 49%. Bene, non ha preso né il 51 né il 49, ma solo il 29, eppure si vuole sequestrare il 100% delle cariche istituzionali. E’ inaccettabile. 
   

E’ inaccettabile che l’Italia sia uno dei pochissimi Paesi occidentali dove la massima carica dello Stato sia decisa, nel chiuso di qualche stanza buia e fumosa, da tre o quattro capipartito, alle spalle degli elettori. 
    Il Capo dello Stato non lo possono decidere Bersani, Vendola e Monti riuniti a casa loro, magari indicando Romano Prodi. Un Presidente tutto meno che superpartes.
     Lo volete uno come Prodi? Il Capo dello Stato lo dovrebbero decidere 50 milioni di italiani, democraticamente, al termine di una campagna elettorale aperta, libera e trasparente. 
    Per questo noi proponiamo (e nella scorsa legislatura siamo riusciti a far approvare questa riforma solo al Senato, purtroppo), che si passi all’elezione popolare diretta del Capo dello Stato, come accade in America o in Francia. 
    Ma anche ora in attesa di questa riforma non è assolutamente pensabile che, con un colpo di mano, sempre aggrappandosi allo 0,3% di cui parlavo prima, questi signori pensino di imporci uno di loro, magari uno dei più estremisti di loro, per 7 anni. 
    Questa volta, con il Presidente del Senato di sinistra, con il Presidente della Camera di sinistra, con il Presidente del Consiglio di sinistra, il Capo dello Stato deve essere un moderato, un liberale di centrodestra !
    Questo è un sacrosanto diritto dei 10 milioni di italiani che noi rappresentiamo e che non possono essere esclusi da tutte le più alte istituzioni.
    2. La seconda questione è la più importante. Vedete, io ho fatto la campagna elettorale pensando ai problemi veri degli italiani:
-fermare il bombardamento di tasse;
-creare le condizioni per avere nuovi posti di lavoro;
-fermare il mostro chiamato Equitalia;
-abolire l’Imu per il futuro e restituirla per il passato. 
    Bene, un minuto dopo il voto, questi signori hanno fatto sparire queste questioni reali, e hanno messo sul tavolo questioni che non hanno nulla a che fare con le emergenze del Paese:
-il conflitto di interessi
-la legge anticorruzione
-il falso in bilancio
-la caccia alle poltrone istituzionali di cui ho detto poco fa
-e perfino, roba da matti, la questione lunare della mia presunta ineleggibilità, cosa con la quale vorrebbero provare a mettere fuori gioco il leader di 10 milioni di italiani, eletto 6 volte al Parlamento, e già 4 volte Presidente del Consiglio. 


    Sono irresponsabili. Sono fuori dalla realtà perché non sanno ascoltare la sofferenza del Paese.
    Non capiscono il dramma degli imprenditori.
    Non capiscono il dramma dei disoccupati, con i livelli record della disoccupazione, in particolare di quella giovanile. 
    Non capiscono l’incubo di chi riceve lettere e cartelle minacciose da parte dell’Agenzia delle Entrate. 
    Non capiscono il dramma di chi vuole fare impresa e deve fare i conti con una burocrazia oppressiva, che toglie tempo e risorse, che ti fa andar via la voglia di realizzare qualcosa di nuovo. 
    Vi sembra normale? 
In un mese dopo il voto, avete mai sentito Bersani pronunciare la parola “crescita”? La parola “sviluppo”? Niente di niente, come se il problema fosse solo quello di togliere di mezzo il signor Berlusconi. 
    Scherzano con il fuoco, e non capiscono che poi, perfino per un grande Paese come il nostro, possono materializzarsi rischi gravi, magari anche scenari pericolosissimi per il risparmio privato delle famiglie, come sta accadendo a Cipro.
    E ora si aggiunge, in questo contesto, l’altro marziano, Grillo, che parla di “decrescita felice”. Ma, ditemi voi: avete mai visto qualcuno che si impoverisce ed è felice? 
    Qualcuno che sorride mentre perde il suo lavoro, il suo risparmio, la sua dignità?
     Che poi, detta da uno come Grillo che non vive certo di stenti, la cosa sa anche di grande presa in giro e di offesa agli italiani…
    E ciò nonostante, Bersani lo insegue, lo prega, gli va appresso, e tenta con i voti dei grillini di mettere insieme i numeri che non ha…
    Direte voi: si tratta di una orribile compravendita di parlamentari…No: si chiama scouting.
    Direte voi: si tratta di un ribaltone antidemocratico…No: si chiama scouting. 
    Direte voi: ma come, Bersani si esprime sempre in un emiliano simpatico e verace? Noooo! Bersani si è internazionalizzato, è diventato English, è diventato British, e parla di scouting con una pronuncia ineccepibile.
    Mamma mia, se ripenso a tutto quello che ci hanno riversato contro quando qualche parlamentare del gruppo misto è venuto da noi! 
    No, sono davvero degli ipocriti, sono sepolcri imbiancati.
    Se e quando alcuni deputati hanno deciso liberamente di passare con il centrodestra, loro ci hanno accusato di compravendita, se invece passano a sinistra per eleggere il Presidente del Senato e magari far nascere il governo Bersani allora per loro si tratta di “scouting”.
    Vedete che ho ragione io, sono sempre gli stessi, è la doppia morale comunista.
    A questo punto, voglio essere molto chiaro, ribadendo la mia fiducia nella saggezza e nell’equilibrio del Presidente Napolitano. 
    Delle due l’una. Se per caso, dopo l’incarico precario ricevuto ieri sera, Bersani e il Pd insisteranno con questo tentativo assurdo di Governo senza numeri, di Governo di minoranza, sappiano che la nostra opposizione sarà durissima, senza sconti, in Parlamento e nelle piazze, in mezzo alla gente che soffre per la crisi che loro non vedono. 
    Se invece non combineranno nulla, se non ci riusciranno, allora l’essenziale è che non facciano perdere tempo al Paese, che non facciano melina. Si torni subito al voto, e si restituisca la parola agli italiani. Noi siamo assolutamente pronti. 


    Bersani sta ripetendo l’errore-orrore di Monti: pensare al suo interesse e alla sua salvezza e non all’interesse e alla salvezza del Paese.
    Dice “no” a un patto con noi: l’unica soluzione che le urne hanno indicato come possibile.
    Il PD invece è da sempre e ancora accecato dall’invidia e dall’odio contro di noi, contro il ceto medio, contro i cosiddetti benestanti, contro chi con il lavoro, con il sacrificio, con il rischio imprenditoriale è riuscito a crearsi una piattaforma di benessere per sé e per i suoi figli.
    A loro non importa:
     Che le fabbriche, piccole e medie imprese e negozi chiudano in massa
1.        Che ci siano tre milioni di disoccupati.
2.        Che tre milioni e mezzo di italiani siano nella miseria assoluta.
3.        Che sette milioni di italiani siano sulla soglia della povertà.
4.        Che i pensionati non arrivino alla seconda settimana del mese.
5.        Che 40 giovani su 100 non abbiano lavoro e che in tanti abbandonino l’Italia perché hanno perso ogni speranza.
6.        A loro non importa che le famiglie siano oppresse dalle tasse e dagli aumenti delle bollette.
7.        Che i contribuenti siano vessati da Equitalia che si comporta con loro come il rappresentante di uno Stato ostile e nemico.
8.        Che le imprese siano prigioniere di una camicia di forza costituita da tutti i vincoli e le autorizzazioni preventive della burocrazia che non le lascia operare.
9.    Che le banche prestino soldi alle imprese con sempre     maggiore difficoltà perché hanno subito un     incremento     pericoloso del totale dei crediti irrecuperabili.
10.    Che la produzione industriale e i consumi siano caduti ai     livelli di 20 anni fa.
11.    Che il debito pubblico superi    i duemila miliardi.
12.    Che gli investimenti esteri in Italia siano ridotti al     lumicino.


    Per loro, per questi marziani irresponsabili spinti solo dal desiderio di potere, dall’invidia e dall’odio sociale i problemi urgentissimi, non più rinviabili del nostro paese, sono altri, sono il conflitto di interesse, il falso in bilancio, la legge anticorruzione pensando così di colpire il nemico Berlusconi.
    Le facciano pure queste leggi. Il loro problema è quello di aumentare l’Iva sui prodotti di lusso per i ricchi e di togliere l’Imu solo a chi ha pagato sino a 500 euro e così moltiplicarla per quattro a tutti gli altri e - perché no - fare anche una bella patrimoniale, di 40 miliardi che sul piano economico è impossibile, ma e’ così demagogica e fa tanto chic.
    Il problema è quello di tenersi ben strette le banche, come hanno fatto egregiamente da sempre col Montepaschi, e semmai, notte tempo, assottigliare i conti correnti degli italiani con un prelievo forzoso.
    Ma tutto questo si può fare solo togliendo prima di mezzo Berlusconi che ai loro occhi ha una grande colpa, un grande torto, quello di non aver consentito da 20 anni a questa parte  a loro, ad una minoranza illiberale e prepotente di prendere il potere e fare il bello e il cattivo tempo.
    Ancora tre mesi fa pensavano che i giochi fossero fatti: hanno sottovalutato la forza di questo popolo, la forza del Popolo delle Libertà, la forza dei nostri ideali, dei nostri programmi: e, se permettete, anche del suo leader e si sono messi a giocare con le figurine: qui ci mettiamo questo, qui ci mettiamo quello, questo ministero a lui, questa banca a te, quell’authority a me, e così via: dai provveditori agli studi, agli ambasciatori, ai direttori generali dei ministeri, dalle grandi aziende di stato, ai vertici delle forze dell’ordine e delle forze armate, dovunque perché questo è il potere che amano e che vogliono.
     Erano pronti alla grande abbuffata. Poi si sono svegliati e sono caduti dal letto. Accecati dalla loro sete di potere, non si erano neppure accorti che al loro fianco cresceva una forza, il Movimento 5 stelle, che si alimentava col malcontento popolare, agitando slogan semplici e demagogici: un vaffa…. per tutti, No alla Tav, No di qui, No di là, e altre amenità che hanno fatto facilmente presa, perché era ed è protesta allo stato puro, senza alcuna proposta seria per rilanciare l’Italia.
    Tanto è vero che, incamerati tantissimi voti, l’unica cosa che Grillo non vuole, per ora, è governare, perché punta al 100 per 100 per guidare un governo monocolore e lo dichiara pure al Capo dello Stato…vi ricorda qualcosa?
    In questa situazione Bersani che fa? Si rivolge a chi è responsabile, a chi rappresenta l’Italia che lavora, a chi ha dato infinite prove di serietà e di capacità, cioè alla forza dei moderati,  a noi, al Popolo della Libertà?
    No, nemmeno per sogno. Si rivolge proprio a Grillo, che per tutta risposta dice no, lo sbeffeggia e lo manda a quel paese 3-4 volte al giorno.
    Bersani allora decide - come dicevo - di fare “scouting”, spera che questi turisti della politica nell’albergo a 5 stelle, questi ospiti improvvisati della politica, che vengono in massa dalla sinistra, scappino di mano a Grillo e possano dargli i numeri per far nascere un esecutivo che avrà come primi obiettivi quelli che abbiamo visto prima, e già che ci siamo, magari dichiarare ineleggibile Berlusconi che è la trovata degli ultimi giorni.
    Dopo la catastrofe Monti, noi abbiamo messo a punto un programma di riforme e di grande rilancio dell’economia, con al primo posto l’abbassamento della pressione fiscale che è insopportabile sulle famiglie e sulle imprese. 
    La nostra ricetta liberale per uscire dalla recessione e rilanciare l’economia. E’ una ricetta che ha sempre funzionato e che in sintesi dice: Meno tasse sulle famiglie, sulle imprese, sul lavoro producono più consumi, più produzione, più posti di lavoro con la conseguenza di maggiori entrate nelle casse dello Stato che recupera così quanto serve per aiutare chi è rimasto indietro.
    Non ci sono altre soluzioni per l’Italia.
    Altrimenti non c’è che il voto.
    Intanto una cosa è certa:
    tutti i temi che abbiamo affrontato nella campagna elettorale sono diventate altrettante proposte di legge, che stiamo per depositare alla Camera e al Senato. Già martedì prossimo, a Montecitorio e a Palazzo Madama, depositeremo le prime quattro proposte:
-    per la detassazione totale delle nuove assunzioni, a favore di giovani o di disoccupati;
-    per il pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese;
-    per l’abolizione dell’Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli, e per il rimborso dell’Imu pagata nel 2012;
-    per una radicale revisione dei poteri del mostro chiamato Equitalia. 
    Se fossimo stati, o se fossimo al Governo, avremmo fatto esattamente le stesse cose. Per noi, i temi centrali sono e restano quelli che importano davvero agli italiani, alle famiglie e alle imprese. 
    Gli altri chiacchierano, noi continuiamo a lavorare per il grande cambiamento. 


    Noi, diversamente dagli altri, non abbiamo dovuto cambiare idee e obiettivi. Per noi resta decisivo sconfiggere le tre oppressioni: l’oppressione fiscale, l’oppressione burocratica, l’oppressione giudiziaria.     Dell’oppressione fiscale, abbiamo già detto, ma voglio aggiungere qualcosa. Con pazienza, per mesi, abbiamo cercato di limitare l’effetto debilitante delle politiche fiscali negative di Monti, che non condividevamo, e alla fine abbiamo suonato lo squillo di tromba della riscossa: sfido chiunque a dimostrare che questo squillo non sia stato udito in ogni parte d’Italia e che non sia risultato per molti milioni di italiani un discorso liberatorio, lucido e rigorosamente costruito nell’interesse del paese che tutti amiamo.
    Le banche devono riprendere a erogare il credito. La pubblica amministrazione deve onorare i suoi debiti con sollecitudine. La domanda interna di beni e servizi deve crescere rigogliosamente. Lo Stato deve fare un passo indietro abbassando il carico fiscale abnorme che impone su cittadini, imprese e lavoro. Le sole esportazioni, che sono una delle maggiori glorie della nostra capacità di crescere, non bastano a rimettere in moto il Paese.
    L’Europa della moneta unica non è nostra nemica. Nostro avversario è l’egoismo dei poteri nazionali, la boria di chi si sente egemone e non riesce a ragionare in una logica cooperativa e davvero sopranazionale. Noi italiani siamo un pilastro, con francesi e tedeschi, della costruzione europea, e abbiamo tutta l’autorità per rivendicare con fermezza la ripresa di politiche espansive, la rimobilitazione di capitali, di lavoro e di tecnologie allo scopo di aumentare il prodotto e la ricchezza sociale che si producono nell’area dell’euro.
    Noi avvertimmo per primi i rischi per la bassa produttività, per l’economia stagnante, per l’incapacità di stimolare, anzi di frustare, il cavallo dell’economia in Italia e in Europa. Non siamo stati ascoltati. Un presidente del Consiglio ha poteri limitati. 
In certi casi può soltanto denunciare, dire le cose come stanno, ma le leve operative gli sfuggono. Soprattutto se ha una maggioranza ristretta o, comunque, un fronte di opposizione che è fatto non tanto dai partiti che hanno perso le elezioni quanto da magistrati, mass media e lobby influenti interne ed estere.
 Quanto all’oppressione burocratica, siamo qui per affermare la necessità della riduzione della macchina dello Stato. Una macchina che non soltanto costa ad ogni cittadino italiano il 30% in più di quel che costano gli altri Stati ai loro cittadini, ma che ci impedisce di intraprendere, di lavorare, di sentirci liberi cittadini di uno Stato che ci garantisce e ci protegge, invece che cittadini di uno Stato che ci è ostile o addirittura nemico. 
    Ma siamo qui anche per dire basta all’uso della giustizia come arma contro gli avversari politici. I magistrati non devono soltanto essere imparziali, devono anche apparire imparziali. Per questo vogliamo affermare il diritto di un cittadino e ancor più di chi è stato eletto dal popolo a chiedere e a ottenere la revoca e la sostituzione di un PM o di un giudice che militi in una corrente della magistratura ideologizzata e politicizzata, che lo considera un nemico politico e usa contro di lui l’arma della Giustizia per combatterlo e danneggiarlo. 
    Oggi non voglio parlarvi delle assurde vicende giudiziarie di cui sono oggetto, perché tutto il tempo deve essere dedicato ai vostri problemi, ai problemi dell’Italia, mentre una sinistra irresponsabile gioca con le sorti del Paese.
    Però lasciatemi dire che solo io potevo resistere a tutte le false accuse e a tutto il fango che mi è stato gettato addosso in questi anni; solo io potevo resistere al dolore che queste vicende provocano e alle straordinarie spese sostenere.
    La riforma della giustizia deve essere fatta per tutti i cittadini. Perché non accada a nessuno ciò che è accaduto a me in questi anni.
    Intercettazioni, perquisizioni, visite fiscali, testimoni intimiditi e maltrattati, migliaia di udienze fissate anche di sabato in Tribunali deserti.
    Le nostre leggi, i disegni di legge che depositeremo sono per voi, per tutti i cittadini per difendervi e per rafforzare la magistratura sana che ogni giorno rende un grande servizio al Paese.
    Noi non vogliamo una magistratura che sia succube della politica.
    La magistratura deve essere libera. 
    Ma libertà non significa arbitrio.
    La magistratura non deve essere al di sopra del popolo ma deve dispensare giustizia in nome del popolo.
    Non può, senza mandato popolare, far cadere governi o decidere le leggi che il Parlamento deve approvare o non approvare.
    Quando un magistrato decide di fare politica tramite il suo ruolo, utilizzando la toga che indossa, è un fatto gravissimo che incide sulla libertà di tutti noi.
    È come se l’arbitro di una partita di calcio fosse un giocatore di una delle due squadre in campo.
    Ciascuno di voi ben comprende come in tal modo la partita venga falsata e la sconfitta dell’altra squadra sia più che sicura. 
È contro questa situazione che noi dobbiamo impegnarci.
    Vedete, qualcuno parla di Berlusconismo, qualcun altro ha detto che Silvio Berlusconi non è più solo il nome di una persona, ma è il nome di una storia. Permettetemi di dirlo: la nostra storia. 
    E’ il nome di chi ha avuto la forza e il coraggio di contrapporsi a una sinistra illiberale, che concepisce solo la demonizzazione dei suoi avversari, e la loro eliminazione politica o addirittura fisica. 
    E’ il nome di chi ha voluto e saputo aggregare la maggioranza degli italiani che non vogliono questa sinistra, unendo i cattolici e i laici, i liberali, i riformatori, i modernizzatori, tutti i cittadini che vogliono il cambiamento. 
    E’ il nome di chi non si è arreso alle aggressioni, ma ha risposto moltiplicando ad ogni agguato l’amore per la democrazia e la passione per la libertà. 
    E’ il nome di un italiano che non ha paura, che non si è fatto e non si farà intimidire, e che tanti italiani hanno riconosciuto e riconoscono come guida in una battaglia nell’interesse di tutti. Questo italiano è qui davanti a voi, e si impegna a continuare la sua storia insieme alla vostra.
    Siamo qui, più forti di prima e, ringraziando il cielo, siamo diversi da loro, che sanno solo invidiare e disprezzare, che hanno perso la speranza e gli ideali, e sono posseduti da una forza che è solo negativa e distruttiva. Ma il nostro amore e le nostre convinzioni, le nostre idee e le nostre speranze, sono più forti del loro odio. 
    Non riusciranno a toglierci la parola, il pensiero, il legame che ci unisce a milioni di altre donne e uomini che condividono la nostra stessa passione per la libertà.
    C’è una frase di Gandhi che mi ha commosso: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”. 
    Sono sicuro che sarà così anche per noi. 
    Lotteremo in Parlamento per difendere il voto di 10 milioni di italiani. Ma saremo anche nelle piazze, nelle strade, con la gente. E oggi, da questa piazza, vogliamo dare inizio a un nuovo modo di fare politica, per far vivere insieme la democrazia rappresentativa e la democrazia diretta, il Parlamento e la partecipazione. 
    Siamo donne e uomini responsabili. Ma non possiamo accettare che la democrazia e la libertà siano calpestate da chi vorrebbe annientare gli avversari politici per via giudiziaria.
     Non possiamo accettare che la democrazia e la libertà siano calpestate da chi vorrebbe cancellare il voto e i diritti fondamentali di un terzo degli italiani. 
    Noi non lo consentiremo. 
    Sentiamo parlare di vecchie alchimie e di doppi binari, magari per conquistare anche la Presidenza della Repubblica.
    Non ci stiamo.
    O si fa un governo forte che coinvolge in un momento così grave tutte le forze politiche responsabili nell’interesse del Paese, oppure si va al voto.
    Non ci sono alternative.
    In ogni caso noi saremo in campo e ci impegneremo con rinnovata energia, con la stessa passione di sempre e ancora di più, con la nostra inestinguibile voglia di lottare per la libertà. 
    Forza Italia, viva l’Italia, viva la Libertà.
    Vi abbraccio uno ad uno. 

I BARBAPAPA' DI "LA REPUBBLICA"

Un estratto del nuovo libro di Giampaolo Pan­sa, La Repubblica di Barbapapà

Eugenio Scalfari è il più anziano e famoso tra i giornalisti italiani ancora in attività. In aprile compirà 89 anni, ma l'età non gli impedisce di scrivere, ingaggiare polemiche, combattere con le parole e le idee. Ho lavorato accanto a lui per poco meno di un quindicennio e da parecchio tempo ci siamo persi di vista. Ma qualche mese fa mi è capitato di vederlo per caso, da lontano. Eravamo nell'autunno scorso. Mentre preparavo questo libro mi trovavo a Roma per parlare con un testimone delle vicende narrate qui. Stavo avviandomi dal Senato a piazza Montecitorio quando ho notato Eugenio che si dirigeva a piedi verso casa. Mi è parso un gran signore, meraviglioso a vedersi: alto, la figura snella e bene eretta, elegante, con l'aria di chi è sicuro di sé e del proprio carisma. Camminava a passi lenti, impugnando un bastone prezioso che sembrava uno scettro più che un sostegno. Confesso di aver provato qualche istante di commozione mista al rimpianto. È stato quando ho notato la sua barba, candida e ben curata. In quel momento mi sono rammentato che a Repubblica lo chiamavamo Barbapapà, come un personaggio dei fumetti. 
Senza Barbapapà, e senza il suo gemello Carlo Caracciolo scomparso nel dicembre 2008, Repubblica non sarebbe mai nata. E la politica italiana avrebbe avuto un corso diverso. Scalfari l'ha raccontata, giudicata e influenzata come nessun altro giornalista ha fatto dal 1976 a oggi. Un primo della classe geniale, testardo, autoritario, con un'autostima enorme, convinto di avere sempre ragione al punto di non sopportare chi si azzarda a mettere in dubbio la sua assoluta perspicacia. E quando commette un errore, e sbaglia una previsione, come è accaduto in più di un caso, rimuove tutto senza spiegare nulla. La stessa marmorea noncuranza mostra nel piegare i fatti, e la loro memoria, a vantaggio di se stesso. Sino al punto di alterare la verità. Gli capita di farlo spesso, confidando sulla smemoratezza di chi lo ascolta pontificare in tv con lentezza regale o legge il suo vangelo domenicale su Repubblica.
Volete un esempio di questa sicurezza rocciosa? Ne citerò uno solo, minimo, ma significativo. Riguarda la storia del quotidiano che ha fondato e l'arrivo del successore al vertice del giornale, Ezio Mauro. Domenica 26 agosto 2012, per troncare le polemiche interne a Repubblica su una controversia a proposito delle prerogative del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, Scalfari ha scritto di Mauro: «Noi ci siamo scelti reciprocamente diciassette anni fa ed è stata una scelta della vita che quotidianamente si rinnova». In realtà era andata nel modo opposto, come si potrà leggere in questo libro. Barbapapà non voleva Ezio come successore. E fu costretto ad accettarlo perché così aveva deciso l'editore, Carlo De Benedetti.
A somiglianza di chi scrive di continuo sui giornali, anche Scalfari si contraddice. Su questo versante, le molte testate che lo avversano si divertono a prenderlo in castagna di continuo. Ma ho l'impressione che a Barbapapà non importi nulla, anzi credo ne sia felice. Forse considera le critiche un omaggio alla propria fama e all'instancabile presenza sul campo. Ogni colpo che gli assestano è per lui una vittoria. Il fragore della battaglia lo fa sentire giovane. E lo obbliga a rammentarsi di avere tanti successi da rivendicare.
Il primo è di aver creato dal nulla, con Caracciolo, un giornale leader come Repubblica. E dopo averlo fondato, essere riuscito a farlo diventare il potere invisibile, ma concreto, che è oggi  Scalfari poi voleva un quotidiano di sinistra ed è riuscito a costruirlo e ad affermarlo, mentre tutta la stampa di quell'area politica spariva o si riduceva al lumicino. Repubblica ha distrutto uno dopo l'altro i giornali legati al Pci o compagni di strada delle Botteghe oscure.  Barbapapà voleva un giornale «ibrido», come l'ha definito un intellettuale di grande acume, Edmondo Berselli. Scalfari ci è riuscito mettendo in pratica la teoria del giornale libertino, capace di contraddirsi, di mutare opinione, di sposare cause in apparenza lontane fra loro. Però quel prodigio oggi è finito, annientato dalla filosofia del giornale-caserma che pervade la Repubblica di questi ultimi anni. Diventata una fortezza inchiodata a un pensiero unico. Dove non vengono ammessi dubbi, dissensi, deviazioni. Le opinioni pubblicate sono tutte uguali e dettate ai lettori senza mai essere messe in discussione. Un errore al quale Scalfari non soltanto non si è opposto, ma che ha contribuito a provocare. Il risultato è una falange compatta e guerrigliera: il giornale-partito.  I lettori di Repubblica sono una comunità di militanti, cresciuta lottando contro i nemici che, via via, Scalfari indicava: per primo Bettino Craxi e infine Silvio Berlusconi.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/scalfari-barbapap-mannaro-autoritario-non-sopporta-sbagliare-883118.html

domenica 17 marzo 2013

L'OCCUPAZIONE BULGARA DI BERSANI


Con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato si è compiuto il primo appuntamento istituzionale della nuova legislatura ed il senso politico dell’occupazione “bulgara” dei due rami del Parlamento, fatemelo dire, non è incoraggiante, anzi!. Una minoranza nel Paese, la sinistra di Pd (evito di scrivere il nome del partito per intero perché la parola “Democratico” non abita da quelle parti), e l’ancor più minoranza di Vendoliani, ha occupato entrambe le cariche parlamentari senza prendere in considerazione l’ipotesi di una rappresentanza più ampia da tutti auspicata. Se qualcuno aveva bisogno di conferme sul fatto che Bersani, relegato al ruolo comprimario di “che Guevara dei poveri” è sempre stato alla ricerca del potere adesso, dopo l’eliminazione “bianca” dei suoi oppositori interni (vedi Renzi) e l’occupazione dei due rami del parlamento ne ha la conferma. Questo arroccamento del proprietario “del pastificio” potrebbe però segnare l’inizio della fine di una legislatura che già di suo non prometteva niente di buono con il PD alla ricerca di “posti” da occupare e i grillini alla ricerca di una cravatta e del “manuale di Casaleggio” da imparare a memoria prima di entrare in aula.
Se adesso i Bersaniani bulgari continueranno questo arroccamento in posizioni di potere, e pretenderanno e otterranno anche il presidente del Consiglio, si sarà compiuto uno sfregio ad una dinamica democratica corretta a favore del peggior comunismo d’altri tempi con la messa in atto di una vera e propria dittatura della minoranza, che porterà il Paese a nuove elezioni dove i neo-stalinisti saranno spazzati via dalla reazione di tutte quelle forze democratiche e riformiste che si sono riconosciute nel PDL e che Bersani non ha al né proprio interno né nel suo DNA. Confidare in un ravvedimento che porti all’inaugurazione di una stagione di collaborazione nell’interesse nazionale al momento pare un sogno, ma per il bene del Paese, che in questo momento storico non può permettersi un non-governo, noi ci speriamo.

PAPA FRANCESCO


venerdì 8 marzo 2013

HITLER E GRILLO: DISCORSI QUASI UGUALI

Provate a confrontare i due discorsi 

e troverete le similitudini


Testo di Beppe Grillo 

«I nostri avversari ci accusano e accusano me in particolare di essere intolleranti e litigiosi. Dicono che rifiutiamo il dialogo con gli altri partiti. Dicono che non siamo affatto democratici  perché vogliamo sfasciare tutto. Quindi sarebbe tipicamente democratico avere una trentina di partiti? Devo ammettere una cosa – questi signori hanno perfettamente ragione. Siamo intolleranti. Ci siamo dati un obiettivo, spazzare questi partiti politici fuori dal parlamento. I contadini, gli operai, i commercianti, la classe media, tutti sono testimoni... invece loro preferiscono non parlare di questi 13 anni passati, ma solo degli ultimi sei mesi... chi è il responsabile? Loro! I partiti! Per 13 anni hanno dimostrato cosa sono stati capaci di fare. Abbiamo una nazione economicamente distrutta, gli agricoltori rovinati, la classe media in ginocchio, le finanze agli sgoccioli, milioni di disoccupati.. sono loro i responsabili!
Io vengo confuso.. oggi sono socialista, domani comunista, poi sindacalista, loro ci confondono, pensano che siamo come loro. Noi non siamo come loro! Loro sono morti, e vogliamo vederli tutti nella tomba! Io vedo questa sufficienza borghese nel giudicare il nostro movimento..mi hanno proposto un'alleanza. Così ragionano! Ancora non hanno capito di avere a che fare con un movimento completamente differente da un partito politico...noi resisteremo a qualsiasi pressione che ci venga fatta. E' un movimento che non può essere fermato... non capiscono che questo movimento è tenuto insieme da una forza inarrestabile che non può essere distrutta.. noi non siamo un partito, rappresentiamo l'intero popolo, un popolo nuovo.. »

Adolf Hitler – Comizio elettorale ad Eberswalde
(27 luglio 1932, – mia traduzione)

«Compatrioti e compatriote!
In Germania, ovunque noi andiamo, la scena della rivolta del nostro popolo è dappertutto la stessa. Una rivolta che dimostra che milioni di persone sono diventate consapevoli di come la posta in gioco delle prossime elezioni sia più alta del solito, che non si deciderà di una qualsivoglia nuova coalizione, né di un nuovo governo, ma che si deciderà della vittoria o della sconfitta di due orientamenti, uno dei quali ha vissuto sessanta, settant’anni, ha governato per tredici ed ha dimostrato di cosa è capace e di cosa no.
Uno dei quali è basato su idee di matrice internazionale, che si parli di borghesia o di partiti russi. Mentre l’altro si concentra intenzionalmente proprio sulle forze di cui è dotato il nostro stesso popolo. Sulla Germania nazionale nel più vero senso del termine, senza distinzioni di classe, ceto, confessione. Questa Germania ha governato per tredici anni e, se è alla propaganda elettorale di questa Germania che oggi si guarda, è proprio nei modi di questa propaganda che si può scorgere la condanna di questi tredici anni. Se il destino mette tredici anni a disposizione di un sistema perché questo dimostri le proprie capacità, sono allora i fatti ed i risultati a dover parlare. È solo così che oggi questi avversari dovrebbero condurre la propria propaganda, chiamando a testimoniare ogni singola categoria sociale tedesca, facendo comparire il contadino, il lavoratore, gli impiegati, il ceto medio e l’economia tutta in qualità di testimoni viventi della bontà del loro operato. Anziché fare ciò, preferirebbero non parlare affatto di questi tredici anni; vogliono anzi [concentrare, limitare] la propaganda elettorale ad una critica delle ultime sei settimane. Dicono che i nazionalsocialisti sarebbero responsabili per queste sei settimane. Non vedo il perché! Perché il gabinetto von Papen non è stato nominato da noi. È stato invece nominato dal Signor Presidente del Reich, a sua volta votato dalla socialdemocrazia e dal Centro. Perché dovremmo esserne responsabili? Ma se anche così fosse, mi assumerei in ogni momento la responsabilità di queste sei settimane! Ma i Signori dovrebbero cortesemente assumersi la responsabilità degli ultimi tredici anni!
(...) che improvvisamente si comportano come se per tredici anni avessero cercato di lavorare bene, e solo noi avessimo loro impedito di riuscirvi. Per tredici anni hanno potuto dimostrare di cosa sono capaci di fare per l'economia ed in politica. Una nazione economicamente distrutta, la popolazione rurale rovinata, il ceto medio immiserito, le finanze del Reich, dei Länder e dei Comuni al dissesto, bancarotta ovunque e molti milioni di disoccupati. Possono divincolarsi quanto vogliono: sono loro ad essere responsabili di tutto ciò.
[applauso]
Ed era così che doveva andare a finire. Davvero qualcuno pensa che una Nazione possa giungere a qualche risultato, se la sua vita politica è a pezzi come la nostra tedesca?
Solo un paio d’ore fa ho potuto vedere le liste delle candidature, per esempio quelle in Assia-Nassau: trentaquattro partiti! I lavoratori hanno i loro partiti, per la precisione non uno, sarebbe troppo poco, devono essere tre, quattro. Alla borghesia, siccome è ancora più intelligente, di partiti ne servono ancora di più. Il ceto medio deve avere i propri partiti, l’economia i propri partiti, anche il contadino deve avere il proprio partito, anche tre, quattro. E i signori proprietari d’immobili devono avere un partito che rappresenti i loro particolari interessi di natura politica, la loro visione del mondo. Né gli affittuari, va da sé, possono rimanere indietro! Ed anche i cattolici il loro partito, i protestanti un partito, i Bavaresi un loro partito, i Turingi un loro partito e quelli del Württemberg un loro particolare, speciale partito, e via di questo passo. Trentaquattro, in una piccola provincia! E questo in un tempo in cui permangono le più grandi incombenze, che possono essere risolte solo a patto che l’intera forza della Nazione vi si concentri intensamente.
Gli avversari accusano noi nazionalsocialisti, e me in particolare, di essere intolleranti e litigiosi. Non vorremmo collaborare con gli altri partiti, sostengono. Ed (…) un politico [Alfred Hugenberg] rincara la dose dicendo: i nazionalsocialisti non sono nemmeno tedeschi, perché rifiutano la collaborazione con gli altri partiti! È quindi tipicamente tedesco avere trenta partiti. Devo dire qualcosa al proposito: i Signori hanno ragione! Siamo intolleranti! Mi sono prefisso un obiettivo, quello di spazzare via i trenta partiti dalla Germania!
[applauso]
Continuano a scambiarmi per un politico borghese o marxista; oggi SPD, domani USPD e dopodomani KPD e dopo sindacalista rivoluzionario, oppure oggi Democratici e domani Partito Popolare Tedesco e poi (…) Wirtschaftspartei. Ci confondono con i loro simili! Ci siamo prefissi un obiettivo [e lo perseguiremo] fanaticamente, spietatamente, fin dentro alla tomba!
[applauso]
Ho avuto modo di conoscere bene questa mentalità borghese che impermea il giudizio sul nostro movimento, perché un ministro dell’Interno del Reich [Wilhelm Groener] ebbe a dire: questi li sciolgo, tolgo loro le uniformi e li trasformo in un circolo ginnico - sportivo neutrale, pacifista e democratico, e così il movimento nazionalsocialista sarà finito. Una ricetta semplice. È così che pensano e non hanno capito che si tratta di tutt’altro che di un normale partito, politico e parlamentare. Che questo è qualcosa che non si può più sciogliere, che ogni tentativo di farlo servirà solo a temprare gli uomini e che questa Germania che si è ritrovata nel movimento non potrà più essere distrutta. C’è un politico borghese [Heinrich Brüning] che dice: adesso mi tengo un po’ in disparte; quando i nazionalsocialisti avranno fallito mi troverò in posizione privilegiata, e tutti torneranno da me. È così che pensano, perché non sono proprio in grado di capire che questo movimento è tenuto assieme da un qualcosa che non può più essere [sciolto].
Prima di questi trenta partiti c'era un popolo tedesco; i partiti svaniranno, e dopo di loro resterà ancora il nostro popolo. E non vogliamo rappresentare una professione, una classe, un ceto, una confessione od una regione, ma vogliamo educare i tedeschi al punto da far capire loro, prima d’ogni altra cosa, che non esiste vita senza giustizia, che non esiste giustizia senza potere, che non esiste potere senza forza e che ogni forza deve avere radici nel proprio popolo.»

MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...