mercoledì 8 agosto 2012

REGOLARIZZARE LA PESCA A "CIANCIOLO"

Con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del 28 giugno 2012 sono stati definiti i periodi di arresto temporaneo obbligatorio delle unità autorizzate all'esercizio della pesca con il sistema a strascico e/o volante per l'anno 2012 al fine di rafforzare la tutela delle risorse e garantire un migliore equilibri tra risorse e attività di pesca; l'attuazione della misura comporta conseguenze di rilevante impatto economico ed occupazionale nei confronti di un settore già in difficoltà per effetto dell'attuale congiuntura economica negativa e nel corso del periodo di fermo i marittimi imbarcati sulle unità interessate dalla misura sono impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.
  Sempre con riferimento al citato decreto 28 giugno 2012, pur avendo il sistema di pesca «volante» tra le specie bersaglio i piccoli pelagici, ne viene predisposto il fermo temporaneo perché la quasi totalità delle imbarcazioni che utilizzano detto attrezzo ha in licenza anche l'autorizzazione all'uso del sistema «strascico», sottoposto al fermo temporaneo obbligatorio in virtù dei piani di gestione adottati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali secondo le vigenti norme comunitarie, ma  
diversamente dai sistemi «strascico» e «volante», non viene invece previsto un periodo di fermo per il cianciolo (lampara), che in prevalenza ha come specie bersaglio l'acciuga mentre in taluni periodi dell'anno, con particolare riferimento al periodo invernale, potrebbe essere opportuna una limitazione dello sforzo di pesca con il cianciolo, allo scopo di tutelare la risorsa.
 L'eventuale periodo di fermo, definito sulla base di pareri tecnici e scientifici, dovrebbe comunque essere trattato da un punto di vista economico come il fermo delle imbarcazioni con sistema a strascico/volante, onde tutelare il reddito di imprese di pesca e degli imbarcati.
http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=58449&stile=6&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27

venerdì 3 agosto 2012

NO ALLE PROSPEZIONI PETROLIFERE

Presentata al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, una interpellanza urgente per la tutela delle coste e contro le trivellazioni nel mare di Sicilia.


L'articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese, reca modifiche alla disciplina delle attività di ricerca, di prospezione e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, le cui norme sono prevalentemente volte a fissare un'unica fascia di rispetto per lo svolgimento di tali attività in mare; la principale modifica prevista dal nuovo testo consiste, nella fissazione di «un'unica, per olio e per gas, e più rigida fascia di rispetto, fino alle 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione»; 
la predetta disposizione intervenendo in deroga al limite delle suesposte 12 miglia, consente nella sostanza di intervenire nelle attività di trivellazioni vicino alle coste, per la ricerca di idrocarburi, attraverso le esplorazioni off-shore del sottosuolo marino, nel caso di richieste e di concessioni avanzate prima del giugno del 2010;

A mio giudizio, questa deroga appare oltre che preoccupante in considerazione di possibili e irreparabili rischi derivanti alle coste e all'intero ecosistema marino, anche dannoso dal punto di vista economico se si valuta, che l'applicazione della suddetta norma, potrebbe causare gravi danni per le popolazioni costiere, nonché per settori economici importanti del nostro Paese, come quelli del turismo e della pesca, che vivono delle risorse marine


I permessi di ricerca di idrocarburi già concessi nell'area del Canale di Sicilia attualmente risultano essere 11, mentre le nuove richieste in via di valutazione sono 18; le aree di maggior interesse per le compagnie petrolifere, si evidenziano più specificatamente, al largo delle isole Egadi, dove si sono già fatte trivellazioni per la ricerca del petrolio e 5 invece sono le istanze effettuate per avviare una ricerca al largo della costa tra Marsala e Mazara del Vallo
Un'altra area a rischio ambientale, si riscontra a sud della costa siciliana tra Sciacca e Gela, nella cui area oltre a 2 permessi di trivellazione già concessi, ci sono 5 nuove richieste di ricerca, sviluppo e coltivazione di giacimenti da accertare, area in cui insiste il vulcano sottomarino Empedocle, a circa 40 chilometri al largo di Capo Bianco in Sicilia, nelle vicinanze di quella che fu l'isola Ferdinandea, situata a circa 6 metri dalla superficie marina tra Sciacca e l'isola di Pantelleria, e costituisce una zona marina che presenta diverse criticità geo-marine;
l'avvio di trivellazioni in acque profonde, conseguentemente possono determinare in prossimità del suddetto vulcano, la cui area marina, rappresenta fra l'altro una zona di pesca e di riproduzione di numerose specie ittiche di importanza commerciale, gravi ed irreparabili danni all'ambiente e all'intero eco-sistema marino; 
eventuali insediamenti di piattaforme petrolifere in prossimità della costa ed anche dalla zona archeologica di Selinunte, nonché vicino la costa prospiciente alla medesima area di mare interessata da notevoli attività turistiche con investimenti cospicui privati e pubblici, tra cui il «Golf Resort Verdura» del gruppo Rocco Forte a Sciacca, possono determinare gravi danni sia come precedentemente esposto, dal punto di vista ambientale, che in particolare sotto il profilo economico e degli investimenti già effettuati nell'area stessa; 

In definitiva il rischio di ulteriori trivellazioni nel nostro Paese ed in particolare nei riguardi dei mari siciliani, giova in maniera esclusiva alle industrie petrolifere, e chiede quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto con particolare riferimento alle disposizioni previste dall'articolo 35 che consentono in deroga al limite delle 12 miglia di procedere con le trivellazioni anche vicino alle coste nel caso di richieste avanzate dalle imprese di ricerca, coltivazione e sviluppo di idrocarburi, prima del 2010, per quali ragioni sia stata assunta tale iniziativa normativa considerato che i progetti di perforazione rischiano di minacciare un patrimonio ambientale e culturale inestimabile rappresentato dalla biodiversità del Canale di Sicilia e dalle rispettive coste, nonché l'intera economia delle comunità locali interessate.

giovedì 2 agosto 2012

NON LIMITARE L'ATTIVITA' DI INVESTIMENTO DEGLI ENTI PREVIDENZIALI

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze.


Gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 sono stati negli ultimi anni oggetto di diversi interventi legislativi e di indirizzi di coordinamento volti ad assicurare la migliore gestione al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali e l'adeguatezza delle prestazioni; 
gli indirizzi in materia di bilanci tecnici hanno imposto, inizialmente, che la stabilità delle gestioni previdenziali dei predetti enti e casse privatizzate sia da ricondurre ad un arco temporale non inferiore a trenta anni (articolo 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 finanziaria per il 2007), in luogo dei quindici precedentemente previsti; 

successivamente, ai sensi del comma 24 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 gli enti di cui ai predetti decreti legislativi adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni; al contempo gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 sono stati sottoposti ad una serie di vincoli ed obblighi gestionali, ivi compresi quelli recentemente introdotti dal decreto-legge n. 95 del 2012, in quanto inclusi nell'elenco Istat di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, che di fatto limitano fortemente l'operatività di detti enti; 

si rileva come appaia, quindi, contraddittorio sottoporre le casse previdenziali ad uno stress test, prevedendo da un lato il rispetto dell'equilibrio previdenziale a 50 anni e l'utilizzo della redditività del patrimonio all'1 per cento netto e dall'altro lato il rispetto di una serie di vincoli gestionali che ne limitano l'operatività; 
appare evidente dall'analisi dei bilanci tecnici come la priorità delle casse sia quella di gestire in maniera ottimale e prudenziale il patrimonio, dotandosi di tutti gli strumenti che sono previsti per i fondi pensione di previdenza integrativa e rafforzando la governance interna a tali fini e, altresì, come in presenza di un prodotto interno lordo con crescita debole o in recessione diventi importante la valorizzazione dei montanti contributivi attraverso una valorizzazione dei patrimoni; 
tale scelta però, non chiaramente perseguita dal Governo, viene inficiata da una serie di vincoli, come quelli sui consumi intermedi introdotti dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, a cui sono sottoposti oggi gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 e che ignorano come nel modello organizzativo di questi enti i costi non siano di carattere autoreferenziale, ma qualificabili come costi di «produzione» o relativi alla «gestione del rischio»; non appare corretto comprimere i costi necessari, tra cui quelli per l'effettuazione degli investimenti dei contributi, il monitoraggio dei fabbisogni sociali ed assistenziali degli iscritti, la verifica dell'andamento del mercato del lavoro di riferimento, la definizione e gestione dell'asset allocation strategica e dinamica, l'individuazione del benchmark e della banca depositaria, l'utilizzo di advisor e del risk management, lo svolgimento delle funzioni volte a tutelare le prestazioni previdenziali degli iscritti; 
gli enti previdenziali di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 sopportano i relativi costi di funzionamento nell'ambito delle proprie entrate, non gravando a tal fine sul bilancio dello Stato, e tali costi non superano mediamente l'1 per cento dei rispettivi bilanci -: 
se sia intenzione del Governo dare un indirizzo chiaro e univoco in materia di investimenti, nel rispetto dell'autonomia prevista all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 509 del 1994, come confermato da ben due sentenze della Corte Costituzionale (5 febbraio 1999, n. 15; 18 luglio 1997, n. 248), oppure se si intenda limitare l'attività di investimento degli enti in questione con grave pregiudizio ai bilanci degli stessi; 
se siano state stimate le minori entrate derivanti dalle norme sulle locazioni alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 95 del 2012; 
se siano state altresì stimate le minori entrate derivanti dai vincoli sulla gestione degli investimenti, dell'asset allocation e del rischio; 
se sia intenzione eliminare i vincoli richiamati per ridurre il pregiudizio e il danno nei confronti delle gestioni previdenziali dei liberi professionisti.

mercoledì 1 agosto 2012

TRIBUNALE DI SCIACCA: UN ALTRO PASSO AVANTI

Ancora un passo avanti per il mantenimento del Tribunale di Sciacca. L'audizione del Dott. Messineo, procuratore della Repubblica di Palermo che ha risposto a mie precise domande in commissione, e la mia relazione, hanno portato nuova speranza per il mantenimento del Tribunale di Sciacca. Un piccolo passo avanti verso la soluzione da tutti auspicata.

La Commissione giustizia,

esaminato lo schema di decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, che, nel dare attuazione alla delega prevista dall’articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n. 148, volta a riorganizzare la complessiva distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, sopprime complessivamente 37 tribunali e le corrispondenti Procure della Repubblica (oltre alla Procura della Repubblica di Giugliano in Campania) e tutte le 220 sezioni distaccate di tribunale;

considerati i principi e i criteri direttivi di delega, tra i quali si richiama espressamente la lettera b) del comma 2 del citato articolo 1 della legge n. 148 del 2011, secondo cui la ridefinizione, anche mediante  attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari deve essere effettuata secondo criteri oggettivi e  omogenei  che  tengano  conto dell'estensione  del  territorio,  del  numero  degli abitanti,  dei carichi  di  lavoro  e  dell'indice   delle   sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza,  anche  con  riguardo alla  situazione  infrastrutturale,  e  del  tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di  razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;

rilevato che:

la relazione governativa che illustra lo schema di decreto dà conto della metodologia seguita ed in particolare  dell’elaborazione del gruppo di lavoro incaricato appositamente dal Ministro della Giustizia, nonché degli ulteriori approfondimenti effettuati dall’amministrazione giudiziaria, da cui risulta,  tra l’altro, che i parametri di riferimento per il mantenimento dei tribunali sono stati  individuati in un  bacino di utenza minimo di 200.000 abitanti e in una estensione media del territorio pari a 2.169 kmq, nell’intento di “individuare un modello ideale di ufficio giudiziario attraverso il ricorso a standard oggettivi in grado di assicurare anche l’indispensabile specializzazione dei magistrati”;

i predetti parametri  sono stati necessariamente derogati al fine di rispettare due principi di delega, secondo cui devono comunque essere mantenute le sedi di tribunale nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011 (lett. a) del citato comma 2) e deve essere garantito che, all'esito degli interventi di riorganizzazione, ciascun distretto di corte d'appello, incluse le sue sezioni distaccate, comprenda non meno di tre degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica (lett. g) del citato comma 2);

considerato che:

la scelta di fondo del legislatore delegante di mantenere i Tribunali sede di capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011, come da lettera a) dell’art. 1, seppur ancorata ad un criterio obbiettivo, presta il fianco a critiche nel momento in cui è in atto un processo di razionalizzazione delle province italiane e, quindi della geografia degli apparati amministrativi di riferimento.

anche l’attuazione della  regola di mantenimento in ogni distretto di Corte di Appello di  non meno di tre degli attuali tribunali con relative Procure della Repubblica (la cosiddetta regola del tre) crea, alla luce dello schema di decreto in esame nel suo complesso, irragionevoli discriminazioni, che non trovano nemmeno adeguata giustificazione sulla base dei criteri di efficienza e razionalità, come ha rilevato in senso critico anche il CSM nel suo parere rilevando che “la previsione si ancora ad un principio aritmetico  che mal si concilia con un’analisi  delle specifiche esigenze dei distretti”;

al riguardo la Camera dei deputati ha approvato il 3 luglio 2012 l’ordine del giorno n. 9/05273-A/063, sottoscritto da parlamentari di tutti gruppi,  con  cui si impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie, comprese anche quelle normative eventualmente d'urgenza, affinché sia soppresso o, comunque, non trovi attuazione, il principio di cui alla lettera f) dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n 148 (la cosiddetta regola del tre).

richiamata l’istruttoria effettuata in Commissione al fine di verificare la completa ed adeguata attuazione dei principi e dei criteri di delega e, quindi, gli effetti sul risparmio di spesa nonché il miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario che dovrebbe essere conseguente alla  razionalizzazione delle risorse umane e materiali ed a una più equilibrata distribuzione sul territorio dei vari tribunali;

considerato che la Commissione nell’intento di verificare l’attuazione dei criteri  concorrenti della delega, in ordine alla soppressione di Tribunali subprovinciali, ha tratto elementi di valutazione rilevanti oltre che dalla documentazione trasmessa sia da organi ed enti pubblici anche di natura giudiziaria nonché da operatori del diritto interessati alla riforma, e dalle audizioni svolte nell’ambito dell’indagine conoscitive, tra le quali si ricordano quelle  dei procuratori distrettuali,  anche  dall’esame delle osservazioni richieste ai Consigli giudiziari al fine di avere un quadro delle diverse situazioni locali filtrato da istanze particolaristiche;

sottolineato che nel corso dell’istruttoria sono state trasmesse alla Commissione diverse osservazioni da parte di operatori della giustizia che hanno messo in evidenza gravi questioni attinenti all’attuale assetto della geografia giudiziaria, come ad esempio quelle relative agli ambiti territoriali dei distretti di Corte d’appello, che non possono essere affrontate dal provvedimento in esame in quanto non riconducibili ai principi e criteri direttivi di delega;

rilevato che dalla istruttoria compiuta sono stati individuati:

1) Tribunali non suscettibili di essere soppressi in quanto situati in aree caratterizzate da fenomeni di criminalità organizzata, tenuto conto anche della specificità territoriale del bacino di utenza e della situazione infrastrutturale:

a) per il distretto di Bari, si è rilevata la necessità di mantenere il Tribunale di Lucera, accorpandovi il territorio della sezione di San Severo,, non solo per consentire un riequilibrio finalizzato all’efficienza dei due tribunali, ma soprattutto per garantire un’adeguata risposta alla criminalità organizzata, ricordando che da una nota depositata in Commissione risulta che il Procuratore della Repubblica di Lucera  ha segnalato al procuratore generale di Bari l’impatto eccezionale sul territorio di Lucera della mafia di san  Nicandro Garganico, con chiari collegamenti con la mafia foggiana;

b) per il distretto di Catania si è rilevata la necessità di mantenere il Tribunale di Caltagirone (151.000 abitanti), che potrebbe accorpare i comuni di Ramacca, Castel di Judica, Raddusa, ed il mantenimento di Niscemi in considerazione della estrema difficoltà di collegamento tra i comuni che ricadono nel circondario e dell’alto tasso di impatto della criminalità organizzata nella zona, nella quale  operano, come risulta dalla relazione del Procuratore distrettuale depositata, due famiglie appartenenti a Cosa nostra (La Rocca a Caltagirone e Oliva a Ramacca) oltre ad esservi infiltrazioni dei clan Cappello e Laudani di Catania, e come risulta dal parere del consiglio giudiziario nonché in applicazione della lettera E, comma 2, articolo 1 della legge delega.


c) per il distretto di Catanzaro, si è rilevata la necessità di mantenere i Tribunali di Castrovillari, Lamezia Terme, Paola e Rossano, stante la particolare conformazione del territorio, che  si sviluppa per 300 km e attraversa la dorsale appenninica che separa il versante ionico da quello tirrenico con  a nord  il massiccio del Pollino e al centro la Sila  e rende estremamente difficili i collegamenti all’interno della Regione, nonchè  il  grave impatto del fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso, come rappresentato dal Procuratore distrettuale Lombardo.  Qualora non sia possibile mantenere tutti i predetti tribunali si ritiene in subordine necessario di non sopprimere quei Tribunali che per la distanza chilometrica dalla sede provinciale, il carico di lavoro, il bacino d’utenza, la particolare difficoltà dei collegamenti stradali e con i mezzi pubblici e l’incidenza della criminalità organizzata garantiscono nel territorio di riferimento presidi  di legalità necessari  per il funzionamento della giustizia;

d) per il distretto di Palermo, si è rilevata la necessità di mantenere il tribunale di Sciacca, non solo per l’inadeguatezza dei collegamenti tra i comuni del circondario-zona occidentale della provincia di Agrigento e il capoluogo di provincia (inesistenza di rete ferroviaria e di autoservizi urbani), ma anche e soprattutto perché insiste in contesti territoriali caratterizzati da un’alta densità criminale (a 30 km da Sciacca  vi è il comune di Castelvetrano, residenza della famiglia di Messina Denaro) come avvalorato dalla audizione del  Procuratore distrettuale, dott. Messineo;

e) per il distretto di Roma, si è rilevata la necessità di mantenere  il  tribunale di Cassino (59 comuni, di cui 5 campani, 225.000 abitanti, superficie 1.885 kmq) cui potrebbe essere accorpata la sezione di Gaeta, che ha un bacino di 105.000 abitanti con  nove comuni situati ad una distanza da Cassino inferiore della metà rispetto a Latina,  in considerazione dell’alto tasso di impatto della criminalità organizzata derivante dalle infiltrazioni camorristiche. Sul punto è significativa la relazione del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma nell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012.

2) Tribunali non suscettibili di essere soppressi in presenza di strutture  dedicate agli uffici giudiziari, di recente costruzione e realizzazione, che hanno comportato notevoli investimenti di risorse pubbliche:

la Commissione ha  inoltre  proceduto a verificare l’attuazione del   principio di delega  volto a  realizzare risparmi di spesa  oltre che  incremento di efficienza degli Uffici giudiziaria e ha  individuato all’esito dell’indagine conoscitiva  strutture  di recente costruzione e realizzazione, specificatamente destinate a ospitare Tribunali sub Provinciali, che hanno comportato notevoli investimenti di risorse pubbliche a carico del Ministero della Giustizia ,e la cui  mancata utilizzazione, in caso di soppressione del relativo ufficio Giudiziario, è sicuramente contraria ai principi della delega oltre che ai principi di buona amministrazione, come è il caso:

a) del Tribunale di Chiavari, ove è stato realizzato un nuovo palazzo di giustizia per 14 milioni di euro, di cui 8,7 a carico del Ministero della Giustizia,  costituito da una superficie di 8.900 mq adiacente alla sede del commissariato di polizia e alla casa circondariale, che risulta connessa direttamente con il nuovo palazzo, dove la Cisia ha realizzato un progetto di cablaggio;

b) del tribunale di Bassano del Grappa, costituito da una superficie di 3500 mq,  per il quale l’erario ha speso 12. milioni di euro destinati al completamento della città della giustizia. In tal caso si potrebbe procedere anche all’accorpamento di territori limitrofi omogenei, quale, ad esempio, Cittadella;

c) del tribunale di Castrovillari  dove sono presenti due palazzi di giustizia, uno di nuova costruzione, con un’aula bunker collegata con un tunnel alla casa circondariale, l’unica con sezione femminile nel distretto.

3) Tribunali non suscettibili di essere soppressi in quanto necessari per decongestionare le aree metropolitane:

la Commissione ha  altresì rilevato,sempre alla luce degli elementi acquisiti nel corso della indagine conoscitiva, che  il criterio  di delega secondo cui la ridefinizione della geografia giudiziaria  doveva essere  realizzato  ,anche mediante trasferimento  di   territori dall’attuale  circondario a circondari limitrofi, anche al fine di razionalizzare  il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane, non è stato adeguatamente attuato. In particolare si è rilevato che:

a) nel distretto del Piemonte e Valle d’Aosta  è necessario - come sostenuto dal Consiglio giudiziario di Torino e, nel corso dell’audizione presso la Commissione giustizia dal rappresentante della  procura della Repubblica - il mantenimento del Tribunale di Pinerolo, previo accorpamento dei territori limitrofi ed omogenei. Si ricorda peraltro che la linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice è stata recentemente soppressa, per cui l’accorpamento realizzato dallo schema di decreto creerebbe agli utenti notevoli difficoltà di collegamento;

b) sempre nel medesimo distretto, è necessaria  la rimodulazione geografica del circondario del Tribunale di Torino nel cui territorio si deve prevedere l’accorpamento  del territorio dell’aeroporto di Caselle, nonché dei comuni di Leinì e Rivarolo, facenti parte della sezione distaccata di Ciriè, i cui consigli comunali sono stati entrambi sciolti per infiltrazioni mafiose, nonché della sezione distaccata di Chivasso, per il quale è stata avviata la procedura per un eventuale scioglimento per infiltrazioni mafiose. Sul punto, è significativa l’audizione del Procuratore aggiunto distrettuale di Torino che ha  rappresentato anche la posizione del Procuratore della Repubblica e del Procuratore Generale di Torino;

c) nel distretto di Milano la sezione distaccata di Rho, che integra l’area metropolitana di Milano con cui ha efficienti collegamenti pubblici di trasporto locale, non  può ragionevolemente essere  accorpata al tribunale di Busto Arsizio, geograficamente ed economicamente estraneo al suo territorio e raggiungibile con difficoltà.

d) nel  distretto di Napoli,  la istituzione del tribunale di Napoli Nord, che sostituisce quello di Giugliano istituito nel 1999  e mai realizzato, è assolutamente inadeguata  a decongestionare il Tribunale di Napoli,  in quanto,  come rilevato dal Consiglio Giudiziario  di Napoli, dall’Anm e dal CSM, non  è  prevista una procura ad esso specificamente collegata, è  privo anche dell’ufficio GIP,  ha un organico  esiguo rispetto ad un bacino di utenza pari a 690.000 abitanti ed all’alta densità criminale. Diversa la valutazione potrebbe avere, proprio per garantire la funzionalità degli uffici e  un’adeguata risposta alla criminalità organizzata, la istituzione di un  secondo tribunale sub provinciale  dotato di proprio ufficio di procura circondariale , che possa decongestionare Napoli ma anche riaffermare un presidio di legalità in zone ad alta densità camorristica, comprendendo oltre ai comuni delle sezioni di Afragola, Casoria, Frattamaggiore, Marano di Napoli (680.000 abitanti) anche il territorio della sezione distaccata di   Aversa (244.000 abitanti).

4) Tribunali non suscettibili di essere soppressi in ragione della grande estensione territoriale del Circondario, come è il caso:

a) in Piemonte, della provincia di Cuneo, che si estende per 6.903 kmq (più ampia dell’intera Liguria, che misura 5.402 kmq nella quale sono stati mantenuti quattro tribunali) e dove il Tribunale di Mondovì è quello con la maggiore estensione territoriale fra quelli aventi sede in Comuni “non capoluogo” della Corte d’Appello di Torino, con 1.666 kmq. Provincia nella quale si articola un tessuto produttivo costituito da 80.000 piccole e medie imprese, come risulta dalla nota del Presidente Provincia depositata, e per la quale lo schema di  decreto prevede, in maniera non razionale, la soppressione di tutti i tre tribunali (Alba, Mondovì e Saluzzo) e il mantenimento del solo tribunale provinciale di Cuneo.  Si propone il mantenimento almeno di un Tribunale sub provinciale  attraverso l’attribuzione ad un attuale circondario di una ulteriore area limitrofa ed omogenea che porti ad una estensione territoriale complessiva del nuovo circondario congrua rispetto al parametro di riferimento individuato dal legislatore delegato in 2.169 Kmq;

b) in Calabria, il circondario del Tribunale di Castrovillari ha una estensione di 2.029,3 Kmq;

c) in Puglia, il circondario del Tribunale di Lucera ha una estensione di 2.813,7 Kmq.

5) Incongruità di alcuni accorpamenti che possono avere incidenza negativa, comportando forti disagi organizzativi  e funzionali sia per gli utenti che per  il servizio giustizia quali:


a)      nel distretto della Corte d’appello di Salerno, il Tribunale di Sala Consilina viene assegnato addirittura al circondario del più piccolo Tribunale di Lagonegro, del distretto della Corte d’appello di Potenza, nella regione Basilicata, come rilevato criticamente dal Procuratore distrettuale, dal Consiglio giudiziario e dall’ANM, mentre deve essere mantenuto nel distretto della Corte d’appello di Salerno;


b) nel distretto di Perugia  la  sezione distaccata di Todi è stata erroneamente accorpata a Terni o Spoleto, mentre geograficamente  deve essere accorpata a Perugia, data la breve distanza e la facilità di comunicazione lungo la direttrice nord-sud (E45 e rinnovata Flaminia).

c) nel distretto di Ancona, il Tribunale di Urbino, è stato accorpato al Tribunale di Pesaro, pur trattandosi di  capoluogo di Provincia (Pesaro Urbino ) in base al  RD 22.12.1860  n. 4495, per cui  doveva essere  escluso dalla  secca soppressione in base al tenore letterale  dell’art. 1della  lettera a) della legge delega, tanto più che l’andamento orografico della provincia  e la disposizione delle principali vie di comunicazioni che si collocano ad ovest ed est rendono complessa se non problematica  la circolazione sia a nord che a sud ,sia nelle zone appenniniche . Inoltre ove si ritenesse applicabile la tutela della legge sulla montagna agli uffici giudiziari, si dovrebbe riordinare il circondario di Camerino accorpando la sezione distaccata di Fabriano.

d) nel distretto di Venezia, i territori di Arqua Petrarca, Battaglia Terme, Galzignano Terme, Monselice e Montegrotto Terme  per omogeneità territoriale, devono  essere accorpati al tribunale di Padova anziché, come risulta dallo schema governativo, al tribunale di Rovigo; così come  la sezione di Legnago è omogenea in gran parte al territorio di Verona anzichè a quello di  Rovigo, il cui vecchio palazzo di giustizia ,tra l’latro è appena sufficiente  a ospitare l’attuale personale  e le attività in essere, come evidenziato dall’ANM;

d-bis) nel distretto di Trieste l’eventuale soppressione del circondario di Tolmezzo, dotato tra l’altro di una estensione territoriale di notevole ampiezza (oltre 2169 kmq) che coinvolge addirittura il confine di Stato, provoca conseguenze non indifferenti in ordine al frazionamento territoriale del circondario del tribunale di Udine, una parte del quale,  finendo per essere accorpata al circondario di Gorizia, comporterebbe un notevole aumento della distanza tra i comuni periferici e la sede del tribunale accorpante, distanza che, in tali casi, potrebbe raggiungere quasi i cento chilometri.
La sezione distaccata di Palmanova deve essere accorpata per omogeneità territoriale al circondario di Udine.

e) nel  distretto della Corte d’Appello di Potenza, l’ottemperanza alla regola dei tre tribunali suggerisce unitamente agli altri criteri concorrenti di valutare adeguatamente la individuazione del terzo del terzo tribunale, in aggiunta a quelli di Potenza e Matera, tenendo conto dei principi e criteri di delega;

ritenuto comunque opportuno, nella definizione della mappatura delle circoscrizioni giudiziarie, tenere conto dell’omogeneità dei territori e dei comuni, in considerazione delle numerose osservazioni pervenute;

rilevato che intende esercitare la delega provvedendo alla soppressione di tutte le sezioni distaccate in quanto  sostanzialmente rappresentano un residuato delle vecchie preture mandamentali sopravvissute  sia all’introduzione delle preture circondariali della legge n. 30/1989, sia alla riforma del giudice unico di primo grado, introdotta dal D.lgs. 19/2/1998 n. 51. Tale scelta talvolta può creare disagio per i cittadini,  che vedranno perdere  una prossimità con l’Ufficio giudiziario ,in attesa di un sicuro miglioramento  della funzionalità complessiva  dell’organizzazione giudiziaria  che deve  rappresentare il principale obiettivo della  riforma della geografia giudiziaria . Anche al fine  di superare l’eccessiva discrezionalità o casualità insita  nella disposizione transitoria di cui all’art. 7 dello schema di decreto che prevede “che il Ministro della Giustizia può decidere di continuare a disporre per un massimo di 5 anni degli edifici già sede dei tribunali e delle sezioni distaccate soppresse senza che lo Stato debba corrispondere ai comuni alcun rimborso spese”, appare opportuno: 


a) il mantenimento dei tribunali sub provinciali soppressi, quali “presidi territoriali di giustizia” dei Tribunali accorpanti, per un periodo transitorio non superiore a cinque anni, anche in attesa del completamento della informatizzazione degli Uffici giudiziari e della realizzazione degli “sportelli telematici della giustizia”;

b) il mantenimento, sempre per un periodo transitorio non superiore a cinque anni, di quelle sole Sezioni distaccate, anche previo accorpamento, attualmente esistenti che per carico di lavoro riferito alle sopravvenienze , bacino di utenza, estensione territoriale ( in alcuni casi più ampio della sede accorpante ), caratteristiche specifiche della collocazione geografica, quale ad esempio l’insularità e le peculiarità delle zone montane o di confine, risultano  oggettivamente necessarie  per ovviare, soprattutto nella prima fase di attuazione, disagi organizzativi per la popolazione e funzionali per il servizio giustizia. Sul punto si rinvia alle oggettive indicazioni provenienti dai Consigli giudiziari, che si intendono richiamate integralmente;

c) sopprimere il comma 4 dell’articolo 7 dello schema di decreto che pone a carico del comune, in deroga alla normativa vigente, le spese di gestione e manutenzione degli immobili degli uffici giudiziari che rimangono attive come sezioni distaccate o presidi territoriali di legalità;

rilevato che:

l’art. 1, comma 2, lett. i) della legge delega stabilisce che con decreto del ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura sono determinate le piante organiche  dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il Tribunale e che tale previsione è riportata nell’art. 4 comma 3 dello schema di decreto legislativo. Ciò è rilevante  in quanto se da un lato  non  si dà per scontato che  gli Uffici accorpanti siano  la sommatoria di quelli accorpati, ma  si esige  che la revisione della geografia giudiziaria sia accompagnata  da una rimodulazione delle piante  organiche in ragione delle oggettive esigenze dimensionali e territoriali delle nuove arre organizzative, che debbono essere riferite quindi  non solo al rapporto  tra popolazione e  numero dei magistrati, ma alla qualità del contenzioso (pendenze, sopravvenienze, definizioni)  che tenga conto delle  specificità territoriali sociali ,economici  e della criminalità organizzata;

è necessario comunque che il decreto legislativo fissi un termine per l’adozione delle nuove piante organiche  che deve essere comunque precedente alla  sua efficacia   e che come segnalato dall’ANM dovrà riguardare anche  gli uffici di sorveglianza che a seguito della modifica delle circoscrizioni territoriali dei Tribunali potrebbero mutare le proprie competenze;

osservato che il termine di diciotto mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale , previsto dall’art. 10  dello schema di decreto legislativo  per stabilirne l’efficacia appare troppo rigido ed eccessivamente lungo, in quanto il termine congruo può essere di sei mesi,  eventualmente prorogabile con decreto, previo parere del CSM, per una sola volta e per un pari periodo;

rilevato che:

lo schema di decreto non procede in maniera adeguata all’attuazione de principio di delega  previsto dalla lettera b) del citato articolo 1, comma 2,  secondo cui la ridefinizione, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari deve essere effettuata secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto anche della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane;

non è stata affrontata adeguatamente la problematica relativa al decongestionamento delle aree metropolitane di Roma e Milano. Per quanto riguarda Roma, il Consiglio giudiziario segnala che “il mancato ampliamento del territorio del circondario del tribunale di Rieti contrasta con il criterio di omogeneità previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge n. 148 del 14 settembre 2011 e non soddisfa l’esigenza di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane. A tale riguardo si rileva come il tribunale di Rieti sarebbe in grado, per la situazione infrastrutturale di garantire il servizio giustizia anche ad altri ulteriori territori, andando ad alleviare la nota situazione di ingolfamento che caratterizza i limitrofi tribunali di Roma e soprattutto Tivoli”. In ordine all’area di Milano, è opportuno valutare la razionalità dell’accorpamento in un unico circondario, quale quello del tribunale di Pavia, degli uffici giudiziari dei tribunali di Vigevano e Voghera nonché della sezione distaccata di Abbiategrasso, con una estensione territoriale complessiva superiore a 3.000 Kmq. E’ importante inoltre considerare l’identità territoriale unica dei comuni del Magentino e dell’Abbiatense;

in riferimento al comma 3 dell'articolo 10 dello schema di decreto, che differisce di tre anni l'efficacia delle disposizione relative agli uffici giudiziaria de L'Aquila e di Chieti, osservato che:

occorre evidenziare che il grave terremoto che ha colpito l'Abruzzo il 6 aprile del 2009 ha determinato gravi danni anche alle strutture giudiziarie: gli uffici giudiziari siti in L'Aquila sono stati completamente distrutti, mentre gli uffici giudiziari di Chieti sono parzialmente inagibili, tanto che essi, unici uffici pubblici siti in un comune non ricompreso tra quelli del cratere sismico, in forza di OPCM n. 3916 del 10/1/2011, sono stati ammessi alla fruizione dei fondi stanziati per la ricostruzione post sisma;

la legge delega n. 148/2011 ha previsto all'art. 1 comma 5 bis (norma introdotta dall'art. 1 comma 3 della legge n. 14/2012) che "in virtù degli effetti prodotti dal sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali de L'Aquila e di Chieti, il termine di cui al comma 2 per l'esercizio della delega relativamente ai soli tribunali aventi sede nelle province de L'Aquila e di Chieti è differito di tre anni";

la predetta norma ha inteso rinviare ogni valutazione in ordine al riassetto della geografia giudiziaria in Abruzzo in quanto non è possibile effettuare oggi un giudizio di prognosi e di valutazione in ordine alla situazione delle infrastrutture, dell'economia, sociale e burocratica che si determinerà nella regione Abruzzo tra tre anni che, ferma restando la fissazione dei criteri di esercizio della delega come stabiliti nella bozza di decreto delegato, potrà essere effettuata con piena cognizione solo successivamente quando la situazione in Abruzzo dovrà essere comunque avviata a soluzione, con particolare riferimento alle  infrastrutture;

esprime

PARERE FAVOREVOLE 

a condizione che il provvedimento sia modificato secondo tutte le indicazioni riportate in premessa, anche con peculiare riferimento sia ai tribunali che alle sezioni distaccate.


MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...