In vista delle elezioni di maggio per il sindaco di Palermo, il Centro sinistra andrà ai gazebo il 4 marzo. Ma è come se si andasse ai materassi. Con una guerra tutta interna al Pd. A Bersani tanti hanno chiesto di dire una cosa di sinistra per la Sicilia e lui ha candidato Rita Borsellino come sindaco in pectore. Ma c’era un suggeritore, lo stesso Vendola che ha vinto a Genova. L’aveva indicata per primo, assecondato senza convinzione dal segretario del Pd siciliano, Giuseppe Lupo, pur cosciente che la scelta equivaleva a mollare il Terzo polo e il governo regionale di Raffaele Lombardo sostenuto da un altro pezzo del partito, quello di Giuseppe Lumia e Antonello Cracolici.
SCANDALO FINANZIAMENTI- Gli stessi che per Palermo si sono affrettati a contrapporre un secondo «esterno», un dipietrista allevato nella scuderia di Leoluca Orlando, il trentenne Fabrizio Ferrandelli. Adesso in gara come un altro trentenne con storia, invece, tutta interna al Pd, Davide Faraone, deputato regionale, deciso a correre contro i «vecchi» con la benedizione del gran capo dei rottamatori, proprio Matteo Renzi in arrivo sabato a Palermo dove ha già mandato il suo guru, Giorgio Gori, per mettere pepe alla campagna elettorale del dopo-Cammarata in una città soffocata da rifiuti e disoccupazione. Ed è proprio Faraone ad alzare i toni accusando Bersani: «E’ scandaloso e scorretto che il mio partito da Roma finanzi la campagna elettorale di Rita Borsellino». Bordata rimbalzata su una tiepida smentita di Antonio Misiani, il tesoriere Pd.
CANDIDATI MOLTIPLICATI- Se a Genova Bersani s’è lamentato di aver perso le primarie perché il Pd aveva due candidati, qui le cose si complicano. Quasi si raddoppia. Perché la Borsellino, pur europarlamentare in quota Pd, non perde occasione per dire che lei il suo gruppo ce l’ha, «Un’Altra storia». Ma proprio dalle animosità interne a quest’altra scuderia si smarca una delle grandi elettrici della Borsellino, Antonella Monastra, attivissima consigliere comunale, pronta anche lei a correre per le primarie del 4 marzo. Meno di tre settimane e si va quindi ai gazebo. Una sorta di epilogo alla OK Corral dopo il referendum invocato da Enzo Bianco, Bernardo Mattarella e Mirello Crisafulli contro i «filogovernativi» per fare cadere Lombardo. Mossa contrastata con la mozione di sfiducia contro Lupo, presentata da 188 big del partito guidati da Lumia e Cracolici. Ma proprio lunedì sera Lupo una soddisfazione se l’è presa in direzione provinciale a Palermo con l’approvazione di una relazione a suo favore. Una boccata d’ossigeno per potere lavorare fino al 4 marzo per la Borsellino e per la sua poltrona.
CENTRODESTRA AL PASSO- Un quadro confuso. Forse meno confuso di quello del Pdl. Ancora più spaccato e incerto su candidature che hanno bruciato nomi «eccellenti» come quelli dei rettori Roberto La Galla e Gianni Puglisi. Un partito sfilacciato, lontano dal famoso «61 a 0», adesso impegnato con Alfano e Schifani a tentare di convincere il presidente dell’Assemblea regionale Francesco Cascio a proporsi in prima persona. Anche perché un suo giovane fan, il trentenne presidente del Coni Massimo Costa è stato candidato dal Fli del finiano Fabio Granata e piace tanto a Lombardo quanto al ribelle neo autonomista Gianfranco Micciché.
ROMPICAPO MIGLIAVACCA- Al di là dei patimenti del Centrodestra, resta un rompicapo nel Pd la tortuosa partita siciliana affidata a Maurizio Migliavacca, il coordinatore della segreteria nazionale che da due anni media e rinvia, placa e redarguisce, va e viene dall’isola senza riuscire a mettere d’accordo le anime dilaniate da quello spaccapartiti che è diventato Lombardo fra ribaltoni e giravolte. Col risultato che Lumia e Cracolici s’aggrappano al fuoriuscito Idv, mentre Lupo con Sergio D’Antoni e altri big s’affidano alla Borsellino. Lasciando al giovane Faraone, all’ambasciatore di Matteo Renzi, la compiaciuta soddisfazione di presentarsi come «l’unico candidato iscritto al Pd, ma anche l’unico non sostenuto dalle due cordate, né da Bersani né dai suoi avversari siciliani». E visto che ad aiutarlo c’è Gori («Si occupa di tutto, dal volantinaggio alla regia degli eventi») eccolo coniare lo slogan di giornata pensando a Genova: «Sono io il Doria di Palermo, un Doria tesserato del Pd».
SFIDUCIA AL SEGRETARIO- Migliavacca storce il naso, come Bersani che assicura di non essere preoccupato: «Lo sono gli altri. Non noi». E sulla Borsellino: »Una figura molto significativa per battere la destra e dare un’amministrazione seria e pulita a Palermo». Ma entrambi speravano nel rinvio di referendum e sfiducia a dopo il voto. Smentiti dalla sopraggiunta conferma della convocazione del parlamentino Pd per l’11 marzo, una settimana dopo le primarie. I filogovernativi, implacabili, vanno alla conta contro Lupo, forti delle 188 firme già raccolte fra i 364 membri. Cinque in più di quanti ne bastano per far cadere il segretario. Che spera nei gazebo e nei materassi del 4 marzo.
Felice Cavallaro - Corriere della Sera -16 febbraio 2012
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