Pubblicato il 25 giugno 2013, nella seduta n. 50
Premesso che l'attività di esplorazione finalizzata alla scoperta di giacimenti petroliferi e di idrocarburi comporta per sua natura operazioni invasive dei fondali e degli ambienti marini. Il canale di Sicilia è uno dei mari a più alta biodiversità del Mediterraneo grazie a una serie di complessi processi oceanografici che influiscono sulla produttività delle sue acque;
il Mediterraneo è un mare piccolo e semichiuso, con originalissime caratteristiche e paradossalmente in questo straordinario patrimonio dell'intera umanità, che ha una dimensione inferiore all'1 per cento dei mari del mondo, già grava il transito del 25 per cento del traffico mondiale di idrocarburi, di cui solamente un terzo destinato ad approdi e quindi a consumi mediterranei; nel caso specifico la consapevolezza dei gravissimi pericoli connessi alle attività di estrazione offshore nel Mediterraneo, e non solo, induce a guardare con grande attenzione all'impatto del decreto del 27 dicembre 2012, emanato dal Governo Monti;
gli eventi sismici che hanno interessato il territorio nazionale negli ultimi anni attestano l'imprevedibilità dell'attività tellurica e vulcanica sotto la crosta terrestre, in mare e sulla terraferma, rimanendo sempre sospesa la minaccia che un terremoto in mare possa danneggiare le piattaforme utilizzate per le attività di ricerca e di estrazione con episodi di inquinamento difficili da controllare, che sortirebbero effetti deleteri sulle attività economiche realizzate in mare e sulle coste nazionali; da queste considerazioni deriva l'assoluta inopportunità a proseguire o ad autorizzare nuove trivellazioni nella zona. Ogni altra attività legata a prospettive di estrazione di idrocarburi in mare e a terra, ancorché meramente esplorativa, intaccherebbe infatti l'integrità dei siti, marini e terrestri, e l'immagine ad alto valore naturalistico che sempre più si va imponendo all'attenzione del turismo internazionale; è evidente l'urgenza per l'Italia di avviare, anche nelle sedi internazionali e comunitarie, idonee iniziative politiche, normative ed amministrative per definire più severe regolazioni, strumentazioni e capacità di intervento a fronte dei pesantissimi rischi connessi alle diverse attività di ricerca, coltivazione e trasporto via mare di idrocarburi, per l'amara consapevolezza che, nel nostro piccolo e già inquinato mare, un'eventuale incidente ne decreterebbe la morte definitiva con la conseguente crisi irreversibile delle principali economie mediterranee;
considerato che nel corso della XVI Legislatura, il 15 giugno 2011, la 13ª Commissione permanente del Senato, in sede di esame dell'affare assegnato relativo alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio «Affrontare la sfida della sicurezza delle attivitàoffshore nel settore degli idrocarburi» (COM (2010) 560 DEF), approvò una risoluzione con la quale si impegnava il Governo, tra l'altro, ad avviare tutte le procedure necessarie per la ratifica del protocollo per la protezione del Mediterraneo contro l'inquinamento derivante dall'esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, del fondale marino e del relativo sottosuolo ("protocollo offshore") e ad operare per far sì che l'attuazione del protocollo medesimo sia riconosciuta come priorità nell'attività della Convenzione di Barcellona per il biennio 2012-2013; ad attivarsi nelle diverse sedi internazionali, comunitarie e nazionali per la modifica del regime giuridico delle responsabilità per gli sversamenti inquinanti in mare prodotti da trasporti marittimi di idrocarburi ed altre sostanze inquinanti, mediante l'espressa corresponsabilizzazione delle società, delle imprese e dei soggetti destinatari di detti trasporti, al fine di espandere il novero dei responsabili tenuti a risarcire i danni anche ambientali, così da conseguire una maggiore attenzione anche da parte dei medesimi destinatari ai requisiti di modernità, di efficienza e di sicurezza delle navi da utilizzare per il trasporto via mare di sostanze inquinanti o pericolose,
impegna il Governo:
1) a rivedere la disciplina recata dall'articolo 35 del decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, che consente di recuperare le vecchie istanze di perforazione dei fondali marini;
2) a stabilire in maniera univoca che il parere degli enti locali sulle installazioni da assoggettare a VIA, sia acquisito e vagliato nell'ambito del procedimento VIA;
3) a rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le perforazioni in mare rilasciate a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 dicembre 2012, cha ha ampliato la zona marina "C";
4) a reperire le risorse necessarie a finanziare le attività di decommissioning delle piattaforme da avviare a dismissione ed a provvedere alla soddisfazione delle ricerche di risarcimento a cui sono tenute le compagnie petrolifere per i danni ambientali cagionati attraverso l'innalzamento delle royalty sulle attività estrattive e sulle concessioni di coltivazione in mare;
5) a prevedere che l'istruttoria onerosa per le perforazioni in mare sia effettuata mediante il contributo di istituti tecnici e specialistici di livello nazionale, quali l'INGV o il CNR, che devono essere ordinariamente coinvolti in questo tipo di valutazioni, con oneri a carico dei soggetti che inoltrano l'istanza;
6) a promuovere in sede euro mediterranea iniziative volte a definire una comune strategia con tutti gli altri Paesi del Mediterraneo per una severissima regolazione dello sfruttamento di giacimenti sottomarini di idrocarburi liquidi nell'intero bacino;
7) a promuovere con la massima tempestività una rapida ratifica di tutti gli accordi e convenzioni internazionali, cui il nostro Paese ha aderito, che in ogni modo mirino a prevenire o a minimizzare gli impatti prodotti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi che si svolgono lungo le coste unitamente a tutte le convenzioni concernenti la prevenzione o minimizzazione degli impatti prodotti dal trasporto di idrocarburi e sostanze pericolose via mare o comunque relative all'inquinamento marino;
8) a verificare la compatibilità di attività eventualmente in corso da parte di Stati mediterranei in acque internazionali o di competenza di quegli stessi Stati con gli accordi internazionali in essere e con le discipline regolative concernenti lo sfruttamento della piattaforma continentale e comunque se non ritenga di attivare una stretta interlocuzione con gli stessi Stati per sollecitare il fermo di iniziative che, data la particolare contiguità e vicinanza con la regione marina e con le coste italiane, potrebbero metterne a rischio l'integrità e in virtù di ciò predisporre l'elenco esatto delle autorizzazioni rilasciate ed ancor oggi in vigore e con riferimento alle acque territoriali italiane e, al di fuori di esse, alla piattaforma continentale ed altresì di ogni altro nulla osta rilasciato anche con riferimento ad iniziative di stessa natura ove lo Stato italiano sia partecipe.