mercoledì 30 novembre 2011

CHIAMATE IL 118. LA SOCIETA' SEUS HA UN INCARICO DI TRE ANNI PARI A 975 MILIONI DI EURO

Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute

La Seus, società regionale del 118 della regione Sicilia, è ritenuta dall'assessorato alla sanità siciliana una società in house, partecipata al 54 per cento dalla regione e che si trova attualmente a gestire un colossale esubero di lavoratori e ha acquistato un numero di ambulanze di gran lunga superiore a quello necessario alla gestione del servizio;
l'affidamento in house prevede che un committente pubblico, derogando al principio di trasparenza, possa provvedere da sé o anche attraverso società interamente partecipate con capitale pubblico;
la regione Sicilia ha affidato alla Seus la gestione del 118, senza espletare la gara ma affidandole direttamente il suddetto servizio di emergenza per tre anni e a un costo pari a 325 milioni di euro l'anno che grava sulle pubbliche finanze;
in data 6 ottobre 2011 l'autorità di vigilanza dei contratti ha smentito la regione Sicilia escludendo che la Seus potesse essere una società in house e ha imposto alla regione Sicilia di ritirare l'affidamento dell'esercizio alla Seus trasmettendo gli atti alla Corte dei conti. L'autorità ha infatti ritenuto essersi verificata una violazione dei princìpi disciplinanti i cosiddetti affidamenti in house providing e perciò stesso i princìpi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e pubblicità, nonché di economicità dettati dal decreto legislativo n. 163 del 2006, e del trattato CE -
se il Governo intenda provvedere alla nomina di un commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del deficit sanitario nella regione Sicilia dal momento che la mancanza di trasparenza nella gestione della sanità e dei contratti pubblici ha costretto l'autorità di vigilanza dei contratti ad intervenire con una censura così importante.  

MAFIA, 36 ARRESTI A PALERMO

Nel corso della notte agenti della Polizia di Stato, Carabinieri e uomini della Guardia di finanza hanno portato a termine tre distinte operazioni antimafia contro Cosa Nostra, con la esecuzione di provvedimenti restrittivi che hanno portato in carcere 36 esponenti delle famiglie mafiose incardinate nei mandamenti mafiosi di Brancaccio, S. Lorenzo, Resuttana e Boccadifalco - Passo di Rigano. Gli arrestati sono ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti ed altro. In particolare, l’operazione di Polizia nei confronti di 16 appartenenti alle famiglie del Mandamento di Brancaccio (operazione “Araba Fenice”), portata a termine dagli agenti della Sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo, è l’epilogo di elaborate indagini sviluppate attraverso la combinazione di una serrata attività tecnica di intercettazione di comunicazioni telefoniche ed ambientali, servizi tecnico–dinamici sul territorio ed analisi delle dichiarazioni rese da alcuni pentiti di mafia.

Dalla vasta operazione antimafia condotta in questi mesi, è emersa “la riferibilità degli attuali vertici operativi del mandamento mafioso ai fratelli Graviano”: una loro sorella è tra gli arrestati e secondo gli inquirenti rivestirebbe un ruolo di spicco all’interno del sodalizio. Sono stati inoltre individuati, in seno alla stessa consorteria criminale, coloro che materialmente si occupavano del racket del pizzo nei confronti di numerosi imprenditori e commercianti. Si è evidenziata una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di vertice del mandamento di Brancaccio - taluni dei quali risultati in contatto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese -, e quelli di altre famiglie mafiose della città, che si incontravano per definire problematiche criminali di comune interesse. In queste occasioni, come pure in altre circostanze nel corso delle investigazioni, sono stati registrati momenti di grave frizione tra le diverse anime di “Cosa Nostra” palermitana, risultata ancora priva di una sicura figura carismatica di riferimento, con il rischio della risoluzione dei dissidi con le armi.

L’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo e dei militari del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza (“Operazione Idra”) ha portato a un provvedimento di “fermo di indiziato di delitto” nei confronti di 16 persone accusate di “associazione mafiosa finalizzata alle estorsioni”. I destinatari sono vertici e affiliati a “Cosa Nostra” dei mandamenti mafiosi palermitani di “Tommaso Natale” e “Resuttana”. L’urgenza del provvedimento scaturisce dalla necessità di interrompere incisivamente una serie di attività estorsive nei confronti di negozianti e imprenditori e prevenire attentati incendiari e/o ritorsioni fisiche alle vittime. Il Nucleo speciale di Polizia valutaria, a seguito dell’operazione “Architetto” del 22 marzo 2010 (che ha portato all’arresto, tra gli altri, di Giuseppe Liga, erede designato dai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo), ha proseguito gli approfondimenti investigativi volti alla ricostruzione dei nuovi assetti criminali e all’aggressione dei patrimoni dell’organizzazione.

In particolare, si è accertato che nel vuoto di potere venutosi a creare dopo l’arresto di Liga, si è affermato Calogero Di Stefano quale reggente del mandamento mafioso di “Tommaso Natale” e nuovo punto di riferimento per il reperimento di risorse finanziarie tramite la raccolta del “pizzo” e la gestione del gioco clandestino. Di Stefano avrebbe proseguito nell’opera di riassetto della struttura organizzativa di “Cosa Nostra” già avviata dall’architetto Giuseppe Liga. In tale contesto si è affermata, a seguito della scarcerazione avvenuta nel mese di aprile 2010, l’indiscussa leadership di Giulio Caporrimo già fedelissimo di Salvatore Lo Piccolo. Questa operazione di riassetto è avvenuta mediante numerose riunioni di vertice, nelle quali Caporrimo si proponeva come elemento di sintesi tra i reggenti degli altri mandamenti mafiosi cittadini.

venerdì 25 novembre 2011

DISCORSO DELL'EURO PARLAMENTARE INGLESE NIGEL FARAGE




Eccoci qui, sull'orlo del disastro economico e sociale, e in questa stanza oggi abbiamo quattro uomini che dovrebbero essere responsabili. Eppure abbiamo ascoltato i discorsi più insipidi e tecnocratici di sempre: state tutti negando.
L'euro è un fallimento sotto tutti i punti di vista. Di chi è la colpa? Chi è che ha in mano il vostro destino? Ovviamente la risposta è: nessuno di voi. Perché nessuno di voi è stato eletto. Nessuno di voi ha avuto la legittimazione democratica necessaria per arrivare ai ruoli che state attualmente ricoprendo. E in questo vuoto è arrivata Angela Merkel.
Viviamo in un'Europa dominata dalla Germania, qualcosa che il progetto di Europa unita avrebbe dovuto effettivamente impedire. Qualcosa che chi venne prima di noi ha impedito, pagando con il suo sangue. Io non voglio vivere in un'Europa dominata dalla Germania e neanche i cittadini europei lo vogliono. Ma ragazzi, siete voi che lo avete permesso. Perché quando Papandreou decise di chiedere un referendum, lei signor Rehn parlò di 'violazione della fiducia', e i suoi amici si sono riuniti qui come un branco di iene, hanno circondato Papandreou, lo hanno cacciato via e rimpiazzato con un governo fantoccio. Che spettacolo disgustoso.
E non ancora soddisfatti, avete deciso che Berlusconi se ne doveva andare. Quindi fu cacciato e rimpiazzato con il signor Monti, ex commissario europeo, anch'esso architetto di questo euro-disastro. Un uomo che non era neanche membro del Parlamento. Sta diventando come un romanzo di Agatha Crhistie, dove cerchiamo di indovinare chi sarà il prossimo ad essere fatto fuori. La differenza è che sappiamo benissimo chi sono gli assassini: dovreste essere ritenuti responsabili per ciò che avete fatto. Dovreste essere tutti licenziati.
E devo dire, signor Van Rompuy, che 18 mesi fa, quando la incontrai per la prima volta, mi sbagliai sul suo conto. Dissi che avrebbe ucciso silenziosamente la democrazia degli stati-nazione, ma non è più così, lo sta facendo molto rumorosamente.
Lei, un uomo non eletto, è andato in Italia a dire: "non è il momento di votare, è il momento di agire". Cosa, in nome di Dio, le dà il diritto di dire al popolo italiano cosa fare?

DISCUSSIONE DEL TESTO UNIFICATO DEI PROGETTI DI LEGGE COSTITUZIONALE

Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi è il primo giorno d'attività d'Aula dopo il voto di fiducia di venerdì e ritengo non sia assolutamente casuale che iniziamo i nostri lavori con un provvedimento così importante, un provvedimento di natura economica e sappiamo tutti come la materia economica sia alla base di questa fase, nuova, straordinaria della politica italiana e quindi alla base della nascita del nuovo Governo.
Quindi, l'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, derivante da ben sette proposte di legge di iniziativa parlamentare e da un disegno di legge del precedente Governo, è sicuramente un'iniziativa ampiamente condivisa e che troverà in quest'Aula, ovviamente con le legittime osservazioni derivanti dalle reciproche posizioni politiche e dalle reciproche e talvolta diverse maniere di intendere la questione, sicuramente un esito positivo e concordato.
Devo subito fare una piccola notazione, non me ne voglia il Ministro per i rapporti con il Parlamento, ma, per il rispetto che io debbo a quest'Aula, professor Giarda, non è il Governo che su questa materia chiede al Parlamento collaborazione, così come lei ha detto, è esattamente l'inverso. Questa è tipicamente un'argomentazione politica, è un'argomentazione parlamentare, un'alta argomentazione politica e un'alta argomentazione parlamentare, che nasce e deriva da un'iniziativa parlamentare, appunto da sette proposte di legge. Oggi è il Parlamento che sta decidendo, sta discutendo e delibererà su questa materia, evidentemente avvalendosi, ovviamente, del consenso e della collaborazione del Governo. Non è soltanto una questione, come lei capisce, formale, ma, per quanto ci riguarda, è assolutamente una questione sostanziale.

Per la lettura del testo integrale:

http://webtv.camera.it/portal/portal/default/Assemblea?NumeroLegislatura=16&NumeroSeduta=553&IdIntervento=252338

sabato 19 novembre 2011

TERZO MEETING NAZIONALE LA DISCUSSIONE

Un nuovo orizzonte per l’Italia:
Solidarietà, Famiglia, Lavoro
Pompei 18-19-20 novembre 2011
 Ore 10,30 Tavola rotonda: “Il rinnovamento della politica, per un nuovo sentimento dei doveri. La Famiglia, primo luogo della solidarietà”.
ore 16,00. Saluto del Delegato Pontificio del Santuario della Beata Vergine di Pompei S.E.R. Mons. Carlo Liberati
ore 16,30 Tavola rotonda
“I vincoli dell'austerità e le esigenze dello sviluppo. Un nuovo rapporto fra impresa e lavoro”.
Partecipano: On. Rocco Buttiglione, On. Giuseppe Marinello, On. Giampiero Catone

mercoledì 16 novembre 2011

DOMANDE SULLE MODALITA' DELLA MORTE DI GHEDDAFI

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa
- Per sapere - premesso che:
il 26 ottobre 2011 il vice ambasciatore di Libia all'Onu, Ibrahim Dabbashi, davanti al Consiglio di sicurezza, ha garantito che «Nessun rivoluzionario ha sparato contro Gheddafi dopo il suo arresto», e che Muammar Gheddafi «non è stato giustiziato dai ribelli ma è stato ferito in un conflitto a fuoco tra lealisti e rivoluzionari»;
il 27 ottobre 2011 il Ministro della difesa Ignazio La Russa, intervenendo al Senato sulla missione militare in Libia, ha ricordato che «la morte di Gheddafi non rientrava negli obiettivi militari della Nato», sottolineando l'esigenza di «porre domande sulle modalità della morte di Gheddafi e di ottenere risposte»;
 il 9 novembre 2011 Mahmoud Jibril, capo del Governo provvisorio libico ha dichiarato, in una intervista alla Cnn, di cui parla il quotidiano algerino Libertè, che Muammar Gheddafi è stato assassinato per ordini che venivano «da una parte straniera» e che «quest'uomo aveva delle relazioni con molti Paesi e molti capi» di Stato, aggiungendo che non gli ha fatto piacere l'assassinio di Gheddafi, perché, se catturato, molti dei suoi segreti avrebbero potuto essere divulgati;
 Mahmoud Jibril ha aggiunto che, pur non avendo alcuna prova dell'assassinio, se gli insorti avessero voluto uccidere Gheddafi l'avrebbero fatto subito ed «Il fatto che sia stato catturato, guardato a vista per un momento, e poi sia stato assassinato è la prova che i ribelli hanno ricevuto l'ordine di ucciderlo»;
la famiglia di Muammar Gheddafi intende denunciare la Nato ed i singoli capi di governo che ne fanno parte, per crimini di guerra al tribunale penale internazionale dell'Aja;
il vice presidente del Consiglio nazionale di transizione (CNT) libico, Abdel Hafiz Ghoga, ha annunciato che i responsabili dell'uccisione di Muammar Gheddafi saranno «giudicati» e avranno un «processo equo» e che un'indagine è «già stata avviata», ricordando che il CNT ha diffuso un «codice etico sui prigionieri di guerra», pur ammettendo che ci sono state violazioni, ma che si è trattato di «atti individuali» e non di rivoluzionari;
 la morte del Colonnello libico ha suscitato forti condanne internazionali ed in particolare dalla Russia, le cui alte fonti diplomatiche affermano che gli ultimi sviluppi saranno «senza dubbio» al centro dei colloqui tra il presidente russo Dmitri Medvedev e il presidente Usa Barack Obama a Honolulu, a margine del Vertice Apec dell'11 e 12 novembre 2011
Se, alla luce di quanto sopra, il Governo non ritenga di dover intervenire in sede internazionale, ed in particolar modo presso il tribunale penale internazionale dell'Aja, affinché il processo contro i responsabili dell'uccisione del Colonnello Gheddafi e della sua scorta, non si trasformi né in una vendetta della famiglia contro la Nato né possa dare adito a sospetti nel volerlo trattare come una semplice questione di ordine interno al Governo libico di transizione.

martedì 15 novembre 2011

LETTERA APERTA AGLI AMICI DEL POPOLO DELLA LIBERTA'

Cari amici,
Quanto accaduto nelle ultime settimane deve ancora essere metabolizzato dalla maggioranza degli italiani; quella maggioranza silenziosa che ha sempre precorso la propria classe dirigente e che nei momenti di difficoltà o di pericolo ha sempre saputo reagire con saggezza.
Non posso prescindere dal ribadire che qualsiasi cosa sia accaduta in questi anni siano da ascrivere in favore di Silvio Berlusconi dei meriti che lo pongono tra i Grandi della storia del nostro Paese.
Così come si deve a De Gasperi la grande vittoria elettorale del 18 aprile 1948 che impedì l’avvento del comunismo in Italia in anni in cui intere regioni d’Italia erano ancora terrorizzate dalle vendette e dalle esecuzioni compiute dai partigiani rossi i quali, peraltro, non avevano riconsegnato interamente le armi ed erano pronti ad un intervento armato sponsorizzato dai comunisti sovietici, gli stessi che hanno a lungo contribuito economicamente a sostenere in Italia attraverso finanziamenti illegali il PCI in netta opposizione alle alleanze e agli interessi del nostro Paese.
Berlusconi con la vittoria elettorale del 1994 ha impedito una deriva massimalista ed estremista in salsa progressista.
Approfondiremo in seguito considerazioni su questi temi, quel che è certo è che le manovre di Palazzo degli ultimi mesi, iniziate con lo squallido tradimento di Gianfranco Fini, (dal quale aspettiamo ancora le dimissioni da Presidente della Camera), supportate da aggressive manovre speculative di gruppi finanziari d’oltreoceano tese ad indebolire anche attraverso l’Italia il sistema dell’euro e quindi L’Europa, sposati a gruppi di interesse altrettanto rapaci che vogliono accaparrarsi aziende strategiche italiane come Eni e Finmeccanica, hanno sì determinato le condizioni per le dimissioni di Berlusconi ma non hanno fatto i conti con la genialità e lo spirito indomabile del nostro Presidente che peraltro interpreta il comune sentire dei moderati d’Italia. Né ci preoccupano i comportamenti dei piccoli ed ingrati uomini e donne che, dopo aver mendicato e ricevuto ruoli, prebende e favori inimmaginabili rispetto alla loro effettiva capacità ed ai loro “meriti”, oggi presentano giustifazioni deboli e puerili al loro tradimento.
Oggi il segretario del Pdl Angelino Alfano, i parlamentari, la classe dirigente sanno già cosa fare e come comportarsi nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e come itraprendere il percorso che porterà con successo a nuovi traguardi elettorali. Non si illudano i nostri avversari, non ci sarà nessun 8 settembre, nessun Piazzale Loreto, nessuna rappresaglia da triangolo rosso, abbiamo dignità, coraggio e forza per affrontare tutto questo e trasformare questo momento di apparente difficoltà in punto di partenza per nuove positive stagioni.
On. Giuseppe Marinello

lunedì 14 novembre 2011

INTERVENTO SUL RENDICONTO GENERALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLO STATO

Discussione del disegno di legge: S. 2967 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010  -7 novembre 2011
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea è nuovamente chiamata in data odierna ad esaminare il disegno di legge recante Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2010, in conseguenza delle note vicende parlamentari che comunque nel prosieguo del mio intervento evidentemente sarò anche costretto brevemente a richiamare.
Si tratta di un passaggio doveroso in ragione della particolare natura del disegno di legge che approva il Rendiconto generale dello Stato. In proposito, occorre infatti considerare che l'articolo 81 della Costituzione prevede che le Camere approvino ogni anno il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'approvazione del disegno di legge di rendiconto, la cui iniziativa è riservata come per il bilancio al Governo, ha solo formalmente natura legislativa, mentre nella sostanza assume una valenza politica.
La stessa formulazione nell'articolo 81 della Costituzione chiarisce che l'approvazione del Rendiconto è costituzionalmente doverosa.
Alla luce di queste premesse, l'articolo 35 della legge di contabilità e finanza pubblica, la legge n. 196 del 2009, ai sensi del quale «il Ministro dell'economia e delle finanze presenta alle Camere, entro il mese di giugno, il Rendiconto generale dell'esercizio scaduto il 31 dicembre dell'anno precedente, articolato per missioni e programmi», costituisce puntuale attuazione del precetto costituzionale.
Come tutti sappiamo, la Camera dei deputati, nella seduta dell'11 ottobre 2011, ha respinto l'articolo 1 del disegno di legge di Rendiconto per l'anno 2010 presentato dal Governo, che recitava: «Il rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato e i rendiconti delle amministrazioni delle aziende autonome per l'esercizio 2010 sono approvati nelle risultanze di cui ai seguenti articoli». Nella seduta dell'Assemblea del 12 ottobre 2011, il Presidente ha dato conto della conclusione a cui è pervenuta la Giunta per il Regolamento, convocata in merito alle conseguenze procedurali della votazione del giorno precedente, con la quale era stato respinto l'articolo 1 del disegno di legge di approvazione del Rendiconto generale dello Stato.
In particolare, la Giunta, a maggioranza, ha ritenuto di non potersi procedere oltre nell'iter del disegno di legge di Rendiconto in quanto, a seguito della mancata approvazione dell'articolo 1, il provvedimento doveva considerarsi respinto. Ciò ha comportato, altresì, la sospensione dell'iter del disegno di legge di assestamento che, a norma dell'articolo 119, comma 8, del Regolamento, è esaminato con il disegno di legge di approvazione del Rendiconto. Tale conseguenza è stata fatta discendere dalla natura stessa dei due provvedimenti, in quanto la Giunta, a maggioranza, ha ritenuto che il Rendiconto costituisca un presupposto logico e giuridico-contabile del disegno di legge di assestamento.
In seguito alla conclusione cui è pervenuta la Giunta per il Regolamento, secondo la quale il carattere sostanzialmente inemendabile del Rendiconto, pacificamente riconosciuto in dottrina e nella prassi parlamentare, non avrebbe consentito al Governo la presentazione di emendamenti, se non di quelli volti ad apportare modifiche di carattere meramente formale o tecnico, il Governo, nella riunione del Consiglio dei Ministri del 14 ottobre, ha deciso unanimemente di ripresentare al Parlamento il disegno di legge recante il Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio 2010. Si tratta di una decisione che era stata anticipata dal Presidente Berlusconi in occasione delle dichiarazioni rese alla Camera dei deputati nella giornata del 13 ottobre 2011, sulle quali gli è stata ribadita la fiducia a maggioranza assoluta dei componenti di questa Camera.
A fronte dell'incidente parlamentare derivante dalla mancata approvazione dell'articolo 1 del Rendiconto, giustamente il Presidente del Consiglio ha ritenuto necessario sanare la situazione con un voto di fiducia politico. È evidente che, alla luce dell'articolo 94, secondo e terzo comma, della Costituzione, la mancata approvazione del Rendiconto non è equiparabile ad un voto di sfiducia. Si tratta, tuttavia, di un voto che ha valore sostanzialmente politico e, quindi, è stato opportuno confermare la fiducia del Parlamento con un voto che riparasse la situazione anomala che si era venuta a creare.
Il 14 ottobre scorso la Corte dei conti, a sezioni riunite, ha esaminato il nuovo disegno di legge del Rendiconto, approvato dal Consiglio dei Ministri, e ha dichiarato che le risultanze in esso contenute sono corrispondenti a quelle già parificate il 28 giugno 2011. Il disegno di legge all'esame dell'Assemblea non presenta, quindi, differenze sostanziali rispetto a quello precedentemente esaminato.
Sul piano formale segnalo, invece, che il disegno di legge si compone di un solo articolo, mentre il contenuto degli ulteriori articoli recati dal precedente disegno di legge è stato trasformato in allegati al disegno di legge. A mio avviso, si tratta di un'articolazione del provvedimento maggiormente conforme alla natura giuridica del Rendiconto e conferma il valore eminentemente politico del suo esame parlamentare. La mancata innovatività del disegno di legge in esame, rispetto a quello inizialmente presentato dal Governo, si è riflettuta, peraltro, anche sul dibattito svoltosi sia al Senato sia alla Camera, nel quale la gran parte degli interventi si è incentrata su temi attinenti alla procedura di esame del provvedimento. Sul punto non posso che ribadire l'assoluta correttezza del percorso procedurale seguito dal Governo, dal momento che, da un lato, sarebbe stato impossibile presentare un disegno di legge di contenuto diverso da quello inizialmente presentato e, dall'altro, non sarebbe stato immaginabile che la mancata approvazione dell'articolo 1 determinasse una situazione di impasse insuperabile.
Auspico, pertanto, anche alla luce delle recenti vicende internazionali e della pressione cui il Paese è esposto sui mercati, che la Camera possa approvare celermente il Rendiconto, al fine di superare definitivamente quanto è accaduto lo scorso 11 ottobre, e di concludere rapidamente anche l'esame del disegno di legge di assestamento, evitando, quindi, ulteriori speculazioni a danno del nostro Paese.

sabato 12 novembre 2011

TOGLIERE LE SPESE PER GLI AMICI ANIMALI DAL REDDITROMETRO

Al Ministro dell'economia e delle finanze
Nell'ambito del nuovo redditometro, presentato il 25 ottobre 2011 dall'Agenzia delle entrate, vengono prese in considerazione oltre 100 voci, rappresentative di tutti gli aspetti della vita quotidiana e indicative di capacità di spesa, che contribuiscono congiuntamente alla stima del reddito; tra le voci classificate «altre spese significative» sono ricomprese le spese veterinarie; 
sostanzialmente le spese per la cura degli animali di affezione entrano a far parte dei parametri di misurazione della ricchezza del contribuente ai fini della congruità tra quanto dichiarato e quanto accertato dagli uffici fiscali; 
unanime ed immediata è stata la protesta dell'Ordine dei veterinari e di tutto il mondo animalista; prese di posizione fortemente critiche sono state espresse anche da esponenti del Governo (Frattini, Brambilla, Martini); 
in sintesi si è correttamente contestato che la capacità senziente degli animali sia stata interpretata dallo Stato italiano come capacità tributaria; inoltre deve considerarsi del tutto improprio equiparare gli animali di affezione, che sono per i loro possessori membri di famiglia, ai beni di lusso; per moltissimi anziani un cane o un gatto costituiscono l'unico sollievo alla solitudine e la medicina presta sempre più attenzione al valore terapeutico della compagnia di un animale (pet therapy); infine deve ritenersi corretta anche l'obiezione che la norma avrà come effetto collaterale l'aumento degli abbandoni e del randagismo e la disincentivazione delle adozioni presso i canili; 
giova ricordare che nel nostro Paese sono iscritti alle anagrafi territoriali 4,6 milioni di animali solo tra cani e gatti e che oltre il 65 per cento delle famiglie italiane ha almeno un animale domestico; l'Ente nazionale protezioni animali (ENPA) valuta che nelle case degli italiani vivano circa 60 milioni tra cani, gatti, conigli, pesci rossi e uccellini; 
su di essi già grava il più pesante regime fiscale europeo: l'aliquota iva più alta per le spese veterinarie (dal 20 al 21 per cento; l'aliquota iva più alta sugli alimenti (dal 20 al 21 per cento); la recente riduzione delle detrazioni fiscali delle cure veterinarie; le imposte sugli obblighi amministrativi (anagrafe e passaporto); le imposte sulle vaccinazioni essenziali e obbligatorie; le imposte sulla prevenzione delle malattie trasmissibili all'uomo (esempio leishmaniosi); le imposte sulla sterilizzazione per contrastare il randagismo -: 

Se non ritenga opportuno adottare con la massima urgenza ogni iniziativa di competenza volta ad escludere le spese veterinarie da quelle che, secondo il cosiddetto redditometro, sono indicative della capacità di spesa.

giovedì 10 novembre 2011

MARCEGAGLIA SI OCCUPI DEI SUOI ASSOCIATI

''Non siamo sull'orlo del baratro, e degli allarmismi se ne giovano la finanza e gli speculatori.

Lo sa, o dovrebbe saperlo bene, anche il presidente di Confindustria. Forse in questi mesi la signora Marcegaglia avrebbe fatto bene a occuparsi dei problemi dei suoi associati dal momento che i grandi gruppi industriali l'hanno mollata non sentendosi rappresentati; e questo senza che Confindustria abbia dato un solo contributo di idee alla politica''. 

Lo dichiara in una nota Giuseppe Marinello (Pdl), vicepresidente Commissione bilancio della Camera dei deputati.

martedì 8 novembre 2011

IRISBUS: MARINELLO (PDL), INTERESSE AMSIA MOTORS E' SEGNALE IMPORTANTE - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica

IRISBUS: MARINELLO (PDL), INTERESSE AMSIA MOTORS E' SEGNALE IMPORTANTE - AgenParl - Agenzia Parlamentare per l'informazione politica ed economica
Roma, 07 nov - Il deputato Pdl Giuseppe Marinello ha dichiarato: “L’interesse che dimostra il gruppo Amsia Motors, confermato dal presidente e amministratore delegato Mostafa Zeauddin Ahmad, a rilevare dalla Fiat lo stabilimento Irsbus di Valle Ufita (Avellino), e quindi a investire ingenti risorse nel nostro Paese in un momento di stagnazione economica, è una novità importante per l’Italia. Nell'incontro che ho avuto con l’AD del gruppo Amsia, a cui era presente anche l'on. Pagano, ho colto la sua grande fiducia nel sistema Italia, un atteggiamento in contro tendenza alle cassandre che in queste settimane prospettano tragici scenari. Una multinazionale che vuole investire ingenti risorse in tecnologia, ricerca e risorse umane, rilevando aziende in dissesto, garantendo livelli occupazionali e dichiarandosi disponibile a interventi in altre regioni italiane, contribuisce a dare fiducia anche alla politica. In ultimo, nel caso specifico dell’Irsbus, se la proposta di Amsia andrà a buon fine, si eviterebbe per centinaia di lavoratori l’incerto tunnel della cassa integrazione a carico dello stato”.

lunedì 7 novembre 2011

SEMPLIFICARE LE PROCEDURE DI RATEIZZAZIONI DEI DEBITI TRIBUTARI

La proposta di legge in oggetto risponde alla ratio di introdurre ulteriori misure di efficienza nella definizione della pretesa tributaria che vanno a integrare quelle già previste dai commi da 17 a 20 dell’articolo 23 del recente decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2011.
Mediante le suddette norme il legislatore ha inserito alcune modifiche agli istituti deflativi del contenzioso eliminando, in particolare, l’obbligo per il contribuente di prestazione di garanzia, nella forma di polizza fideiussoria o di fideiussione bancaria, ovvero di garanzia rilasciata da un consorzio di garanzia collettiva dei fidi (Confidi), per il periodo di rateazione aumentato di un anno, per fruire della rateizzazione del pagamento dei debiti tributari derivanti da accertamento con adesione o da conciliazione giudiziaria, qualora l’importo delle rate successive alla prima sia superiore a 50.000 euro. Le disposizioni contenute nella presente iniziativa legislativa sono finalizzate
a estendere tale misura per consentire un ulteriore miglioramento della sostenibilità della pretesa tributaria, permettendo di aumentare l’effettiva capacità del contribuente, alleggerito di onerosi gravami procedurali, di far fronte all’esborso richiesto in un momento di grave crisi finanziaria come quella in atto. In particolare, la norma di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 1 della proposta di legge mira a eliminare gli obblighi di garanzia fideiussoria e di ipoteca volontaria alla riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e alla riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli formali di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo, prevista nell’ipotesi in cui l’importo delle rate successive alla prima sia superiore a 50.000 euro.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
(Modifiche all’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).
1. Per rendere più efficienti gli istituti di definizione della pretesa tributaria, all’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole da: «Se l’importo complessivo» a: «prestazione
della garanzia» sono soppresse;
b) il comma 4 è sostituito dal seguente:
4. In caso di mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla
prima entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute e della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni, aumentata di quindici punti percentuali, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo;
c) il comma 7 è abrogato.
ART. 2.
(Sanzioni).
1. All’articolo 8, comma 3-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e
successive modificazioni, le parole: «applicata in misura doppia» sono sostituite
dalle seguenti: «aumentata di quindici punti percentuali».
ART. 3.
(Entrata in vigore).
1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.

DISPOSIZIONI PEREQUATIVE PER IL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA

Disposizioni perequative in materia di inquadramento del personale dei ruoli direttivi, degli ispettori e dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria

ART. 1.
(Disposizioni perequative per il personale dei ruoli direttivi del Corpo di polizia penitenziaria).
1. I ruoli direttivi del Corpo di polizia penitenziaria sono equiparati, nelle qualifiche e nel trattamento economico-giuridico, ai corrispondenti ruoli direttivi della Polizia di Stato di cui al decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334.
2. Il personale appartenente ai ruoli direttivi del Corpo di polizia penitenziaria,
in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, è inquadrato, secondo l’ordine di ruolo anche in soprannumero riassorbibile, nella qualifica di commissario capo penitenziario con decorrenza dal 1 gennaio 2009. L’anzianità posseduta nel ruolo è utile per la maturazione del periodo minimo ai fini della promozione alla qualifica superiore.
3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede, a carico
degli stanziamenti previsti per la legge 28 luglio 1999, n. 266, e per il decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146.
ART. 2.
(Disposizioni in favore degli ispettori e dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria).
Il beneficio della riduzione di due anni della permanenza minima nella qualifica di ispettore, ai fini dell’ammissione allo scrutinio di promozione alla qualifica di ispettore capo, previsto dall’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 200, e successive modificazioni, si applica anche al personale individuato ai sensi dell’articolo 10 del medesimo decreto legislativo.
All’articolo 17 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 76, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
2-bis. Per i vincitori dei concorsi interni per l’accesso al corso di aggiornamento e formazione professionale per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo dei sovrintendenti del Corpo di polizia penitenziaria, di cui ai decreti del direttore generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria
del Ministero della giustizia 18 gennaio 2000 e 19 gennaio 2000, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale – 4rta serie speciale – Concorsi ed esami – n. 12 dell’11 febbraio 2000, la decorrenza giuridica della nomina è anticipata senza alcun effetto economico, anche ai fini della promozione alle qualifiche di sovrintendente e di sovrintendente capo, al 31 dicembre 2000.

MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...